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Esclusiva

Aprile 5 2022
Cittadino egiziano, studente europeo «Patrick può essere un ponte»

Rita Monticelli, professoressa dell’Università di Bologna, parla di Zaki nel giorno della quinta udienza del processo a suo carico

«Sento molto spesso Patrick. Io credo che sia una persona molto consapevole. Della sua innocenza e del suo impegno per i diritti. Per questo ha questa fermezza rispetto alla sua posizione esistenziale e politica». Rita Monticelli, coordinatrice del Master GEMMA dell’Università di Bologna a cui è iscritto Patrick Zaki risponde volentieri alle domande sul suo studente perché, dice, «l’impegno comune per Patrick è molto importante».

Il giovane egiziano si trova a fronteggiare l’accusa di aver diffuso notizie false ai danni dell’Egitto, un’imputazione molto grave che potrebbe costargli cinque ulteriori anni nelle carceri egiziane. Zaki ha già trascorso in stato di detenzione 22 mesi che si sono conclusi lo scorso 8 dicembre quando è stato rilasciato. Lo studente dell’Università Bologna rimane, però, in attesa del giudizio, dopo che anche l’udienza di oggi, 5 aprile, si è risolta in un ulteriore rinvio. Il processo, come lui stesso ha scritto sui suoi profili social, è stato riprogrammato per il 21 giugno.

Nel suo status di studente e nel suo ruolo di difensore dei diritti umani si trovano, secondo Monticelli, le origini della sua vicenda che non vanno dimenticate, e il significato che essa può assumere. «C’è una frase che Patrick ha ripetuto molte volte quando era in carcere e che mi ha sempre colpito. “Fate sapere che sono qui perché sono un difensore dei diritti umani, non per qualsiasi altra ragione inventata”». Nell’attivismo, quindi, si risolve la sua forte identità pubblica. Lo dimostra il fatto che, una volta rilasciato, Patrick ha più volte preso posizione tramite interviste e attraverso il suo profilo Twitter – che non a caso è stato oggetto di un attacco hacker proprio nel giorno della quinta udienza – non solo in relazione alla sua storia e alla sua causa.

«Patrick continua a tenere la sua posizione a favore dei diritti umani. Lo sta facendo in maniera molto misurata, senza violenza, pacificamente. Questo credo che sia molto importante, far vedere che il suo impegno non è di tipo aggressivo. Forte, profondo, ma mai aggressivo».

Insieme al suo rinnovato impegno sul fronte dei diritti, durante quest’ultimo periodo in cui è potuto tornare a casa dalla famiglia, Zaki ha anche ripreso le sue ricerche. «Lo sento molto preoccupato per i suoi studi, teme di non riuscire a finirli. Per il momento sta seguendo i corsi online, ma non è la stessa cosa rispetto ad essere qui. Deve fare ricerca nelle biblioteche, consultare archivi, quindi è importantissima la sua presenza. Per molte ragioni, anche umane, per la sua libertà e il suo diritto allo studio».

Proprio sotto l’aspetto accademico Zaki può assumere un ruolo che non è solo quello di un simbolo, ma anche di «ponte». Patrick è un cittadino egiziano ma la sua identità non si esaurisce in questo. È anche studente dell’Università della città di Bologna, di un ateneo italiano ed europeo. L’universo accademico e cittadino bolognese lo hanno riconosciuto e rivendicato fin dal primo momento della sua reclusione come parte di una comunità che non lo ha ad oggi mai abbandonato. Questa appartenenza ha ricevuto corrispondenza anche fuori dalla città emiliana e ha portato la reclusione di Zaki all’attenzione delle associazioni e della politica nazionale.

«Patrick e la sua famiglia dicono che se non fosse stato uno studente dell’Università di Bologna non si sarebbe sentito parlare di lui così tanto». Questa attenzione è, deve essere, una speranza per lui e per quelli che si trovano a vivere una situazione simile.

Ma l’appartenenza accademica apre anche un fronte di riflessione ulteriore, che riguarda la sicurezza degli intellettuali che devono essere liberi di agire nella sfera internazionale senza temere ritorsioni da parte della politica. «Essere uno studente nel mondo dovrebbe significare trovarsi in un contesto internazionale protetto, all’interno del quale le persone possano essere sé stesse, imparare, confrontarsi con diverse culture sentendosi libere e protette nell’espressione di sé. La libertà accademica non si esaurisce in quella di ricerca ma presuppone anche la possibilità degli studenti e dei docenti di esprimere liberamente il proprio pensiero».

La sicurezza, che questa libertà presuppone, è spesso trascurata ma fondamentale perché, dice Monticelli citando l’autore Edward Said, «il dovere dell’intellettuale è quello di dire la verità al potere, qualsiasi esso sia».

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