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Esclusiva

Giugno 22 2022
Macron «Presidente dimezzato»

Le elezioni legislative in Francia vedono un esito negativo per Macron e l’exploit di Le Pen

«Macron non aveva capito che ad aprile ha vinto ma non ha convinto»: così commenta Marc Lazar, storico e sociologo della politica francese, la sconfitta alle elezioni per la costituzione dell’Assemblea Nazionale di Emmanuel Macron, il Presidente francese riconfermato all’Eliseo due mesi fa. Chiamati ad esprimere il proprio voto nei due turni del 12 e del 19 giugno, più della metà dei francesi ha deciso di non presentarsi, contribuendo a un dato sull’affluenza ai minimi storici (47,51%).

Le elezioni in Francia e la sconfitta di Macron

Il Parlamento francese vede i suoi equilibri sconvolti insieme ad un Presidente fortemente indebolito sia internamente che davanti alla comunità internazionale. Determinante è stata la decisione di Macron di rifiutare le dimissioni (di prassi in questi casi) del Primo Ministro Élisabeth Borne. Nonostante la necessità di un ministro “politico” in vista di un parlamento che sarà molto duro in termini di opposizione, una nuova nomina avrebbe significato uno spostamento a destra del macronismo, e quindi la fine del tentativo di mettere pace tra sinistra e destra moderata. «Confermando la ministra Borne, Macron ha dunque scelto la continuità».

Con 577 seggi a disposizione, la soglia dei 289 per ottenere la maggioranza assoluta è lontana per Ensemble, l’alleanza presidenziale che ha conquistato 245 seggi rispetto ai 350 del 2017. Secondo Marc Lazar «il presidente più odiato della quinta repubblica», senza tenere in considerazione l’importanza del rigetto personale nei suoi confronti, non ha dato buona rappresentazione della sua vittoria. «Esiste innanzitutto una responsabilità politica e istituzionale. Dopo cinque anni di governo in cui ha intrapreso politiche sia a destra che a sinistra, quello che ha fatto non piace a tutti»: Gael Branchereau, capo della redazione italiana di France Press, riconosce una buona parte delle responsabilità proprio nella campagna elettorale di Macron, iniziata troppo tardi rispetto alla vittoria alle presidenziali, dopo cui avrebbe adottato «un profilo basso» convinto di ottenere la maggioranza assoluta grazie al disinteresse del popolo francese per le elezioni di giugno. Impiegando troppo tempo per nominare il primo ministro e formare un governo, il suo programma dopo la rielezione era «confuso e incerto», con la promessa tradita sulla riforma delle pensioni.

«Sul piano sociale, i cinque anni di Macron sono stati difficili» e l’impennata sui dati della povertà in Francia ha permesso al Rassemblement National di Marine Le Pen di portare a casa una vittoria storica, passando da otto deputati della legislatura passata agli attuali 89. Il silenzio di Macron, che non ha chiamato i cittadini a fare barrage contro l’estrema destra, ha contribuito a rendere quello di Le Pen «un partito senza stigma che si presenta alle elezioni come tutti gli altri». Per capire questo fenomeno di crescita è necessario guardare da dove proviene il consenso: a votare per lei sono stati per la maggior parte impiegati, operai e disoccupati che registrano stipendi medio-bassi, divenendo espressione dell’ampiezza della crisi economica in Francia. «Quattro anni dopo i gilets jaunes, la mappa dell’elettorato di Le Pen è uguale a quella delle più grandi proteste francesi. Si tratta di coloro che non scendevano nelle piazze ma ancora oggi si trovano in empatia con i gilets jaunes».

La prima forza all’opposizione è Nupes, la larga coalizione di sinistra «che va dal socialismo al comunismo» capitanata da Jean-Luc Mélenchon. Con 131 seggi conquistati, la progressione in termini di voto è marginale, passando dal 26 al 30 per cento, «a dimostrazione che in Francia la sinistra è minoritaria». A giocare un ruolo fondamentale per la Nuova unione popolare ecologista e sociale sono stati però i giovani tra i 18 e i 34 anni «anche se non hanno votato in molti, al 70% la preferenza espressa è stata per Nupes».

In Francia si parla di «paralisi». Senza opportunità di alleanze a destra né a sinistra, anche la possibilità di un’alleanza su progetto è remota «così Macron non avrà altra opzione che richiamare a nuove elezioni tra qualche mese».

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