Thor è il primo supereroe dell’universo cinematografico Marvel ad arrivare sul grande schermo con un quarto film da solista. Thor: Love and Thunder riprende da Endgame ed è comprensibile senza aver visto altre serie o film usciti dall’ultimo Avengers. Questo, unito ai numerosi riepiloghi sulla precedente trilogia di Thor, permette la visione anche a chi non non ha seguito altri progetti dell’MCU (Marvel Cinematic Universe). Per capire le ultime pellicole era necessario essere in pari con le uscite Marvel, ma per questa basta conoscere la saga di Thor. Come conseguenza, spettatori occasionali potrebbero essere invogliati ad andare al cinema e affiancare i fan accanati che vedrebbero qualsiasi prodotto Marvel. Lo spettatore occasionale potrebbe apprezzare di più degli appassionati in attesa di collegamenti (pochi in questo film) con il passato e il futuro dell’universo Marvel.
Torna alla regia Taika Waititi, che aveva diretto l’ultimo capitolo del Dio del Tuono, Thor: Ragnarok. Dopo i toni scuri e tristi di Thor: The Dark World, la versione di Waititi è stata colorata e divertente. Il regista rimane fedele allo stesso stile, complice la presenza dei Guardiani della Galassia, le cui pellicole sono sempre molto spiritose. Se la prima volta era una rivoluzione nella saga di Thor, la seconda sembra un voler accontentare i fan. Vengono riproposte le stesse scene che erano piaciute (come gli attori che interpretano Thor e Loki e raccontano lo scorso film), perfino la fotografia dell’inizio dello scontro finale è la stessa, ma forse si sottovaluta che erano tanto piaciute proprio perché si trattava di una novità.
La narrazione è scanzonata e leggera, con battute e siparietti che sembrano diventare quasi eccessivi, ma la storia parla di morte. È la morte della figlia a spingere Gorr a voler uccidere tutti gli dei ed è perché sta perdendo la battaglia contro il cancro al quarto stadio che Jane Foster decide di sollevare il martello di Thor e vestire i panni del supereroe. Se la morte è la premessa che mette in moto la vicenda, lo spettatore arriverà a scoprire che l’amore è la conclusione. L’amore, presente anche nel titolo, non è estraneo ai precedenti progetti Marvel («Ti amo 3000» in Avengers: Endgame, «Ma cos’è il dolore, se non amore perseverante?» in WandaVision, «Ti amo in ogni universo» in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, per citarne alcuni dei più recenti), ma in questo diventa ancora più centrale perché è quello che Thor ha perso e che sta cercando di recuperar e potrebbe bastare per evitare lo sterminio degli dei.
La storia è in parte basata sul fumetto La potente Thor, nome che Jane Foster assume anche in questa versione e verrà detto in maniera esplicita, in una scena rivolta a tutti i lettori e spettatori che l’hanno chiamata Lady Thor o Thor Femmina. Ci sono molte differenze con il fumetto (prima fra tutte, lo scoprire subito chi sia il nuovo Thor), ma sono modifiche necessarie dato che in Avengers: Endgame Thor si confermava capace di sollevare il martello dopo anni e si sarebbe potuto creare un controsenso se Jane fosse diventata Thor perché lui non era più degno appena pochi mesi dopo.
Sebbene l’avventura non abbia riferimenti al multiverso che era diventato centrale nell’universo cinematografico marvel, la prima delle due scene post-titoli di coda accenderà la fantasia e le teorie dei fan che vogliono più informazioni su quale direzione stia prendendo l’MCU.
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