Non chiamatelo guru, è un’etichetta che non sopporta ma soprattutto in cui non si riconosce. David Quammen è l’autore del saggio Spillover (Adelphi, 2014) divenuto un testo fondamentale negli anni di pandemia del Covid-19, tanto da portare alla ribalta internazionale lo scrittore già attivo da oltre cinquant’anni e prolifico collaboratore di National Geographic. La traduzione letterale del suo lavoro è “salto di specie”, ciò che è accaduto dai pipistrelli all’uomo tre anni fa, ma Quammen lo scriveva e già molto prima. «Non ho previsto proprio niente. Ho soltanto ascoltato gli scienziati che facevano le loro previsioni e mi sono limitato a veicolare il loro pensiero», afferma rispondendo alla scrittrice e matematica Chiara Valerio durante l’incontro di pre-apertura della fiera “Più libri, più liberi”, al Cinema Troisi di Roma.
Oltre che presentare il nuovo libro di Quammen, Senza respiro (Adelphi, 2022), il loro dialogo ha lo scopo di indagare come e quanto la divulgazione scientifica possa entrare nella vita quotidiana, modificando i comportamenti e i pensieri di ogni giorno. In questo, l’autore e saggista statunitense è forse il massimo esponente contemporaneo, grazie alla capacità di parlare di scienza come fosse una storia di avventura, narrando più che descrivendo. La scienza, infatti, «crea la nostra memoria collettiva e noi come esseri umani, come specie, siamo creati dalla nostra memoria. La scienza ci spiega anche in che rapporti siamo con il resto della natura» e soprattutto in cosa sbagliamo. Il consumo umano eccessivo di risorse, per esempio, «ci ha portato a confrontarci con questa prima di una serie plausibili di pandemie».
Per non lasciare dubbi, Quammen usa un’immagine molto chiara: «Siamo alle prese con tre grandi e torbidi fiumi che corrono paralleli. Tre grandi problemi che abbiamo provocato a noi stessi e al resto delle forme di vita sul pianeta. E sono il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la minaccia rappresentata dalle malattie pandemiche. Sono “fiumi” che in qualche modo si intrecciano, ma il vero fattore che li determina è il prodotto fra popolazione e consumi. In una nota ufficiale di metà novembre, infatti, le Nazioni Unite hanno comunicato il raggiungimento della soglia degli otto miliardi di persone sul pianeta. Un record impressionante, considerando che i sette erano stati riconosciuti solo nel 2010.
«Otto miliardi di persone su questo pianeta hanno fame, non solo di proteine ma anche di combustibili e minerali, di terre rare che servono ormai per i dispositivi elettronici di cui non possiamo più fare a meno. Tutta questa nostra fame, tutti questi nostri desideri, tutti questi nostri bisogni riguardano l’estrazione, la sottrazione, di risorse dalla natura. E quel che portiamo a casa sono anche le malattie, i virus e gli agenti patogeni in essa». Ciò che la scienza può insegnare però è a non avere paura, a non vedere negli “angeli oscuri dell’evoluzione” – come Quammen chiama i virus in un suo noto articolo – solo una catastrofe, ma un’occasione per modificare il proprio comportamento e contribuire alla salvezza del pianeta: «scrivo con il desiderio di intrattenere chi mi legge ma sempre con la speranza, dentro di me, di modificare anche solo un po’ il modo in cui gli esseri umani agiscono e pensano».
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