Ha i contorni sfumati del sogno Amsterdam, di David O. Russell, primo film del regista dopo quasi otto anni di silenzio. Un ritorno sul grande schermo che, nella foga di riafferrare in un solo grande respiro tutto ciò che è sfuggito al regista dal 2015 a oggi, prova a incastrare una moltitudine di identità in un’unica storia: l’avventura di guerra e quella di spionaggio, il dramma esistenziale e la commedia intelligente, la satira e l’aperta condanna politica (affidata a un impeccabile e orgoglioso Robert De Niro), ma soprattutto la storia di un grande amore e di una grande amicizia, quella fra Burt (Christian Bale), Harold (John David Washington) e Valerie (Margot Robbie).
Nonostante la densa presenza di star, tra cui anche il premio Oscar Rami Malek, Amsterdam è crollato al botteghino negli Stati Uniti e in Europa, ignorato dalla critica e dal pubblico, proprio perché sovraffollato, di personaggi e di idee incompiute. Per almeno due motivi, tuttavia, merita di essere riscoperto, almeno adesso che lo si può recuperare sulle piattaforme streaming. È un film che condanna, fuori da ogni metafora, il fascismo dell’estrema destra statunitense, quell’atteggiamento di intolleranza e violenza così chiamato dall’altra parte dell’Oceano, nonostante non vi siano connessioni storiche con quello italiano.
Trump, cioè, e il tipo di società che ruota attorno al trumpismo, sono citati in modo diretto, scherniti e stigmatizzati attraverso le parole del personaggio interpretato da De Niro, in una sovrapposizione nel finale fra realtà e finzione, sulla scia di diversi altri film anti-trumpiani, come BlacKkKlansman di Spike Lee (2018). È inoltre un film che, pur giocando con nozioni storiche imprecise, riporta in superficie un’ampia e grave violenza di Stato contro le donne, in nome della “purezza della razza”.
Sì, un’eugenetica statunitense, prima di quella nazista. In Amsterdam il fantomatico gruppo dei Cinque, eminenze grigie al potere, con una forte fascinazione per il nascente Terzo Reich, all’inizio degli anni Trenta gestisce una serie di cliniche misteriose, che i tre protagonisti intendono smantellare. Cliniche stracolme di donne appartenenti a minoranze e costrette alla sterilizzazione. Nella realtà, dal 1909 al 1979 sono state oltre ventimila solo in California, dove i dati sono disponibili, le donne che hanno subito interventi di sterilizzazione, anche di isterectomia, senza aver dato il previo consenso o senza averne coscienza.
Si trattava nella maggior parte dei casi di donne affette da disabilità fisica grave o malattie mentali, per questo impossibilitate a reagire, ma spesso rientravano in questi programmi anche donne nere, latine e indigene, per una questione razziale, e più di recente donne detenute. Gli ultimi casi accertati su cittadine statunitensi, dentro le prigioni statali, risalgono al 2013 in California, ben trentaquattro anni dopo l’abrogazione delle sue leggi eugenetiche. Nel 2020, tuttavia, l’infermiera Dawn Wooten, impiegata presso un centro di raccolta e detenzione degli immigrati (Ice) a Ocilla in Georgia, ha denunciato cinquantasette casi di violenza ginecologica e trattamenti medici non richiesti, portati a processo.
Trentadue stati su cinquanta nel corso del Novecento hanno approvato leggi o programmi eugenetici, tuttavia solo la California, la Carolina del Nord e la Virginia hanno deciso di ammettere il crimine e risarcire le vittime tuttora in vita. Rimanendo sempre sulla Costa occidentale, lo Stato californiano mette tutt’oggi a disposizione, ma solo fino alla fine del 2023, un fondo che prevede fino a 15 mila dollari per ogni vittima sopravvissuta che presenti denuncia. Un sistema, questo delle cosiddette reparations, che mira ad appianare simili traumi e torti del passato, fino ai danni morali della schiavitù, attraverso il denaro. Per risolverli e oltrepassarli però può diventare necessaria l’azione ulteriore di un agente culturale potente come il cinema. È così che in un film in apparenza frivolo come Amsterdam si nasconde l’occasione per riconciliarsi con una pagina dura della storia statunitense. O scoprirla per la prima volta.
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