«Nessuno apprezza sentirsi dare del disinteressato o dell’ignorante», perciò nel tempo si è cercato di innalzare forme di intrattenimento a cultura, «assegnando lo status intellettuale dei libri a prodotti che libri non sono»: questa o quella serie tv chiamata «nuovo romanzo», non è altro che una «bugia educata» che si racconta almeno da vent’anni, perché niente possiede lo stesso grado di «microscopica osservazione dell’umano» che possiedono i libri. Niente richiede lo sforzo intellettuale che i libri richiedono, o almeno questo è quello che scrive Janan Ganesh nel suo articolo del Financial Times intitolato Podcasts aren’t as smart as you think.
Se davvero i podcast non sono un prodotto così intelligente come pensa sarà forse il tempo a dirlo. Quel che tuttavia si può rispondere subito a Ganesh, è che paragonare libri e podcast senza mai menzionare il ruolo, le caratteristiche e le differenze tra i due medium è un’argomentazione fallata già nelle sue premesse. In Italia i podcast sono ancora un fenomeno contenuto, all’interno di un mercato in via di definizione. Secondo i dati Ipsos (2022) raggiungono circa 11,1 milioni di utenti tra i 16 e i 60 anni, contro gli 86,6 milioni di libri venduti nello stesso anno (fonte Nielsen Bookscan). I primi, anche con il supporto dei numeri, non sostituiscono i secondi, ma si sovrappongono ad essi, ritagliandosi un diverso spazio di fruizione: in viaggio, sui mezzi pubblici, durante lo svolgimento di altre azioni quotidiane.
In Italia, poi, sono state create società che hanno l’obiettivo di ridefinire il podcast come medium predominante all’interno del mercato editoriale italiano. Su tutti Chora Media, che grazie all’autorevolezza degli host e alla rivisitazione di storie d’attualità, sta trovando un grande spazio all’interno del settore: solo su Spotify, in media un quinto delle prime cento posizioni in classifica è ogni giorno un prodotto Chora o Will Media, società acquistata da Chora Media lo scorso giugno per oltre 5 milioni di euro.
Se, secondo Ganesh, il pubblico non deve fare altro che ascoltare per ore, l’ascolto attivo è comunque un’azione che richiede attenzione e concentrazione. La redazione di Zeta, dopo un dibattito interno su quale sia la vera funzione del podcast e ragionando sulla relazione con i libri, ha deciso di chiedere un parere a Chat GPT, il nuovo large language model di Open Ai. Gli spunti offerti dall’intelligenza artificiale sono stati simili ai nostri e in alcuni casi hanno addirittura anticipato le nostre risposte.
Il dialogo con la Chat
La prima domanda posta a GPT riguarda la connessione tra libri e podcast. L’ascolto di una storia su Spotify nasce dal mancato interesse verso la lettura? «Non necessariamente, le persone ascoltano podcast in aggiunta ai libri. I podcast sono una forma diversa con cui si può consumare un contenuto e auto-migliorarsi». Leggere un romanzo non può essere accomunato ad ascoltare un podcast. I podcast hanno la funzione di documentario sonoro, in cui si trattano storie più o meno recenti e sta a chi conduce renderlo fruibile per un numero di persone elevato. Il romanzo è un prodotto letterario, il podcast non può esserlo perché perderebbe di vista la sua vera funzione. Utilizzando suoni naturali, i cosiddetti nat sound, e altri elementi che stimolano l’udito può essere più immersivo rispetto alle immagini che offre il testo di un romanzo.
L’aspetto più sorprendente è che, pur non avendo ricevuto istruzioni in proposito, ChatGPT solleva la questione dell’impedimento fisico e cognitivo come elemento essenziale di distinzione tra podcast e libri: «L’atto di ascoltare un podcast può essere meno impegnativo rispetto alla lettura di un libro per alcune persone, ma questo può variare a seconda dell’individuo e della situazione specifica».
C’è chi ritiene che «ascoltare sia un modo più naturale e confortevole per consumare informazioni, poiché è simile al modo in cui elaboriamo la lingua parlata nella vita quotidiana. D’altra parte, la lettura di un libro richiede più concentrazione e attenzione, poiché richiede la decodifica della lingua scritta e l’interpretazione, il che può essere impegnativo per alcune persone. (…) È importante considerare quanto ascoltare un podcast sia complesso «per le persone con problemi di udito o per le persone che si trovano in un ambiente rumoroso». Allo stesso modo, la lettura di un libro può essere difficoltosa «per le persone con problemi di vista o per le persone che hanno difficoltà a leggere il testo», chi è dislessico per esempio.
L’editorialista del Financial Times tratta anche un tema di convenienza intellettuale. Visto che i podcast, stando a quanto afferma, sono un tipo di esperienza passiva è come se le persone cercassero di erudirsi senza compiere alcuno sforzo. Nella lettura, invece, l’esperienza è attiva e quindi il lettore per avere più conoscenze deve essere sul pezzo. Ganesh non tiene conto che non è una differenza tra i due media, ma una differenza di come le persone si approcciano alle due diverse esperienze: «I podcast, come la lettura di un libro, richiedono comunque un certo sforzo per consumare e comprendere le informazioni fornite. Possono anche essere un modo efficace per apprendere vari argomenti, ma lo sforzo e l’impegno che sono necessari per comprendere e conservare veramente le informazioni ci deve essere. In conclusione, non si può raggiungere l’erudizione senza compiere uno sforzo».
Riguardo al nucleo dell’articolo di Ganesh, ossia la progressiva perdita di interesse per la lettura a favore di surrogati intellettuali, ChatGPT ribatte: «Entrambi i mezzi hanno i loro vantaggi e svantaggi ed è importante considerarli per determinare quale mezzo sia il migliore per uno scopo o un pubblico specifico». La chat, cioè, individua un secondo elemento essenziale del paragone nel modo in cui «l’informazione è presentata, consumata e processata» dai due differenti media. I libri possono servire ad approfondimenti più dettagliati, mentre i podcast possono per lo più focalizzarsi su approcci informali a temi quotidiani: «I podcast possono anche essere un modo per coinvolgere le persone con esperti nei loro campi e per accedere a informazioni che non sono facilmente disponibili nei libri o in altre forme di media». In ogni caso «servono uno scopo diverso».
Un’analisi imprecisa
Additare i podcast come un prodotto pigro per menti atrofizzate nelle parole di Ganesh suona come una provocazione, ma non tiene comunque conto di un terzo aspetto evidenziato invece da ChatGPT: «i podcast possono offrire una connessione umana che ai libri manca». Hanno un host, una persona che conduce il discorso, apportando la sua prospettiva e alimentando il dibattito, hanno degli ospiti, delle interviste interne, ma soprattutto hanno una base di ascoltatori che ne fa un fenomeno sociale.
Si pensi a Morning di Il Post, lanciato gratuitamente su Spotify per cento giorni prima di passare alla formula dell’abbonamento esclusivo e in grado, in poco più di tre mesi, di creare una comunità solida di ascoltatori intorno. «Il podcast è connessione», «senso di appartenenza a un discorso comune». Non può essere paragonato alla lettura di romanzi e saggi, perché sono un medium relativamente nuovo e che non è ancora stato sfruttato a pieno. Tra asserzioni manchevoli e pregiudizi ad avere l’ultima parola è ancora Chat GPT-3: «Paragonare libri e podcast senza considerare queste differenze fondamentali nei mezzi di comunicazione utilizzati, può portare a una comprensione incompleta o imprecisa dei punti di forza e dei limiti di ciascun mezzo».
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