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Esclusiva

Febbraio 13 2023
Non è un Paese per neri

Il governatore dello stato della Florida, Ron DeSantis, ha vietato i corsi di cultura e storia afroamericana nei corsi liceali che preparano per il college

Il legno delle case di Rosewood brucia. A distanza di pochi kilometri, nelle paludi della zona sud della Florida, tra gli alberi muschiati, la comunità afroamericana si nasconde tra i salici sperando che gli alligatori stiano ancora dormendo. È il 1923 e Rosewood è assaltata da centinaia di bianchi che la stanno rendendo un cumulo di cenere. La rappresaglia inizia per via di un presunto stupro da parte di un afroamericano. La vittima, Fannie Taylor, sporge denuncia allo sceriffo locale, ma sulle tracce del violentatore si mettono anche privati cittadini bianchi e razzisti. Assaltano una prima volta il villaggio, vengono respinti, due bianchi perdono la vita. Per questo qualche giorno dopo parte una seconda spedizione punitiva che rade al suolo la città, fa sei vittime nella comunità nera e in molti sono costretti a cambiare contea, o addirittura Stato.

Dopo Tulsa, nell’Oklahoma, il massacro di Rosewood è tra i più importanti e meno documentati episodi di violenza razziale avvenuti negli Stati Uniti. Solo nel 1980 ci fu una revisione dei fatti accaduti e nel 1993 i discendenti delle famiglie prese di mira in quella calda settimana di gennaio sono stati ripagati dalle autorità floridiane. 

Sono passati cento anni, eppure gli Stati Uniti non sono ancora un Paese per afroamericani, specie in una Florida che ha dimenticato la propria storia per abbracciare i dogmi del nuovo conservatorismo repubblicano di Ron DeSantis. Dal primo febbraio, giorno in cui inizia il Black History Month per l’appunto, dopo aver già messo all’indice i corsi sulle teorie gender nei licei, sono stati rivisti i corsi di preparazione al college (AP courses) in African-american studies.

«Cinque argomenti come l’intersezionalità di genere, il Black Lives Matter, le riparazioni a favore delle comunità afroamericane, i Black queer studies e il femminismo afroamericano e tutti gli autori associati a questo genere di studi sono stati messi all’indice perché secondo lo Stato della Florida queste sono teorie e non fatti.» Ma perché non lasciar scegliere agli studenti questi corsi? «Il fatto è che stando alle autorità statali i corsi di studio sulla storia afroamericana servono per indottrinare i ragazzi e per dividere ancora di più l’opinione pubblica»: a parlare è David Canton, direttore del centro di cultura afroamericana dell’Università della Florida.

La Florida e la comunità afroamericana

Non è la prima volta che le black people vengono trattate con disparità nel Sunshine State (la Florida n.d.r). Prima delle elezioni di metà mandato dello scorso novembre, il governatore DeSantis, possibile prossimo candidato alle primarie repubblicane per le presidenziali del 2024, ha deciso di accorpare alcuni distretti a maggioranza afroamericana con distretti a maggioranza bianca. Una pratica comune in America, conosciuta come gerrymandering, ma che aveva l’intento preciso di far contare di meno il voto degli afroamericani e avere un vantaggio strategico.

Questa volta la scelta è caduta sull’insegnamento di quella cultura che fino alla fine degli anni ’60 è stata violentata, segregata e ignorata. «Conoscere la cultura e la storia afroamericana è molto importante, perché per molto tempo non gli abbiamo dato abbastanza valore come americani – continua Canton – Si conoscono circa dodici persone di colore: Rosa Parks, Martin Luther King, Malcom X e via dicendo, ma non si fa mai un’analisi sofisticata su come comprendere la disuguaglianza razziale».

Nella revisione fatta dal College Board of Education, su pressioni di DeSantis, il vero obiettivo è fermare l’espansione della Critical Race Theory. Negli anni ’80 a suggerire lo sviluppo di questa teoria di studio alternativo è stato Derrick Bell, un avvocato per i diritti civili che credeva che l’approccio difensivo nei casi che riguardavano gli afroamericani fosse scorretto e che ci fosse un approccio sistemico nel modo in cui i neri continuavano ad essere oppressi negli Stati Uniti: «Non tutti sono d’accordo. È una teoria, non un dogma e come tale va interpretata. È come se uno stato fortemente cattolico proibisse l’insegnamento della teoria evolutiva di Darwin perché non in linea con i principi religiosi. Negli Stati Uniti la teoria di Darwin si continua a studiare».

Tra gli argomenti vietati nei nuovi curricula statali, viene proibito anche l’insegnamento dei movimenti che si battono per le vite degli afroamericani, in modo particolare tutto ciò che orbita intorno al mondo del Black Lives Matter (BLM). Quella che nel 2020 fu una vera e propria rivoluzione nel modo in cui queste tragedie vengono vissute dalla comunità afroamericana, e non solo, oggi sono argomenti da tenere lontani dalle scuole superiori. «Per alcuni il BLM è un moderno parente del Movimento per i Diritti civili di Martin Luther King. A partire dal 2013, con l’omicidio di Trevor Martin a Baltimora, – spiega Canton- il movimento è diventato sempre più grande e anche sempre più inclusivo. BLM e assalto al Congresso vengono messi sullo stesso piano: argomenti divisivi di cui non si deve parlare, ma basta andare sulla pagina web del movimento per vedere che uno è un movimento pacifico l’altro è stato un assalto alla democrazia».

Lo sceriffo Ron

DeSantis gestisce lo stato della Florida dal 2018. È apprezzato in patria, dove, sondaggi alla mano, sembra l’unico capace di togliere a Donald Trump il controllo sul partito repubblicano, ma ha anche ammiratori oltreoceano. L’ultimo è stato Matteo Salvini, che nell’uomo di Tallahasee vede il riscatto del GOP (Grand Old Party) alle prossime presidenziali e ne condivide le politiche.

Oltre ad aver vietato gli insegnamenti delle teorie gender e dei corsi di storia afroamericana, nel settembre del 2022 ha preso in carico un centinaio di migranti che avevano superato il confine con il Texas e li ha spediti, utilizzando i fondi statali per il Covid, a Martha’s Vineyard, un isolotto sperduto a largo delle coste del Massachussets ma ritrovo glamorous della classe dirigente americana. DeFuture, come lo ha ribattezzato il New York Post, in seguito alla vittoria nelle elezioni di metà mandato, ha fatto sue le mimiche di Trump, i temi cardine dell’ex Presidente e vorrebbe conquistare anche la parte più conservatrice del partito repubblicano. Tutto questo con una differenza, come spiega il professore di American Politics Charles Barrileaux della Florida State University: «DeSantis ha delle competenze che Trump non ha. The Donald è show, DeSantis è sia show che sostanza a livello politico»

In merito al curriculum dei corsi in african-american studies DeSantis li ha definiti «un manifesto della cultura woke e un esempio di indottrinamento politico progressista». Nel mondo accademico le risposte all’inquisizione floridiana sono state compatte. Il direttore del centro di studi afroamericani dell’università di Georgetown, Robert J.Patterson, ha attaccato il governatore della Florida: «Se c’è qualcuno che sta cercando di indottrinare quello è DeSantis, non il corso».

Non c’è solo questo: la minoranza afroamericana risulta essere ancora la seconda meno ricca degli Stati Uniti, la prima a livello di povertà abitativa. Come il gatto di Schroedinger, allo stesso tempo sia vivo che morto, la comunità afroamericana vede il proprio bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Se ci sono stati progressi individuali da parte di alcune figure afroamericane, si pensi a Barack Obama, l’avanzamento della comunità è stato arginato da una violenza sistemica, che si concretizza ogni giorno, come quando la diffusione della storia e della cultura afroamericana viene bloccata.

Cento anni dopo, gli Stati Uniti non sono ancora un paese per neri.