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Esclusiva

Febbraio 20 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 13 2023
«Dall’Ucraina ai vaccini, Mosca vuole il caos nelle democrazie»

Il giornalista americano Craig Silverman descrive a Zeta il lavoro di ProPublica per combattere le campagne di disinformazione del Cremlino

«Dovremmo sempre tenere a mente uno dei lati negativi delle democrazie occidentali: avere un ecosistema informativo molto aperto può portarlo a essere più semplice da manipolare», spiega a Zeta Craig Silverman, alla fine del suo intervento durante il seminario «Tracking Propaganda narratives in media» organizzato dallItalian Digital Media Observatory nell’ambito degli eventi Media Futures of journalism che rientra nel progetto Media Futures.

Nella sua relazione il fondatore di ProPublica ha presentato il lavoro che la sua testata ha portato avanti nel periodo successivo all’invasione russa dell’Ucraina. «Una settimana dopo il 24 febbraio 2022 abbiamo notato che si era formata una rete di account che aveva iniziato a twittare in maniera sistematica sulla guerra. Erano profili molto anonimi, si presentavano come persone normali che commentavano avvenimenti di politica e attualità e condividevano la visione del Cremlino. Non erano nati con l’inizio del conflitto, ma risultavano attivi da tempo e avevano già twittato, per esempio, sulle olimpiadi in Russia». 

«Una cosa importante che ProPublica ha notato era che questi profili portavano avanti uno sforzo coordinato, twittavano durante orari lavorativi e su argomenti simili. Abbiamo verificato che era possibile localizzare questi user nella regione di San Pietroburgo, dove si trova l’Internet Research Agency. Questo ci ha portato a ipotizzare, anche se non possiamo dimostrarlo al 100%, che si trattasse di persone pagate per generare disinformazione». Silverman fa riferimento ai dipendenti della cosiddetta “fabbrica dei troll” di San Pietroburgo, il cui core business è portare avanti azioni di propaganda online per diffondere gli interessi politici del Cremlino. L’azienda fu avviata da Yevgeny Prigozhin, un uomo molto vicino a Vladimir Putin tanto da fargli guadagnare il soprannome di “cuoco del Cremlino”. Prigozhin ha anche fondato il gruppo mercenario Wagner attivo sul campo in Ucraina. 

«Una classica tattica usata da questi profili era postare un’immagine vera accostandola a una descrizione che la inseriva in un contesto sbagliato. In una di queste foto si vedevano dei corpi chiusi in delle buste di plastica, alle spalle di un reporter. A un certo punto uno di questi cadaveri si tirava su in piedi. Il messaggio che il Cremlino voleva far passare era che la Russia non stava uccidendo o commettendo crimini di guerra in Ucraina. In realtà quelle immagini non venivano da Bucha o dal campo di battaglia, ma da un protesta di attivisti climatici in Austria. Era tutto sbagliato, ma la gente ci credeva». 

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Silverman spiega che le operazioni di disinformazione del Cremlino non si limitano a una sola piattaforma e non si concentrano su un solo argomento. «Uno degli obiettivi delle operazioni disinformative russe è di supportare qualsiasi tipo di narrativa che crei confusione e divisione nelle società democratiche occidentali. Questo non si limita solo alle varie posizioni sulla guerra in Ucraina ma anche, per esempio, al dibattito e al complottismo sui vaccini da covid-19. Durante la pandemia era comune vedere personalità russe elevare il sentimento anti-vax. Questo tipo di caos porta un beneficio al Cremlino. Per questo motivo oggi notiamo che la maggior parte degli utenti che crede alla propaganda russa sulla guerra in Ucraina probabilmente era anche vicina a posizioni no-vax negli scorsi anni. Tutto è collegato». 

Il giornalista conclude con un augurio a rimanere vigili. «Non dobbiamo pensare che, visto che viviamo in democrazie occidentali, siamo immuni a qualsiasi tipo di processo disinformativo.

Ogni governo nel mondo supporta persone o punti di vista vicini ai propri interessi. La Russia è sicuramente l’unica nazione che porta avanti operazioni di disinformazione in maniera così sistematica, ma non è l’unica. Molte volte noi abitanti nelle democrazie occidentali accusiamo il Cremlino o la Cina, perché generare disordine informativo è un elemento core dei loro governi. Dovremmo però essere in grado di guardare anche ai nostri governi democratici e notare quali sforzi stanno mettendo in campo per influenzare l’ambiente informativo. Succede più spesso di quanto pensiamo, anche se c’è una differenza rispetto all’aggressività dell’approccio russo». 

 «Bisognerebbe essere un po’ più disponibili a fermarsi e a esitare davanti a un post o a un articolo di giornale, evitando di condividerlo e accettarlo in maniera automatica. La cosa più importante da fare è riuscire a comprendere da dove viene l’informazione che stiamo leggendo e che anche giornali importanti e affidabili possono sbagliare a volte. Non servono strumenti tecnologici complessi per farlo, basta solo mettere in pratica delle buone abitudini», conclude Craig Silverman.