Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Febbraio 24 2023
Più di un mese sotto terra

La nuova vita dei bambini: la paura è anche sui disegni ma il gioco non si ferma nonostante le sirene anti-aeree

«I primi tempi bombardavano abbastanza spesso anche a Leopoli. Certo, adesso ci sono ancora allarmi aerei, un paio di volte alla settimana ma non bombardano. Se le prime volte c’era molta paura, tutti scappavano e tornavano a casa o andavano nei rifugi, adesso molto meno perché sanno: l’allarme non corrisponde sempre a un bombardamento, i bambini rimangono a giocare nonostante le sirene». 

Don Egidio Montanari, sacerdote orionino missionario in Ucraina, ricorda bene le circa 120 persone accolte nelle prime settimane di guerra: molte famiglie in fuga, che nel quartiere di Zamartinivska, nella parte nord di Leopoli, erano solo di passaggio. Tra loro, molti erano bambini e per mesi hanno riempito l’oratorio di Don Egidio. «Abbiamo cercato di rendergli la vita un po’ più serena. In estate, abbiamo organizzato un gruppo estivo, predisponendo i rifugi dove poter andare durante gli allarmi». 

Un anno dopo, l’oratorio è vuoto. «I profughi sono rimasti alcuni mesi, poi, quando è iniziato l’anno scolastico, sono tornati o a Kiev o a Kharkiv, molti sono emigrati in Polonia, alcuni sono in Italia». 

Non si sentono più le voci acute dei piccoli che si rincorrono per il cortile, regalandosi qualche ora di normalità. Una calma apparente che però non cancella il pericolo che, secondo quanto riporta Save the Children, corrono ancora 7,5 milioni di bambini che si trovano in Ucraina e che per questo «continuano a essere gravemente esposti a danni fisici, disagi emotivi e sfollamento». 

Più di un mese sotto terra

L’organizzazione internazionale ha stimato che, dall’inizio del conflitto, hanno suonato un totale di 16.207 sirene con una durata media di circa un’ora. Le sirene indicano che è il momento di nascondersi: «nell’ultimo anno le bambine, i bambini e i ragazzi sono stati costretti a nascondersi sotto terra per circa 920 ore, pari a 38,3 giorni, più di un mese». 

Nella maggior parte dei casi, racconta Don Egidio, i più piccoli non capiscono cosa sta accadendo e ormai, per molti di loro, la guerra è diventata un fatto di «ordinaria amministrazione». Quando gli adulti tentano di dare una spiegazione alla quotidianità umida, fredda e buia, vissuta tra corrente elettrica intermittente e riscaldamenti che non funzionano, i bimbi li guardano incantati: «Ti ascoltano e poi stanno zitti , rimangono lì, al buio» in attesa di riprendere il gioco lasciato a metà. 

La vita sotto i bombardamenti, riporta Save the Children, «ha un grave impatto sulla salute mentale e sulle condizioni psicosociali». Rita Di Iorio, psicologa delle emergenze e presidente del Centro Alfredo Rampi, che da anni collabora a stretto contatto con la Onlus, sottolinea che «la guerra è altamente traumatica nella fase dell’infanzia, poiché con il suo carico di lutti e distruzioni interrompe tragicamente l’età in cui un essere umano per la sua crescita evolutiva ha un bisogno assoluto dell’affetto e della protezione da parte del mondo adulto. La ferita psicologica nei bambini coinvolti da conflitti bellici, spesso legata anche ad una ferita fisica, diventa più difficile da affrontare in quanto è condivisa dall’intera popolazione e quindi coinvolge coetanei e gli adulti di riferimento».

Più di un mese sotto terra

Essere privati di momenti di condivisione, come quelli scolastici, l’isolamento in spazi angusti, il contatto sporadico con gli amici ormai lontani, spesso a diversi chilometri di distanza o addirittura in altri Paesi, getta i minori in uno stato di resa e frequente disperazione

I traumi subiti «lasciano segni in tutto il percorso di vita, quelli che non vengono elaborati non smetteranno mai di esprimersi attraverso sintomi di diversa natura e di elevata severità. Si tratta di risposte depressive, aggressive, dissociative, espresse attraverso diverse tipologie di sintomi» dice Di Iorio, che sottolinea come per gli stessi psicologi sia difficile intervenire davanti a queste condizioni, in quanto i minori che provengono da zone di conflitto sono «difficili da raggiungere a livello emotivo, poiché hanno organizzato una specifica difesa dal rischio di provare dolore». 

Leggi anche: Una generazione giovane in cerca di normalità

«Ho visto molti disegni di quando venivano in oratorio. Ne ricordo uno in cui c’è lo stemma dell’aquila russa che è mangiata dal leone, il simbolo di Leopoli. Ma i bambini non capiscono bene cosa succede, sono cose che vengono trasmesse dagli adulti» spiega don Egidio. 

«La guerra è fonte di odio, incomprensione, distanza» e tutto questo ormai fa parte di un’infanzia interrotta dal grido atroce del conflitto. 

Ucraina vita bambini guerra