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Esclusiva

Marzo 26 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 30 2023
«Il mio saluto a Malaussène»

Con Capolinea Malaussène giunge al termine la storia della famiglia di Belleville che ha conquistato milioni di lettori. Daniel Pennac incontra il pubblico alla festa della lettura di Roma

«Sono cinquant’anni che penso a Benjamin Malaussène: ora so che è il momento di dirgli addio». Per la copertina del suo ultimo libro – l’ottavo romanzo della saga – Daniel Pennac ha scelto il disegno di un’umanità affollata, colorata, multietnica: è il mondo di pazzi, visionari e sognatori della piccola Belleville, quello che, fin dalla prima avventura della famiglia Malaussène (Il paradiso degli orchi), milioni di lettori hanno sognato di poter conoscere realmente. E che oggi giunge al capolinea, appunto: una parola che in francese (terminus) porta con sé una sfumatura d’addio, di tristezza.

«La prima volta che ho pensato a Malaussène è stato leggendo il saggio di filosofia di René Girard sul concetto di capro espiatorio, ovvero quella persona intorno alla quale un gruppo si costituisce per accusarla di ogni cosa». Pennac lo racconta in occasione di Libri Come, la festa di Roma dedicata al libro e della lettura. È il 25 marzo: quarant’anni esatti dall’uscita in Francia del suo primo romanzo sulla famiglia Malaussène, nel 1985. Un libro nato da una scommessa con gli amici, che non credevano che Daniel fosse in grado di scrivere un libro giallo: quarant’anni dopo, siamo ancora qui a parlarne.

«Il capro espiatorio è il cuore della politica, a volte della famiglia, spesso anche delle classi» dice Pennac, che trent’anni della sua vita li ha passati ad insegnare a scuola. «La prima cosa che dobbiamo vegliare noi educatori è che nessun alunno sia eletto capo espiatorio degli altri». La figura del protagonista Benjamin è nata così: uomo buono e gentile, riesce ad incontrare ogni crimine che la polizia si trova davanti, finendo in un vortice senza mai fine di guai. È così che diventa – o meglio – viene reso il capro espiatorio. «Gli imprevisti sono la maggior parte di quello che ci accade ogni giorno. Se dovessimo riscrivere la storia degli errori giudiziari, ci renderemmo conto che gli innocenti che sono stati condannati sono persone delle quali la storia è stata raccontata in modo coerente, eliminando tutti gli eventi imprevisti».

«Il mio saluto a Malaussène»
Daniel Pennac e Valeria Parrella

Per lo scrittore, Capolinea Malaussène è il finale di una storia amara. «Viviamo un momento della nostra civiltà in cui il concetto di capro espiatorio è stato esteso a tutti, dai social alla politica. Pensiamo alla guerra in Ucraina, dove il capro espiatorio è il cuore della propaganda, che accusa il popolo ucraino di essere nazista. Così, ho realizzato che Malaussène forse non è servito a condannare questa tendenza. Ma possiamo vederla anche in un altro modo: so bene che non potrò passare i prossimi cento anni a scrivere dei Malaussène. È anche normale che arrivi un momento in cui le cose finiscono».

Nel nuovo e ultimo libro, Benjamin ha a che fare con l’esercito di criminali comandati dal Nonnino, «un vecchietto terribile che svuota le persone da qualsiasi identità per farne un esercito votato al crimine, insegnando così ai suoi adepti che l’unica specie costante nella storia umana è l’assassinio». Per Pennac, il Nonnino rappresenta lo spirito del tempo. «Con grande sorpresa vedo in Argentina, in Turchia o in Russia veri e propri assassini eletti democraticamente al potere: il presidente Bolsonaro, ad esempio, parla apertamente di assassinio. Abbiamo dei Nonnino un po’ ovunque – eletti dal popolo – senza che questo ci faccia paura. E abbiamo torto a non averne».

Ma l’umanità di Belleville non è senza speranza: il contraltare del Nonnino sono i nipotini di Malaussène, impegnati, fin dal precedente libro, in una battaglia ambientalista. «Io sono circondato da giovani, e lo ammetto: mi irritano! Parlano per punti esclamativi, sono impregnati di convinzioni – e fanno bene, le avevo anche io alla loro età – ma vorrei anche avvisarli: ho vissuto il Novecento, il secolo dell’umanità stalinista e nazista, posizioni terribili nate anch’esse da forti convinzioni. Per cui attenzione, quando ci sentiamo puri, a non rischiare di diventare assassini anche noi».

Capolinea Malaussène è un addio dai toni agrodolci. Nella frase scelta per la retrocopertina del libro, Benjamin dice: «Quando ho scoperto che c’era di mezzo Nonnino, ho capito una cosa: chi non conosce Nonnino non sa di cosa è capace l’essere umano». Lo spirito del tempo, però, non sa di cosa può essere capace la giovane speranza di un mondo migliore.

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