Esclusiva

Giugno 10 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 11 2023
«Bisogna essere consapevoli di fare del male»

Educazione, non solo leggi, per prevenire il femminicidio. Le parole della criminologa e psicologa Anna Maria Giannini

Una respirazione profonda, lenta può causare una risposta calma, rilassata. La consapevolezza, ci dice lo psicologo e neuroscienziato americano Stephen W. Porges, inizia da qui. Quando si è materialmente presenti in una conversazione, ma si è distanti emotivamente dall’altro, il tono della voce si alza, il battito cardiaco aumenta. E l’armonia si erode, scompare. Persa la connessione con l’altro, può seguire l’abuso, la violenza, l’omicidio, il femminicidio. Se pensiamo che iniziamo a costruire la mindfulness, fin dall’infanzia, possiamo comprendere quanto sia dirimente in questa fase la formazione. «La scuola, poi, l’università possono decidere di avviare un progetto per promuovere il rispetto, l’uguaglianza, prevenendo la violenza di genere, ma è una scelta e non un obbligo». Anna Maria Giannini, ordinaria all’università La Sapienza di Roma, criminologa e psicologa, incita che «bisogna studiare un’azione mirata, sistematica che coinvolga il sistema di istruzione perché è fondamentale essere consapevoli di fare del male».

LEA, i livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il SSN, servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, ma «quanti sono gli psicologi realmente presenti nel pronto soccorso?». Un interrogativo che Giannini si pone per un obiettivo: «L’educazione alla non-violenza deve diventare una materia, perchè è importante quanto la matematica o la fisica. E poi serve il supporto ai centri maltrattanti e a quelli antiviolenza per un adeguato processo di riabilitazione e di sostegno. Quando l’Arma e gli esperti si incontrano, si evita anche la vittimizzazione secondaria, la vittima viene supportata. Come è accaduto a Velletri con il progetto “Con te in rete contro la violenza” (ndr). Così si evita di non essere a conoscenza di tutte le violenze e, quindi, dei dati sommersi».

Questo concetto si rafforza, se pensiamo che non tutte le persone che hanno una patologia, una malattia fanno violenza, uccidono.  The MacArthur Violence Risk Assessment Study è un esempio di indagine che può provare questo. Un campione di persone è stato esaminato ed è stato visto che gli individui con disturbi mentali non erano legati ad atti criminosi e potevano dirsi identici agli individui senza patologia. È emerso, infatti che fattori come i precedenti di violenza, l’abuso di sostanza e l’assenza di un supporto sociale stimolavano il reato.

Se la spiegazione di una parola aggressiva, di un gesto o di un’azione violenta non sono sempre da ricercare nella malattia, vuol dire che bisogna agire sulle capacità cognitive che sono uguali per tutti gli esseri umani, fin dalla nascita. Perché la violenza, l’omicidio, il femminicidio sono prima un’idea, un pensiero che si instilla nella mente di quello che, soltanto in seguito, diventerà il colpevole. Al di là della premeditazione che, può esserci o non esserci – perché ha bisogno di un elemento psicologico, freddezza e pacatezza d’animo, un elemento ideologico, riflessione e un elemento cronologico, un lasso di tempo tra la determinazione e l’azione, come definiti dal giurista Giovanni Carmignaniè sempre uno schema che precede il delitto. Per questo è soltanto un iter che contamini gli schemi di pensiero del potenziale criminale, può evitare la violenza, il femminicidio, il reato.

Un piano. Il disegno di legge con le norme per il contrasto alla violenza sulle donne e contro la violenza domestica, approvato il sette giugno 2023 dal Consiglio dei Ministri, ce l’ha, ma in un altro senso. Si irrobustiscono le norme, le misure cautelari, come il braccialetto elettronico e la distanza di cinquecento metri della persona autore del reato dalla vittima. «Come la legge numero quarantuno sull’omicidio stradale inserita nel 2016 avverte, spaventa e, può, fare desistere dall’azione criminale, così abbracciare tutte le possibilità anche a livello legislativo, può contribuire a sovvertire la cultura della nostra società». Quando la comunicazione non è mera informazione, ma integra le emozioni, i sentimenti, l’empatia, si adotta un linguaggio consapevole che, come il fare qualcosa con l’occhio che guarda a qualcos’altro, conduce alla prevenzione.

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