Esclusiva

Dicembre 12 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 13 2023
I Turetta, l’altra faccia del dolore

La disperazione della famiglia di Filippo: “non sappiamo darci una spiegazione”

«Siamo preoccupati, qualsiasi cosa sia successa lo aspettiamo. Gli vogliamo bene, vogliamo bene a lui e alla Giulia»: iniziava così il dramma di Giulia Cecchettin, la ventiduenne di Vigonovo uccisa dall’ex fidanzato, reo confesso, Filippo Turetta. Con l’appello di due famiglie, unite dalla preoccupazione per i figli scomparsi, poi dal dolore, un dolore opposto. «Che ritornino, vi prego tornate», la voce di Elisabetta Martini, madre di Filippo, si incrina, lo sguardo vaga tra i microfoni puntati dai cronisti. Con il marito Nicola e Gino, il padre di Giulia, è in via Aldo Moro, di fronte al cortile della casa della famiglia Cecchettin. Elisabetta riepiloga a fatica le informazioni utili a rintracciare i ragazzi. Alla domanda come stava suo figlio, risponde Nicola: «Discretamente bene, come sempre insomma. Non avevo presagito niente di particolare, dovevano vedersi e quindi mi sembrava contento», «l’ultima volta che l’abbiamo visto mi sembrava tranquillo» aggiunge la moglie. Il giorno seguente, il 15 novembre, dopo essere stati in caserma a Teolo per consegnare un tablet di Filippo, i genitori apprendono che sul luogo dove sono stati avvistati i due giovani ci sono tracce di sangue. Ancora si illudono che possano essere di “chiunque”.

«Si sono sempre frequentati come amici dopo la rottura», racconta al Gazzettino di Venezia Andrea, il secondo figlio dei Turetta, diciottenne, «Non ha mai dato alcun segnale che qualcosa non andasse. L’ho visto sempre bene. Triste, ma stava bene. Non so cosa pensare». Invece, a qualcuno Filippo nelle settimane precedenti era apparso scostante. «Eravamo preoccupati per lui, per il suo essere così giù di morale. Stava attraversando veramente un brutto periodo, non voleva uscire di casa, faceva fatica a mangiare», sottolinea Beatrice, compagna di università dei due ragazzi. Temeva potesse farsi del male, «Filippo non era capace di arrecare dolore, tanto meno a Giulia», ma si sbagliava. Sul loro rapporto però, «aveva aspettative surreali». Lei aveva deciso di chiudere la relazione, lui credeva invece che stare insieme significasse vedersi di continuo. «Ci era rimasto parecchio male per la fine della storia con Giulia. Gli ero stato vicino assieme ad altri amici, per consolarlo. Credevo si fosse risolto tutto»: Luca conosce Filippo dalle elementari, hanno frequentato insieme anche il liceo scientifico, l’Istituto Alberti ad Albano Terme. Pochi giorni prima della tragedia, si trova a passare davanti casa dei Turetta. Sul momento pensa di fare un saluto all’amico, poi però, notando le persiane abbassate, decide di non fermarsi, «Forse avrei dovuto». 

Nicola Turetta è solo nella prima apparizione davanti alle telecamere, dopo il ritrovamento del cadavere di Giulia e l’arresto del figlio Filippo. Sua moglie è in stato di shock. Gli obiettivi mostrano l’immagine di un uomo stravolto, tremante nel suo cappotto nero. Con gli occhi semichiusi e lo sguardo basso, fatica ad articolare le parole, balbetta uno “scusate” ed esprime solidarietà alla famiglia di Giulia. Si sforza di ricostruire la vicenda, che gli sia «scoppiata una valvola nel cervello»? Impossibile pensare che suo figlio possa aver ucciso Giulia. Poi rammenta la rottura tra i ragazzi: Filippo gli ha confessato più volte di volersi suicidare piuttosto che vivere senza la fidanzata, ma sul momento non si è preoccupato. Gli sembra l’ingenua disperazione di un giovane di vent’anni che ha appena perso il primo amore. La sera del 19 novembre Nicola ed Elisabetta, in disparte, si uniscono al mesto corteo di fiaccole a Vigonovo in ricordo di Giulia. L’avvocato di Filippo ne giustifica la presenza, «Loro dovere esserci come segno di vicinanza alla famiglia Cecchettin, che non hanno incontrato». Al termine, Nicola rilascia una dichiarazione a LaPresse: «Sono sollevato che Filippo stia tornando a casa, ma povero Gino è rimasto senza sua figlia. Sono due sofferenze completamente diverse. Quando lo rivedrò, gli chiederò il motivo di questa terribile tragedia, perché ha compiuto questo gesto». Farà visita alla famiglia della ragazza appena ne avrà il coraggio, al momento manda un messaggio a Gino: «Chiedo perdono».

Giorni dopo Nicola affiderà al Corriere della Sera un lungo sfogo, questa volta per difendere se stesso e la moglie: «Non siamo mai stati una famiglia patriarcale, non è quello che abbiamo insegnato a nostro figlio. Anzi, parlavamo spesso in casa di questi temi, soprattutto quando i ragazzi partecipavano agli eventi organizzati dalla scuola. Ora, non sappiamo darci una spiegazione». Non riesce ad accettare che ci possa essere alla base dell’omicidio una forma di maschilismo: «Parlano di possesso, incapacità di accettare che lei fosse più brava di lui. Non è assolutamente niente di tutto questo». Nicola è convinto che non ci siano state avvisaglie di un comportamento violento, ricorda la tristezza del figlio. La madre Elisabetta lo aveva indirizzato verso lo psicologo dell’università. Un testimone, raggiunto dalla trasmissione Chi l’ha visto?, descrive un ragazzo cambiato nell’ultimo anno: «Sfogava la rabbia con gli oggetti», spiega mostrando all’inviata della trasmissione Rai la fontana del paese vandalizzata da Filippo, dopo una lite con Giulia. La causa dell’allontanamento della ragazza sarebbe da individuare proprio in questi atteggiamenti, al tempo sottovalutati. «Erano piccoli danni – continua l’uomo – abbiamo fatto sempre denuncia contro terzi, ma finiva lì». 

Il 29 novembre, Nicola ed Elisabetta scelgono di non vedere Filippo, chiedendo invece supporto psicologico. Il pensiero va anche al figlio minore Andrea, chiuso nella solitudine della sua stanza, additato sui social come “il fratello del mostro”. Il 3 dicembre, a mezzogiorno, i genitori sono pronti a varcare i cancelli del carcere veronese di Montorio e dopo le perquisizioni, incontrano Filippo nella sala dei colloqui. I presenti parlano di un lungo abbraccio, seguito da un pianto, testimoniato dai fazzoletti accartocciati sul tavolo. Dopo il colloquio le uscite della famiglia Turetta si diradano. Gli ultimi contatti telefonici sono con il parroco della chiesa di Torreglia, don Franco Marin, a cui il 4 dicembre, alla vigilia del funerale di Giulia, Nicola ed Elisabetta hanno confidato il rammarico di non poter partecipare alle esequie, sperando di trovare conforto nel silenzio. In paese c’è comunque affetto, ed è don Franco a ricordare la solidarietà per i Turetta, «Le persone spesso mi chiedono di far arrivare le loro parole. Io giro i messaggi sul telefono dei genitori, ma da giorni non ricevo risposta. Ci sarà un momento in cui i concittadini potranno fare qualcosa, ora possono solo pregare».