Esclusiva

Dicembre 24 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 30 2023
Italia record nel riciclo dei rifiuti, ma la strada è ancora lunga

I numeri sono in crescita e la cultura sta cambiando, ma per costruire una vera economia circolare rimane molto da fare

Secondo il rapporto “il Riciclo in Italia” per il 2023, il nostro paese è tra i più efficienti in Europa nel recupero dei rifiuti urbani. I dati raccolti dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che ha coordinato la ricerca, mostrano un tasso del 72%, contro una media europea del 58%.

Numeri che ritraggono un’Italia molto diversa da quella dell’emergenza perenne dei rifiuti di Roma, della terra dei fuochi, delle discariche abusive in mano alle mafie. «Abbiamo un’eccellenza dovuta alla buona organizzazione dei consorzi, che da più di trent’anni fanno un lavoro capillare anche con grandi campagne di sensibilizzazione». A parlare è Emanuele Bompan, geografo e giornalista ambientale che si occupa di innovazione e cambiamenti climatici. Autore di libri come “Che cosa è l’economia circolare” (ed. Ambiente, 2017), Bompan esprime il suo punto di vista sul sistema di riciclo in Italia: «Il decreto Ronchi (la legge del 1997 che ha regolamentato lo smaltimento dei rifiuti, ndr.) è stato un passaggio fondamentale per accelerare il progresso. Facciamo meglio della Grecia, della Spagna, e per alcune cose anche della Germania».

Questi risultati, però, sono accompagnati da problemi a cui il nostro paese fatica a rispondere in modo adeguato. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e gli sprechi del sistema idrico, ad esempio, l’Italia è tutt’altro che un’eccellenza. «Il riciclo funziona perché è stato costruito un meccanismo economico che fa da leva: prima ancora che il prodotto diventi un rifiuto esistono le risorse per poterlo riciclare, quindi il contesto è favorevole» – spiega Bompan – «Per altri problemi non ci sono gli incentivi adatti a favorire un processo ambientale. Tasse, accise e contributi sono fondamentali per accelerare il processo di transizione, ma sono poco usati nel nostro paese».

Secondo il geologo, gli elementi cruciali di un sistema circolare sono tre: una diffusa cultura del rispetto dell’ambiente, delle strutture di raccolta efficienti e impianti adeguati. Sulla raccolta e gli impianti, dal decreto Ronchi in poi l’Italia ha fatto bene, e grazie al Pnrr negli ultimi anni sono state colmate alcune carenze strutturali soprattutto nel sud. «Regioni come la Campania hanno avuto una crescita molto importante nella raccolta differenziata». Anche dal punto di vista culturale, l’attenzione a questo tema è molto cresciuta, tanto che, secondo il rapporto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, gli italiani sono al pari dei tedeschi per il recupero di imballaggi, con 160 kg all’anno per individuo.

«Per quanto riguarda i rifiuti urbani i livelli sono buoni, ma in Germania si fa molto riuso, cosa che da noi non avviene. Se parliamo di economia circolare integrale in Italia c’è ancora parecchio da fare», avverte Bompan. Ci sono poi alcuni problemi che persistono anche in un sistema collaudato: «Nella gestione degli scarti esistono tuttora sacche di illegalità e inefficienza. Inoltre, sul taglio dei consumi e sulla riduzione della produzione di rifiuti siamo molto indietro, senza contare che quasi il venti percento dei rifiuti viene ancora avviato in discarica».

Per una vera svolta bisogna sviluppare alcuni elementi chiave della green economy come sistemi di sharing e mezzi pubblici. «Se consideriamo un’accezione vecchia di economia circolare, che considera solo il riciclo, siamo bravissimi; secondo un’accezione più moderna la strada è ancora lunga».

L’autore sottolinea inoltre l’importanza strategica di un salto di qualità verso un modello circolare: «È fondamentale per un paese privo di materie prime che importa praticamente tutto. Ad esempio, i RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono un tema fondamentale per l’Italia, e su questo tipo di scarti siamo molto scarsi. In generale il tasso di riciclo di tutti i rifiuti è intorno al 55%, ben lontano dall’80-90% che dovrebbe esserci. Abbiamo messo una buona base ma adesso è il momento di pensare in scala più ampia».