Esclusiva

Dicembre 28 2023
Quando il Natale diventa un incubo: vivere con un Dca

La sfida delle vacanze natalizie per chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare: le frasi da evitare e cosa si può fare per offrire supporto e mettere a proprio agio

«Sarebbe bello se ogni tanto la gente si facesse i piatti propri». Così esordisce Gaia* mentre parla dei disturbi del comportamento alimentare (Dca) durante il periodo natalizio. Lei ha un Dca e, da quando si è presentato il primo episodio critico, le vacanze di Natale non sono state più le stesse. «Non riesco più a godermi un pranzo o una cena natalizia da 6 anni. Mi fermo sempre, ancor prima di essere sazia, perché so che se succede poi vado nel panico e vorrei evitare di ricadere nei comportamenti compensatori». Per comportamenti compensatori o di compensazione, si intendono le azioni messe in pratica da chi soffre di un Dca, con lo scopo di controllare il proprio aspetto corporeo. I più comuni sono il vomito autoindotto, l’esercizio fisico eccessivo e l’abuso di diuretici e lassativi.

Le festività sono un periodo di sfida per le persone che convivono con un Dca, che affrontano con difficoltà i momenti principali dei giorni di vacanza. Infatti, la felicità e l’entusiasmo legati ai cenoni di Natale con parenti e amici, sono sostituiti da ansia e panico per la quantità di cibo che sarà presente sulle tavole imbandite e dalla sensazione di inadeguatezza a seguito di commenti inappropriati da parte dei familiari.

«Molto spesso a Natale scappano dei commenti su quanto si mangia. Faccio un esempio: le persone dicono ‘ah mamma mia quanto ho mangiato oggi, da domani digiuno’, oppure ‘da gennaio ci iscriviamo in palestra’. C’è quel senso di colpa comune, parte della cultura in cui siamo immersi, che dà molta importanza all’immagine corporea. Questo esprimere ad alta voce le proprie sensazioni può innescare molti sensi di colpa in chi soffre di un disturbo alimentare», afferma Giuseppe Magistrale, psicoterapeuta e fondatore della struttura Centro Dca a Bari, specializzata nella cura multidisciplinare di persone che soffrono di disturbi alimentari come anoressia, bulimia e disturbo da binge eating.

Magistrale spiega che gli ostacoli che deve superare una persona affetta da Dca durante le feste sono di vario tipo. Primo fra tutti l’abbondanza di cibo e il pensiero di dover gestire il proprio rapporto con quest’ultimo. Infatti, si tratta di patologie che hanno a che fare con la necessità di moderare ciò che si ingerisce, con il fine di esercitare un controllo sul proprio aspetto.

«Durante le feste c’è sicuramente una maggior esposizione a cibi più elaborati e ricchi di quelli che si consumano nel quotidiano e sono alimenti spesso etichettati come ‘non sani’, ‘troppo calorici’, o addirittura ‘che fanno ingrassare’. Per una persona che soffre di Dca affrontare tali cibi è molto complicato», dice Sara Lalletti, dietista esperta in Dca. «Direi che un altro motivo per cui le feste possono rappresentare un problema è che, in tali occasioni, si tende a vestirsi in maniera diversa dal quotidiano, ad esempio più elegante o sgargiante. La scelta degli indumenti è un momento di confronto col proprio corpo, con cui solitamente si ha difficoltà a rapportarsi», aggiunge Lalletti.

Un fattore di cui nessuno parla è il periodo che precede le vacanze di Natale. «Le settimane prima non riesci a pensare ad altro che al cibo che ci sarà su quella tavola imbandita. Io per esempio ho passato le ultime 3 settimane a pesarmi tutti i giorni, perché volevo scendere di peso prima di rischiare di riprenderlo di nuovo durante le feste. Diventa un pensiero fisso, non lo fai neanche apposta. Ma la fobia di prendere peso è sempre lì», confessa Gaia.

Ma in che modo chi vive accanto a persone affette da un Dca può aiutarle ad affrontare questo periodo in modo migliore? «Eviterei qualsiasi commento sul corpo, perché questa è una cosa che genera vergogna o fraintendimenti», dice Magistrale. Secondo lo psicoterapeuta, un modo per offrire supporto è concordare il menù insieme, oppure organizzare delle attività che non riguardino il cibo, ma che si concentrino sulle relazioni umane. Lalletti suggerisce anche di parlare in anticipo con gli altri commensali e chiedere loro di non aprire discorsi riguardo cibo, diete e calorie, oppure di cercare di gestire i commenti inopportuni. Gaia conferma: «Molte volte anche evitare di parlare di ricette è meglio. Nei Dca ci sono i ‘fear foods’, ovvero cibi che fanno davvero paura per la quantità di grassi o calorie che contengono. A me terrorizza il burro, se so che un qualcosa lo contiene alla fine lo evito».

Gaia afferma che molte persone presenti nella sua vita pensano ancora che i Dca non siano una vera e propria malattia. «Soprattutto nonni e nonne, ma anche i genitori…vengono da un’altra epoca e sono convinti che sia una specie di scelta. Avere un disturbo alimentare non è una scelta, è una malattia mentale, e soprattutto non va di pari passo con il peso. Al contrario di tante altre patologie, non sempre sono visibili dall’esterno e dall’aspetto fisico, come spesso si crede», conclude.

*Il nome presente in questo articolo è fittizio per ragioni di privacy