Il 26 dicembre si è spento all’età di 72 anni il professore Mario Capasso. «La papirologia è la scienza che sostanzialmente decifra e studia i testi greci e latini pervenuti su papiro, su legno, su frammenti di ceramica e, in senso più lato, su pergamena», così Capasso ha scritto all’inizio di Introduzione alla Papirologia, il manuale che chiunque si sia avvicinato alla materia negli ultimi decenni ha conosciuto.
Professore Emerito di Papirologia all’Università del Salento, presidente del Consiglio Didattico di Lettere, direttore del restauro dei Papiri dell’Università di Oxford, del Museo Egizio del Cairo dell’Università di Ayn Shams, del Museo Archeologico di Bologna, dell’Università di Liegi, Belgio, e della Charta Borgiana (il primo papiro greco che in epoca moderna è pervenuto in Italia dall’Egitto) del Museo Archeologico di Napoli. Pubblicata nel 1887 dal paleografo danese Niels Iversen Schow, la Charta sancisce la nascita “ufficiale” della Papirologia.
Dei venticinque anni di lavoro insieme, la professoressa Natascia Pellé, docente di Filologia Classica all’Università del Salento, ricorda un preciso momento del restauro di questo papiro, chiamato da Capasso “mummia umana”: «Per me era un reperto di straordinario valore storico-artistico, da trattare con tutte le cure che si devono a un oggetto custodito in un museo, mentre per lui sembrava fosse qualcosa di più. Lo vedeva come il possibile personaggio di un racconto e si divertiva ad organizzare intorno a lui la trama di un’avventura di cui non aveva ancora ben chiari i particolari pur immaginandola nelle linee generali». Nel dicembre 2010 quel papiro divenne uno dei personaggi più inquietanti del suo primo romanzo “Il dr. Cavendish e la mummia del Museo Orientale”: il protagonista è processato in tribunale per le scorribande nelle necropoli egizie davanti ad una giuria composta di mummie.
La professoressa Pellé afferma che «Più volte in passato mi sono chiesta se l’eccezionalità del professore Capasso, studioso di riconosciuta acribia e fine scrittore di romanzi, non risiedesse proprio nella sua capacità, più unica che rara, di coniugare doti che generalmente vengono considerate agli antipodi: un estremo rigore scientifico e un’immaginazione straordinaria. E se passo in rassegna i suoi progetti più riusciti me ne convinco sempre più: ognuno è stato dapprima concepito da una fantasia senza limiti e poi realizzato con rigore e pazienza».
Allievo della Scuola napoletana di Marcello Gigante, è diventato uno dei massimi esperti dei papiri di Ercolano, nei pressi del Vesuvio, scrivendo l’unico manuale al mondo di papirologia ercolanese. Carbonizzati a causa dell’eruzione del 79 d.C., questi papiri sono, insieme a quelli di Pompei e di Oplontis, attuale Torre Annunziata, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Ha insegnato Papirologia a Napoli all’Università Federico II e all’Orientale, a Foggia e poi a Lecce, dove ha fondato il Museo papirologico e il centro di Studi papirologici.
Dal 2007 ricopriva l’incarico di presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Cultura Classica, ma elencare gli innumerevoli encomi, titoli e lavori permette di guardare lo studioso, non l’uomo. «Appena ho appreso della sua scomparsa ho aperto il quaderno con gli appunti delle lezioni del professore: la prima cosa che ho visto è stato il suo numero di telefono. Era la prima lezione del secondo semestre, secondo anno di triennale in Lettere Classiche. Capasso ci ha dato il numero di telefono personale dicendo che avremmo potuto chiamarlo in qualsiasi momento e per qualunque motivo», racconta accorato un ex alunno del professore davanti all’Obelisco di Lecce, vicino la sede dell’Università, guardando Porta Napoli.
Estremo difensore dell’antico, aveva una conoscenza capillare di tutto ciò che afferiva al suo campo di studi. Difendeva il foglio del papiro indicandolo come il più longevo strumento scrittorio della storia dell’uomo: è stato utilizzato per 41 secoli. La tecnologia progredisce: oggi si usano i supporti digitali, ma Capasso, capace di un linguaggio aulico e, allo stesso tempo, di uno colloquiale, ma sempre chiaro ed efficace, commentava che tecnologie sempre più nuove avrebbero reso obsolete quelle oggi considerate insuperabili, ma che un papiro avrebbe funzionato anche senza corrente elettrica, uno strumento digitale no. «Per un papiro, al massimo, servono gli occhiali» si legge dagli appunti che l’ex studente ha annotato.
Spinto sempre da uno spirito critico e, pertanto, non conservatore, aveva una capacità fuori dall’ordinario nell’utilizzo del computer: l’evoluzione della scienza papirologica è stata parallela, del resto, allo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche. Davide, ex-studente di Capasso, ricorda come le lezioni di Fondamenti di Filologia Classica e di Papirologia siano state le prime seguite a distanza per la pandemia: «A quasi 70 anni era, in realtà, molto più esperto di noi nell’interagire con le piattaforme digitali. Quando mia madre ha saputo della sua morte mi ha chiesto se fosse quel professore con le iniziali cucite sulla cravatta che aveva intravisto dallo schermo anni fa: la sua eleganza sia nelle aule universitarie sia in videolezione non passava inosservata, come la sua gentile disponibilità. Non potrò mai dimenticare che, finiti i corsi del secondo anno, gli avevo scritto una mail per avere alcune delucidazioni. Il professore mi ha chiamato il giorno dopo, di sabato pomeriggio, fuori dall’orario di ricevimento, chiarendomi ogni dubbio al telefono per un’ora e mezza. La sua passione per l’insegnamento era pari a quella per la ricerca: ciò stimolava una grande motivazione in me e nei colleghi, proprio quando ne avevamo più bisogno. Incide davvero nella vita delle persone chi insegna così».
La professoressa Beatrice Stasi, ordinario di Critica Letteraria e Letteratura comparata all’Università del Salento parla di Capasso in questo modo: «Quando l’ho conosciuto meglio, ho compreso che era l’uomo, e non solo lo studioso, quello che aveva tanto da insegnarmi. Scrivergli o telefonargli era, per me come per altri colleghi, un riflesso condizionato di fronte a ogni problema, o dubbio, o anche semplice novità che richiedesse una riflessione, un consiglio e le sue parole, con maieutica discrezione, riuscivano sempre a illuminare una possibile soluzione. Questo non potremo più farlo, purtroppo, ma l’eco della sua voce e della sua lezione riuscirà a farsi riconoscere e ascoltare comunque. Come per tutti i veri Maestri».
«Mirare in alto con la fantasia e poi impegnarsi con rigore a realizzare ciò che si è immaginato» è l’insegnamento fondamentale di Mario Capasso, riconosce la professoressa Pellé. Un uomo che ha dedicato la sua vita alla cultura classica e, ricercando exempla tra scavi archeologici e libri polverosi, è divenuto egli stesso un modello.