Esclusiva

Gennaio 22 2024
22 atenei cattolici per pochi studenti, il Papa: «Sono troppi»

Bergoglio ha chiesto unità contro la dispersione dei sedicimila iscritti, circa settecento per istituto, in calo dalla pandemia

Entrando nella Pontificia Università Antonianum, si è sorvegliati a vista dalla miniatura di Sant’Antonio che sovrasta l’ingresso. I corridoi sono deserti e affacciano su una seconda statua del patrono di Padova, al centro della corte interna. Non si vedono studenti, solo qualche frate tra aule e portineria. Un destino condiviso da tanti dei ventidue atenei ecclesiastici di Roma, che contano meno di sedicimila iscritti, in media settecento per istituto. Adesso, Papa Francesco vuole ridurli.

Lunedì 15 gennaio, il Santo Padre ha ricevuto i membri dello Studium Biblicum Franciscanum, per celebrare il centenario dell’istituzione archeologica di Gerusalemme. Lodando i Frati Minori in Terra Santa, ha sottolineato: «Ci sono troppe università ecclesiastiche a Roma. Voi dovete fare qualche forma di unità. Mettetevi d’accordo, parlate». 

Il Papa ha rimarcato quanto già scritto nella costituzione apostolica Veritatis gaudium del 2018, documento che richiamava il «vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici» a convergere verso il «principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere». Il testo citava le parole di Benedetto XVI, che nell’enciclica Caritas Veritate del 2009 aveva denunciato la «mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa»

Dietro al registro elevato della costituzione apostolica, si nasconde un problema di gestione aziendale. «Le università pontificie sono troppe e non hanno continuità di studi», spiega la vaticanista Cristiana Caricato di TV2000, rete della Conferenza Episcopale Italiana, «il Papa vuole creare un’entità unica, per permettere agli iscritti di passare da un ateneo all’altro. L’obiettivo non è unire i saperi, ma ottimizzare le risorse».

Ogni istituto ha punti di forza differenti: ad esempio la Gregoriana, fondata nel 1551 dal capostipite della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola, è specializzata in studi teologici, mentre la Salesiana in comunicazione sociale. I piani didattici però si sovrappongono, entrando in competizione. «Se alle classi di diritto canonico dei francescani partecipano venti studenti, e lo stesso accade alla Lateranense o all’Opus Dei, non è meglio fare un solo corso?», si domanda Vania De Luca, presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana. 

Accorpare le facoltà non è semplice. «Ognuna ha la propria storia e discende da un ordine religioso», ricorda De Luca, «non è facile dire a gesuiti e salesiani di fondere le loro istituzioni». Resta però un passo importante contro lo spreco di fondi e il calo di iscritti degli ultimi anni, accentuato dalla pandemia. «Il Pontefice invita le università a non fare tutte le stesse cose. Il messaggio è: “Specializzatevi!”», conclude la presidente dell’UCSI.

Alcune amministrazioni hanno mosso i primi passi. «Da tempo noi francescani lavoriamo a unificare gli atenei», racconta Maurizio Erasmi, ordinario di teologia morale all’Accademia Alfonsiana. «A Roma vengono professori e studenti da tutto il mondo cattolico», ricorda il sacerdote, «per questo bisogna evitare la dispersione. Non significa eliminare le differenze, ma accorpare ciò che è comune per esaltare ciò che è specifico».

Dal 2015, esiste il progetto per una Pontificia Università Francescana a Roma, che aggreghi l’Antonianum dei Frati Minori e la Facoltà Teologica San Bonaventura dei Conventuali, con l’appoggio di Cappuccini e Terz’Ordine. Dall’inizio del suo mandato, Bergoglio aveva esortato le quattro famiglie a «creare una comunione». Già il 4 ottobre 2013, nella sua prima visita ad Assisi, il Santo Padre aveva scherzato all’incontro con i ministri generali: «Ma allora esiste anche un ecumenismo francescano!».

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