Esclusiva

Febbraio 20 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 23 2024
Fiori a Milano: «Noi identificati senza motivo»

Dopo le polemiche di questi giorni, le manifestazioni in ricordo del dissidente russo continuano in tutta Italia

Nel pomeriggio di domenica 18 febbraio, un piccolo gruppo di persone si è riunito nel giardino Anna Politkovskaja, a Milano, per rendere omaggio al dissidente russo Alexei Navalny, ucciso due giorni prima. L’iniziativa, promossa dall’associazione Annaviva, che da anni si batte per la libertà d’espressione nell’Europa dell’est, prevedeva la deposizione di fiori per l’oppositore di Putin scomparso, ed era stata comunicata in via informale attraverso il gruppo Facebook dell’organizzazione.

Arrivati sul luogo, tre agenti della Digos in borghese hanno avvicinato gli attivisti chiedendo loro di mostrare i documenti e fornire l’indirizzo di residenza. La richiesta ha sorpreso i partecipanti alla commemorazione che, come precisato da Annaviva sui social, era assolutamente pacifica e coinvolgeva un numero molto limitato di persone. Dopo quanto accaduto due mesi fa a Marco Vizzardelli, lo spettatore alla prima della Scala che era stato identificato dalla polizia per aver urlato “Viva l’Italia antifascista”, un nuovo intervento della Digos scatena il dibattito.

Il senatore del Partito Democratico (PD) Filippo Sensi, a poche ore dall’accaduto, ha annunciato su X un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dichiarando: «Chiederemo conto di che paese siamo». Piantedosi ha replicato alle polemiche dicendo che la polizia non sapeva di che manifestazione si trattasse, e ha dunque agito in modo legittimo, senza limitare in alcun modo la libertà personale.

Le giustificazioni del ministro non hanno però convinto Marina Davydova, portavoce dell’associazione Annaviva, che ribatte: «Noi non abbiamo avvisato le autorità perché la nostra non era una manifestazione, ma soltanto un incontro tra poche persone che volevano ricordare Navalny. Gli agenti erano già sul posto in attesa, appena siamo arrivati hanno iniziato a chiedere i documenti e sono rimasti tutto il tempo. La domanda è perché? Cosa potevamo fare di così grave?».

Nataly Rigvava, amministratrice del gruppo Comunità dei russi liberi, che nel giorno della morte dell’attivista russo ha organizzato una manifestazione di cordoglio, ritiene inaccettabile il comportamento della polizia: «Quello che è successo è ingiusto. L’iniziativa di Annaviva non era niente di pericoloso, i manifestanti si sono riuniti in un luogo pubblico come può fare chiunque per qualsiasi occasione».

Un episodio simile ha coinvolto anche la Comunità dei russi liberi: «Ieri due nostre attiviste sono andate davanti al consolato russo per deporre un mazzo di fiori su una panchina lì di fronte – racconta Nataly – la polizia ha detto che non si poteva lasciare nessun oggetto perché c’era il rischio di provocare conflitti diplomatici. Anche questa, secondo me, è un’assurdità, lo potrei capire se fossimo in Russia, ma siamo in Italia, un paese libero e democratico».

Elena Kostioukovitch, autrice e traduttrice che da molti anni vive a Milano e ha partecipato alla prima manifestazione del 16 febbraio in piazza dei Mercanti, sottolinea l’impatto che la morte di Navalny ha avuto sull’opinione pubblica: «Non esiste una comunità russa compatta all’estero, il fatto che molti si siano riuniti è significativo. Questa tragedia è stato un segnale per l’azione che mancava e finalmente è arrivato. C’è stato un impulso morale molto importante».

Nella serata di lunedì 19 febbraio è prevista un’altra iniziativa della Comunità dei russi liberi insieme all’associazione Ponte Atlantico, per mantenere viva l’attenzione su questo tema. «Sono stati giorni intensi e pieni di dolore – continua Nataly Rigvava – rispetto al passato c’è stata una grande partecipazione anche da parte della politica. Spero che la morte di Navalny cambi davvero qualcosa, non può continuare così».

Anche Marina Davydova, insieme ad altri attivisti dell’associazione Annaviva, il giorno dopo alla commemorazione che ha scatenato le polemiche è tornata al giardino Politkovskaja. «Oggi non si sono presentati agenti della Digos, comunque io prima di venire ho inviato una email alla questura, non si sa mai», scherza Marina. «C’erano tanti giornalisti, il che mi ha fatto molto piacere, abbiamo fatto un po’ di rumore».

Parlando della scomparsa del principale oppositore di Putin, la conversazione torna seria: «Per noi è morta la speranza in qualcosa di migliore. Un ultimo spiraglio è sua moglie Yulia, che continuerà la battaglia di Alexei, lei è una tosta e io la appoggio in tutto e per tutto. In Russia però è difficile, la gente ha paura ed è una paura fondata: in alcune città non puoi nemmeno uscire di casa con dei fiori perché vieni arrestato».

Al di là della querelle sull’episodio delle identificazioni da parte della polizia, per l’attivista dell’associazione Annaviva rimane il messaggio più importante di tutti: «Navalny è più forte di Putin anche da morto. È un eroe dei nostri tempi. Oggi abbiamo capito che non possiamo stare zitti, e forse dovevamo farlo prima».