Esclusiva

Febbraio 23 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 28 2024
A Gaza la guerra si combatte negli ospedali

Da mesi uno dei fronti della guerra tra Israele e Hamas sono gli ospedali. Ma ormai sono pochi quelli funzionanti, tutti a Sud

 «Si sentono le urla dei bambini doloranti, curati senza antidolorifici, vogliono le loro madri, ma non ci sono più. Sono state uccise dalle bombe». Queste le parole contenute in un messaggio inviato da un medico inglese di stanza a Gaza ad Angelo Stefanini, medico e responsabile dell’OMS di Striscia di Gaza e Cisgiordania nel 2002.

 «Anche prima della guerra il sistema sanitario di Gaza versava in condizioni precarie, ma adesso la situazione è apocalittica», afferma Stefanini che ogni giorno parla con i suoi colleghi sul campo a Rafah.  «Prima del sette ottobre i problemi erano perlopiù esterni. Per via dell’embargo – spiega Stefanini – l’ingresso di medicinali e attrezzature era contingentato e a partire dal 2007 i medici locali hanno smesso di ricevere una formazione costante, hanno avuto sempre più difficoltà a uscire e questo non ha consentito loro di partecipare a conferenze e rimanere aggiornati».

La risposta di Israele al massacro del sette ottobre ha aggravato una situazione già critica. A partire dal diciotto ottobre, quando è stato colpito Al-Ahli, il primo grande ospedale, i bombardamenti sono continuati senza sosta. 

I dati rilasciati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) attestano che fino alla prima metà di gennaio sono state colpite trecentosei strutture ospedaliere, con seicentododici persone uccise al loro interno e sessantacinque medici arrestati.

Il quindici febbraio l’esercito israeliano ha fatto un’incursione nell’ospedale Nasser, l’ultimo grande centro sanitario rimasto, bombardando il reparto pediatrico e causando quindici morti. «Le strutture sanitarie vengono smantellate una ad una in questa guerra. Anche se inizialmente era stato detto ai civili che potevano rimanere all’interno, il personale medico e i pazienti sono stati messi in pericolo in un luogo in cui avrebbero dovuto essere protetti. Siamo indignati per il pesante prezzo che hanno dovuto pagare», ha dichiarato Guillemette Thomas, coordinatrice medica di MSF per la Palestina.

L’IDF ha motivato l’azione sostenendo di aver progettato la missione con attenzione per renderla il meno invasiva possibile. L’obiettivo dichiarato era il ritrovamento dei corpi di alcuni ostaggi che si pensava fossero conservati lì. Il corpo militare di Israele ha dichiarato di aver arrestato centinaia di “terroristi” e di aver trovato armi e medicine destinate agli ostaggi israeliani e trattenute da Hamas. Quattro giorni dopo, il ventuno febbraio, il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che l’ospedale Nasser non fosse più in funzione. Gli operatori sanitari dell’OMS presenti in loco sono riusciti a evacuare tredici feriti gravi, trasferendoli nei pochi ospedali circostanti ancora in funzione.

Nel sud della striscia, sono pochi gli ospedali che al momento possono garantire assistenza e servizi sanitari, non abbastanza per soddisfare tutte le richieste.

A Rafah l’ospedale El Emirati – dove opera Medici Senza Frontiere – è l’unico adoperato per far partorire le donne incinte. La struttura è molto piccola: prima ospitava appena dodici letti, nell’ultima settimana ne sono stati aggiunti altri otto per garantire a più persone il servizio. Molte donne sono comunque costrette a partorire fuori, in tende di plastica o edifici pubblici. «Senza forniture a sufficienza e troppi pazienti, il sistema sanitario è sotto pressione e le madri vengono necessariamente dimesse solo poche ore dopo aver partorito», spiega Rita Botelho da Costa, responsabile delle attività di ostetricia di MSF a Gaza.

Il ventidue febbraio Christopher Lockyear, il segretario di Medici senza Frontiere, ricevuto in udienza alle Nazioni Unite, ha mostrato le foto degli ospedali ridotti in briciole di polvere domandando un cessate il fuoco immediato. Tutto mentre a Gaza la guerra tra Hamas e Israele continua e si combatte tra i corpi dei pazienti, a colpi di cannone sugli ospedali.

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