Esclusiva

Febbraio 23 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Un cuore gialloblù sul petto, la resistenza vola sui pattini

Gli atleti ucraini combattono per la libertà del loro Paese regalando al pubblico performance piene di pathos

Una macchia di sangue sulla camicia, proprio vicino al cuore. Una mano sugli occhi, perché l’orrore sembra non avere fine. Tutt’intorno il vuoto, gelido e indifferente. Agli ultimi Campionati Europei di Pattinaggio di figura, Ivan Shmuratko è solo, in mezzo alla pista, in attesa di iniziare il suo programma libero. Anche se sono passati quasi due anni dall’inizio dell’invasione russa, il giovane pattinatore ucraino continua a ricordare al pubblico il dramma che il suo Paese sta vivendo.

Lo aveva fatto anche ai Mondiali di Montpellier del 2022 quando, a poche settimane dall’inizio di quella che Putin aveva soprannominato “Operazione speciale”, era sceso in pista con un cuore giallo e blu appuntato sul petto e negli occhi lo shock per una violenza insensata e anacronistica. Per una volta la gara era rimasta ai margini e dagli spalti si era alzata una marea di bandiere ucraine, a stringere l’atleta in un abbraccio pieno di sgomento. Solo per essere lì con loro. Solo per essere ancora vivo.

Ma Shmuratko non è stato l’unico pattinatore ucraino a manifestare dolore e rabbia. Anche Oleksandra Nazarova e Maksym Nikitin, coppia della Danza, erano presenti a Montpellier. Anche per loro nessun costume ricercato ma solo una semplice mise da allenamento gialla e blu. Il loro programma corto è stato come un pugno nello stomaco. La grazia dei loro movimenti si è caricata di significati inusitati grazie alla musica triste di 1944, canzone sulla deportazione dei Tartari dalla Crimea voluta da Stalin, e a quella di Oi u luzi chervona kalyna, vecchia marcia patriottica ucraina. Poi, a metà gara si sono ritirati. Dopo una fuga precipitosa da Kharkhiv, una delle città più bombardate dai russi, e un messaggio accorato pubblicato sui social, danzare su una musica allegra era diventato impossibile per loro. Troppi profughi. Troppi morti innocenti.  

Il bisogno urgente di fare qualcosa per il proprio Paese non ha travolto solo le nuove generazioni. A poche settimane dall’invasione Oksana Bajul, ex pattinatrice ucraina e campionessa olimpica residente da anni negli Stati Uniti, ha rilasciato un’intervista in cui ha manifestato lo sconcerto non solo dei connazionali che vivono all’estero ma anche della comunità russa, con la quale quella ucraina ha sempre avuto dei forti legami. E, a proposito degli sportivi rimasti in patria a combattere, ha affermato: «We will burn ourselves to save the others».  

Il sostegno all’Ucraina da parte del mondo dello sport si è subito fatto sentire attraverso la decisione del Comitato Olimpico Internazionale e dell’International Skating Union di bandire tutti gli atleti russi e bielorussi dalle competizioni di short track, pattinaggio di velocità e di figura. Una scelta che è stata condivisa da molte altre federazioni sportive e che, in questo caso particolare, voleva colpire la Russia nel suo orgoglio. Negli ultimi trent’anni molti dei suoi pattinatori hanno occupato di frequente i gradini più alti del podio e hanno innovato le varie specialità, sfidando la fisica e spingendosi oltre limiti mai violati in precedenza. Evgenij Plushenko e Aleksej Jagudin sono stati fra i primi a proporre combinazioni di salti quadrupli e tripli e, più recentemente, Alexandra Trusova, Anna Shcherbakova e Kamila Valieva hanno suscitato ammirazione e invidia in tutto il mondo per essere state le prime giovani donne ad atterrare diversi tipi di salti quadrupli in una competizione.

Atleti che sono subito diventati il simbolo del talento russo, ma anche uno strumento nelle mani del potere, che li ha usati e li usa ancora oggi senza alcuno scrupolo. Com’è noto, Il legame fra sport e politica non è nuovo. La guerra fredda fra Urss e Usa si è combattuta anche a suon di record e medaglie. Tuttavia, in questo caso gli atleti più forti, pro o contro l’Operazione speciale di Putin, rimangono i più danneggiati. Senza partecipare alle competizioni internazionali, vitali per ogni pattinatore di alto livello, la loro carriera si è ridotta ad una serie di gare casalinghe lontano dai riflettori.

Ci sono, però, molti altri atleti russi meno noti che, dopo il bando del Cio e dell’Isu, hanno iniziato a gareggiare per altri Paesi, scatenando lo sdegno degli ucraini. In un’intervista rilasciata ad Eurosport poco dopo l’invasione, Alyona Savchenko, campionessa plurimedagliata che ha sempre gareggiato per la Germania, si è espressa a favore della punizione dei pattinatori russi: «Penso anche che dovrebbe succedere di più. Il fatto che le persone continuino a festeggiare e ridere lì è semplicemente indescrivibile». Allo stesso tempo, ha messo in dubbio l’efficacia di queste misure: «Eravamo amici di molti atleti russi e lo siamo ancora. Ma tutta questa situazione sta alimentando l’odio fra le persone, anche se non lo vorremmo». E, guardando ad un futuro fosco e incerto, ha concluso: «Inoltre, non sappiamo che fare perché le cose migliorino. O se miglioreranno davvero. I boicottaggi sono giusti, ma resta discutibile se portino davvero qualcosa». 

Le scuole di pattinaggio russe sono da molti decenni centri rinomati che hanno attirato atleti provenienti dalle ex repubbliche sovietiche e non solo. Spesso i pattinatori ucraini si sono allenati in questi luoghi e hanno stretto amicizia con i loro avversari. Ecco perché la rabbia che hanno provato dopo il 24 febbraio del ’22 è stata difficile da dimenticare. Soprattutto adesso che nell’Isu si comincia a parlare di riammettere i russi alle competizioni, nonostante la guerra sia ancora in corso. Lo dimostra l’episodio della giovane coppia ucraina formata da Sierova e Khobta che, arrivata seconda alle finali del Junior Grand Prix 2023, si è rifiutata di stringere la mano ai vincitori, Metelkina e Berulava, di origine russa ma in gara per la Georgia. 

Sono storie di atleti che, come molti prima di loro, hanno trasformato le vittorie in occasioni preziose per rivendicare diritti fondamentali. Lo sport non è mai solo una questione di prestazioni, ma di vita, di sogni, di libertà.

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