Esclusiva

Marzo 22 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 15 2024
Artificial Hell, tra letteratura e algoritmi

Opere su grandi pannelli espositivi su stampa fine-art, altre visibili con un carosello di immagini digitali e attraverso sequenze animate

La forza evocatrice della poesia cede lo scettro creativo all’intelligenza artificiale. Al Museo Maxxi di Roma, è stata realizzata la prima rappresentazione di un’opera letteraria attraverso le immagini create dall’Intelligenza artificiale. Artificial Hell è il nome che l’artista Riccardo Boccuzzi ha dato all’incontro tra la cantica dell’Inferno di Dante Alighieri e gli algoritmi di software come Midjourney, HeyGen e Sound AI. «Ho unito la meraviglia della poesia e la grande bellezza della matematica: nasco sceneggiatore, in particolare come scenarista per i videogames. Arte e tecnologia sono il mio pane quotidiano», spiega l’artista.

Il risultato è centosessantuno opere, di cui ventuno sottoforma di grandi pannelli espositivi su stampa fine-art, a getto d’inchiostro, le restanti sono visibili con un carosello di immagini digitali e attraverso sequenze animate. Dopo sessantasei giorni di lavoro, più di diecimila immagini e altrettanti prompt, i comandi da dare all’AI, Riccardo ricorda: «All’inizio ero euforico, poi passate due settimane ho iniziato a vedere i mostri perché ero davanti al computer per venti ore al giorno e le immagini erano tutte dark».

Ispirandosi al pittore e incisore francese del XIX secolo Gustave Doré, anch’egli curatore di alcune illustrazioni della Divina Commedia, Boccuzzi ha voluto allinearsi all’immaginario gotico, non quello medievale, ma il gotic-fantasy del secondo Ottocento: la macchina non consentiva di andare più indietro nel tempo. L’artista spiega l’alto numero di prompt utilizzati dicendo che «l’AI attinge i dati dall’etere: questi cambiano in maniera continua e, anche usando i comandi precedenti non ottenevo la stessa resa». La realizzazione del trittico raffigurante l’arcangelo Gabriele, che nel IX canto apre a Virgilio e a Dante le porte della città di Dite, è costata molta fatica perché «l’algoritmo non ha il senso della narrazione: ho dovuto realizzare tre tavole separatamente».

Il bianco candido delle pareti mette in risalto i colori cupi delle tele. Subito si trovano il leone, il lupo e la lonza, le tre fiere che fanno tentennare un Dante ancora incerto sul suo cammino, ma ecco che arriva colui che per lungo silenzio parea fioco, il poeta latino Virgilio, mandatogli in soccorso dall’amata Beatrice. Il grande lavoro di Riccardo stava per finire prima di iniziare: nell’Antinferno, dove sono collocati gli ignavi, non riusciva a far rappresentare all’AI il sangue che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto: la parola rientra in quel linguaggio turpe che la macchina non accetta e che impone di cambiare pena la sospensione dell’account. Riccardo ha quindi scritto “acqua infuocata” usando un codice pantone per modificare il colore e renderlo quanto più simile possibile a quello del sangue.

Superando un ingresso che simboleggia quello dell’Inferno, appaiono in successione gli abitanti dell’oltretomba costretti a orrendi castighi: gli avari e i prodighi, gli accidiosi sommersi nello Stige, fiume in cui la ninfa Teti ha immerso, tenendolo per il tallone, il figlio Achille per rendergli l’immortalità, gli ipocriti, gli indovini, i traditori della patria. Tutte queste opere sono realizzate con l’AI: «Nessuna immagine è stata ritoccata, infatti, hanno alcune piccole imperfezioni che ho voluto lasciare per non perdere il concetto di fondo dell’esposizione», commenta Boccuzzi.

Nell’illustrazione di Doré, Paolo e Francesca sono nudi, ma questa parola non può essere utilizzata dal software. «Ho dovuto trasformare il senso che Dante voleva ottenere dei due amanti in balia del vortice che attanaglia chi è preso dalla passione con una rappresentazione più astratta», commenta Riccardo che, scrivendo “due amanti, fatti di acqua infuocata, nel mezzo di un tornado cercano di accarezzarsi dolcemente” è riuscito ad ingannare l’AI.

Ulisse, il consigliere fraudolento, è l’opera simbolo della mostra: con alcuni stratagemmi lessicali Riccardo Boccuzzi ha aggirato i limiti che gli algoritmi imponevano, come un novello Odisseo che supera a bordo della nave le colonne d’Ercole, il limite del mondo allora conosciuto. Il visitatore, contemplando il corpo avvolto in fiamme perenni del figlio di Laerte, sente rimbombare il monito: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.