Esclusiva

Marzo 30 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Il maestro del riso e del pianto. Puccini cento anni dopo

«Siamo tutti pucciniani senza saperlo», la sua musica è ancora un punto fermo nei cartelloni dei teatri di tutto il mondo

«Devi piangere quando vuole lui e devi ridere quando vuole lui. Non c’è scampo! Le sue opere sono come una specie di pianta carnivora che ti avvolge piano piano. Dopo un po’ sei in balia di Puccini. Non c’è niente da fare!» spiega Michele Dall’Ongaro, compositore, musicologo e Presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. «La capacità di dominare le emozioni di chi ascolta è una delle sue caratteristiche principali. Se lui decide che a partire da quella battuta devi cominciare a piangere, lo farai. E questo vale per tutti, nessuno escluso», ribadisce con la passione di chi è stato conquistato e ha capito nel profondo la musica di Giacomo Puccini. A cento anni dalla sua morte, presso l’Auditorium Parco della Musica, Dall’Ongaro lo omaggia con un ciclo di conferenze che guidano il grande pubblico all’ascolto delle sue opere. 

«Non era uno studente brillantissimo, rubava le canne degli organi e le rivendeva per comprarsi sigarette e altre cose da condividere con i suoi compagni» continua il presidente raccontando i suoi esordi. «Ha rischiato di essere espulso da tutto, ma aveva un grande talento, una madre che lo ha molto aiutato e un ambiente che credeva in lui». Un concetto quest’ultimo, di cui il musicologo sottolinea l’importanza più volte: «La sua grande fortuna è stata di incontrare sulla sua strada Giulio Ricordi». Nella seconda metà dell’Ottocento gli editori musicali erano come i produttori cinematografici di oggi. Si contendevano gli artisti anche con mezzi non del tutto leali. E Ricordi, secondo alcuni, ha fatto perdere di proposito un concorso al giovane Puccini pur di accaparrarselo. Se lo avesse vinto, sarebbe entrato nel libro paga del suo rivale, l’editore Edoardo Sonzogno. «Invece è stato lui a produrgli la sua prima opera, Le Villi, che è andata benino, e poi Edgar, che è stata un fiasco», spiega Dall’Ongaro. «A quel punto, il consiglio di amministrazione avrebbe voluto cacciare il giovane compositore, ma Ricordi ha continuato a finanziarlo, minacciando di andar via lui stesso se i soci non avessero appoggiato la sua decisione». Il successo clamoroso di Manon Lescaut, terza opera di Puccini, gli darà poi ragione, e segnerà l’inizio della strepitosa carriera dell’artista.

Mai sazio di emozioni, il compositore lucchese ha vissuto rincorrendo le proprie passioni: le amicizie con persone semplici, la caccia, le donne – molte sono state le relazioni adulterine – il fumo che lo ha portato alla tomba con un cancro alla gola, e poi la musica, in cui ha trasferito tutta la sua intensità. È lui a scegliere i soggetti delle opere più famose, storie piene di violenza, ardore e sensualità, talvolta scabrose e brutali. Ed è lui a rincorrere e braccare gli autori perché gli concedessero i diritti, come è accaduto allo statunitense David Belasco. «Puccini assiste ad una tragedia su una geisha giapponese, Madama Butterfly, che viene sedotta e abbandonata da un soldato americano» racconta Dall’Ongaro, «e pur non capendo una parola d’inglese, viene subito conquistato da quella carica drammatica che smuove i suoi umori profondi. Concluso lo spettacolo, si precipita da Belasco che in seguito scriverà: “Come si fa a resistere ad un italiano in lacrime che ti mette le mani al collo?”».

Uno dei segreti che ha reso le opere di Puccini tanto popolari è la perfetta compenetrazione fra parole e musica, raggiunta grazie alla preziosa collaborazione di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, entrambi librettisti e drammaturghi che Ricordi stesso affianca al suo pupillo. «Il primo scriveva il trattamento, trasformandolo poi in un soggetto che oggi definiremmo cinematografico, con atti e scene ben costruite. Giacosa invece metteva tutto in versi» spiega il compositore. Al loro talento per la scrittura si univa quello di Puccini nel creare melodie indimenticabili, un’abilità che perfeziona traendo ispirazione sia da Verdi che da Wagner. Grazie alla sinergia fra queste tre menti, soprannominate dall’editore milanese “la santissima trinità”, nascono opere in cui l’elemento patetico, drammatico e comico sono sempre mescolati con sopraffina bravura.  

Negli ultimi tempi si è diffusa negli ambienti culturali anglosassoni una certa ostilità verso Puccini, considerato misogino perché ha scelto di mettere in scena storie in cui le figure femminili subiscono un destino terribile. Ma Dell’Ongaro su questo argomento è netto: «Penso che si debba andare molto cauti nel rimaneggiare i classici. Non mi sembra che ci aiuti a capire il passato, a comprendere il presente o a organizzare il futuro. Puccini era un uomo del suo tempo, maschilista e donnaiolo. Questo però non deve influenzare il nostro modo di vedere l’artista che è in lui». E, a proposito dei personaggi che mette in scena, precisa: «Lui dà spazio a un nuovo tipo di donna che non era ancora stata raccontata nel teatro: forte, decisa, fa quello che vuole e riesce ad essere padrona del suo destino». Si pensi a Minnie, la protagonista di La Fanciulla del West, l’unica donna a dirigere un saloon, circondata da 80 ceffi che tiene sempre in pugno; a Tosca, che resiste alla violenza di Scarpia e lo ammazza pur di salvare il suo amato, o a Madama Butterfly, che alla fine decide di suicidarsi per sua libera scelta e non per sacrificarsi; senza dimenticare Turandot, che gli uomini li uccide prima che le si possano avvicinare. «Perciò è sbagliato appiccicare etichette facili al teatro di Puccini, che invece è davvero molto complesso» conclude Dall’Ongaro.

Lavoratore accanito, intransigente e ambizioso, il compositore lucchese si è tenuto aggiornato sulle nuove tendenze musicali, soprattutto nell’ultima parte della sua vita, in cui ha sperimentato molto. Dopo aver raggiunto una fama mondiale, era terrorizzato dalla possibilità di essere oscurato da nuovi talenti. La sua eredità, però, è stata raccolta da molti dei suoi successori, da Stravinskij a Nino Rota, e ancora oggi, le sue opere toccano l’anima e il cuore di milioni di persone. «Tutta la cultura si è impregnata di Puccini, alta, bassa e in ogni angolo del mondo» afferma Dall’Ongaro. «Siamo tutti pucciniani, anche senza saperlo». 

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