«La guerra in corso non riguarda solo il popolo ucraino ma riguarda tutti noi», è la premessa con cui si è aperto il dibattito “Il Nemico dell’Europa. Come Putin inquina la democrazia”, organizzato dall’associazione “EuropaNow”. Un incontro sull’attacco che, come afferma Eri Jozsef, corrispondente in Italia per il giornale francese “Libération” ed esperto di geopolitica, «non risale a due anni fa, ma a una decina, con l’aggressione in Crimea».
Presente anche Jacopo Iacoboni, giornalista de La Stampa e autore del libro “Il Tesoro di Putin”: «La questione russa è centrale per tutte le democrazie europee» – ha affermato il cronista, che parla di un filo rosso tra economia e politica destinato ad arrivare sempre al Cremlino. – Già nel 2014, attraverso l’osservazione di alcuni partiti nazionali, ho visto che emergevano legami con figure russe». Vicende apparentemente sconnesse tra loro e che oggi, invece, ricollega ad un quadro preciso: «Ricordo il caso della privatizzazione di una tranche di azioni del colosso sovietico dell’energia. Tra i documenti spuntò il nome di una famosa banca del nostro Paese per una larga parte del prestito», ricorda Iacoboni, «Lì ho iniziato a capire che la Russia lavora con delle reti forti anche qui».
Davanti agli occhi attenti degli ascoltatori in sala, il giornalista spiega come il presidente russo porti avanti una battaglia tanto pericolosa quanto intelligente, manipolando le percezioni dei Paesi europei: «Stanno creando una guerra cognitiva, parallela a quella fatta con missili e invasioni», dice. Il riferimento è ai movimenti pacifisti che, a causa della politica putiniana, secondo Iacoboni sono stati «dirottati su malintesi che fanno coincidere la pace con la resa dell’Ucraina».
Ad intervenire al dibattito, con un’esperienza personale legata allo scoppio del conflitto, è il senatore e vicepresidente della Commissione diritti umani Filippo Sensi: «In quel periodo ero deputato al Consiglio d’Europa. All’inizio dell’anno avviene sempre la riconferma delle credenziali per i Paesi che vi partecipano – spiega Sensi. – L’Ucraina in quel periodo aveva già sollevato la questione di un attacco imminente, eppure l’intenzione dei gruppi era quella di dare una riconferma alla Russia». Una situazione che il senatore definisce di «sonnambulismo collettivo», a fronte dell’evidenza di quanto stava per accadere. In questa cecità il reporter trova anche la responsabilità dell’Italia, per la scelta di considerare il Cremlino un alleato economico nel settore del gas, a discapito dei diritti umani: «L’élite italiana ha chiuso gli occhi sulle operazioni militari russe in territorio europeo che avvenivano dieci anni fa» – dice il giornalista ricordando gli avvelenamenti avvenuti nel Regno Unito da parte dei russi – «È servito il sangue degli ucraini per accorgersi che c’era già una guerra in corso».
«Nell’attuale quadro, quale effetto hanno le sanzioni dell’Unione Europa e come si potrebbero rinforzare?», è la domanda posta da Jozsef a Filippo Sensi. «Al di là dell’efficacia o meno, le sanzioni sono un modo per dire da che parte si sta» – afferma convinto il senatore, che aggiunge il punto di vista da parlamentare: «Mi preoccupa sentir parlare di “negoziato” da partiti come Lega o il Movimento Cinque Stelle. Dopo due anni di invasione ci vorrebbe una presa di posizione più forte. Non dobbiamo deflettere un attimo sul sostegno economico e militare all’Ucraina».
Se l’incontro è iniziato con una premessa, la chiusura arriva con una precisazione di Iacoboni: «Noi non siamo a favore degli ucraini perché siamo buoni. Noi siamo a difesa dell’Europa e, quindi, degli ucraini che stanno combattendo per difenderla».