Un marinaio guarda dritto davanti a sé, mani sui fianchi, mentre accoglie i visitatori di un posto immerso tutto nel blu. È la gigantografia di Corto Maltese, il celebre protagonista dei fumetti di Hugo Pratt, e si trova su una porta dietro al bancone. Sugli scaffali ci sono modellini di barche a vela, di fari in legno o in latta, a righe blu o rosse, e miniature di sirene sparse per tutto il negozio. Poi i libri su squali, conchiglie, isole, animali marini, pirati, avventure di grandi scrittori tra le onde. L’oceano prende vita tra le strade di Roma, a pochi passi dal Circo Massimo, grazie alla libreria Il Mare, fondata da Giulia D’Angelo, una delle prime donne subacquee italiane, e da anni guidata da Marco Firrao, suo figlio.
Sul loro sito, questo luogo viene definito come un emporio, «punto di riferimento unico per tutti gli amanti della nautica da diporto e da competizione, per i patiti dell’esplorazione sottomarina, in apnea e con le bombole». Per spiegare cosa si intende per “cultura del mare”, Marco prende spunto da Siamo figli dell’oceano di Michel Odent, medico francese, un libro uscito da poco: «Lui dice: “Noi ci chiamiamo terra, ma in realtà ci dovremmo chiamare oceano, perché il 70% della superficie terrestre è acqua e molto probabilmente il primo uomo ha preso nutrimento dalle rive marine, quindi è stato prima pescatore e poi cacciatore”. È un’idea di Odent, ma molto probabilmente è vera. Molte persone non si rendono conto di quante cose esistano, nel campo dell’editoria e non, che avvengono sul mare, per il mare, attraverso il mare».
Il negozio viene inaugurato nel 1975 a piazza Farnese: «Venti metri quadri di libreria tutta blu». Nel 1977, Giulia e Marco si trasferiscono a via Ripetta, poi in altri luoghi vicino Piazza del Popolo, per spostarsi definitivamente in via Leon Battista Alberti, due anni fa.
L’amore per l’oceano gli è stato trasmesso dal padre, Luigi Firrao detto “Zizzi”, subacqueo esperto, morto per un incidente durante un’immersione a Porto Ercole nel 1975. «Questo mondo ci è rimasto addosso per sempre, perché una volta che uno scopre il mare non lo abbandona più. Tutto ciò si è poi unito al grande trasporto che ho sempre avuto per i libri. A casa ho una biblioteca di quattro generazioni. Si parte dal ‘700, quindi è una cosa proprio di famiglia», svela il proprietario.
Folco Quilici, regista, fotografo e scrittore, è considerato dalla fondatrice il “custode” della libreria. «È stato un grande personaggio che ha scritto, filmato e raccontato di mare. Ci ha fatto amare e sognare la Polinesia nei suoi film. È diventato il padrino di questo luogo, perché io lo amavo, lo cercavo, mi aveva affascinato. Sono andata a parlare con lui per andare in Polinesia, sott’acqua, verso i primi anni ‘70. Poi ha iniziato a venire sempre da noi, perché io lo invitavo a presentare dei libri», dice Giulia.
La fondatrice ricorda il suo passato nel Partito Comunista Italiano (PCI) insieme al suo compagno “Zizzi” e le difficoltà incontrate per conciliare la loro passione per le immersioni con gli impegni politici. Racconta che furono radiati, perché cercavano di «stare sempre dalla parte degli studenti e degli operai» e concordavano con gli ideali del manifesto, quotidiano comunista fondato nel 1971 da un gruppo di intellettuali dissidenti del PCI, dove furono assunti poco dopo. «Eravamo degli scissionisti, rappresentavamo la sinistra del comunismo italiano in quel momento».
«Pietro Ingrao [leader della sinistra interna al partito, ndr] si rimangiò quello che aveva detto all’inizio e addirittura votò a favore della cacciata dei compagni del manifesto: Aldo Natoli, Luciana Castellina, Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri. Io avevo fatto una scommessa con Luciana e Valentino: “Vedrete che comunque cacceranno prima me e ‘Zizzi’ di voi”. Diciamo che la linea generale era farci mandare via, evitando di lasciare il PCI per decisione personale. Inutile dire che vinsi la scommessa e dovettero offrirci un pranzo», aggiunge lei sorridendo.
Giulia menziona anche un episodio che l’ha coinvolta quando già non faceva più parte del partito: «Mentre io lavoravo, l’8 marzo vennero dei colleghi del giornale a dirmi: “Stai su tutti i muri di Roma!”. In pratica il PCI aveva affisso un manifesto con una mia foto con su scritto “essere donna, essere comunista”. Peccato che mi avessero già cacciato da tempo».
L’immagine era stata scattata durante lo sciopero generale degli edili del 1969. Lei era scesa in piazza con una bandiera rossa a manifestare e incontrò un gruppo di sindacalisti dell’Emilia-Romagna, che gliela strapparono dalle mani per buttarla a terra. Questo perché era una protesta sindacale e, secondo loro, non si potevano portare simboli rossi. «Non c’erano neanche la falce e il martello del PCI», dice la fondatrice. Un fotografo la immortalò mentre, con la bandiera arrotolata intorno al corpo, aveva lo sguardo perso perché non trovava più i suoi compagni. «Questa fotografia è evidentemente piaciuta al Partito Comunista, che ha stampato il poster e lo ha attaccato ovunque. Avrei voluto fargli causa, ma naturalmente non l’ho fatto».
Il Mare di Giulia e Marco è spesso coinvolto in molti eventi culturali, organizzati all’interno o all’esterno del negozio. «Abbiamo fatto grandi cose, come per esempio una rassegna a Piazza del Popolo, Amor di mare, giocando sul fatto che Roma al contrario è “amor”. Abbiamo collaborato anche con l’imbarcazione del Consiglio Nazionale della Ricerca, la Bannock, che poi hanno demolito. Si trattava di una biblioteca navigante che ha girato tutta l’Italia», dice Marco.
«Più che una semplice libreria, noi abbiamo cercato di fare amare agli italiani il mare in tutti i modi e lo abbiamo fatto perché siamo appassionati, ci crediamo. La cultura è importante, senza non si fa niente», conclude la donna.