«L’idea di un’agenzia governativa è irriguardosa nei confronti dei tre magistrati della Covisoc, professionisti straordinari e super partes. Sto provando a parlare col Governo, mi dispiace che si stiano disperdendo energie, invece di concentrarsi su qualcosa che vale davvero» dice Gabriele Gravina, presidente della Federazione italiana giuoco calcio (Figc). Intervenuto stamattina a un convegno all’università di Firenze, il numero uno della Federcalcio ha commentato la proposta del ministro dello sport, Andrea Abodi, di istituire un’agenzia per la vigilanza economica e finanziaria delle società professionistiche di calcio e basket. Il nuovo ente governativo – trenta controllori con un mandato di quattro anni e costi di circa 2,5 milioni a stagione, che ricadrebbero sui club – sostituirebbe di fatto la Covisoc, una commissione tecnica indipendente ma interna alla Figc, e la Comtec, l’organo di controllo della pallacanestro.
La Lega Serie A considera la proposta di Abodi un tentativo di intromissione della politica in un settore che da tempo rivendica una maggiore autonomia, anche nei confronti degli organi federali. «Ci si accorge che la Covisoc non è più indipendente – continua Gravina – quando in realtà ha una funzione per legge: assicurare che una società parta e arrivi alla fine del campionato. Non ha poteri di incidere sul bilancio, ma garantisce l’equa competizione. In tutti questi anni c’è stato solo un caso di irregolarità, quello della Pro Piacenza». La bozza della norma ha carattere d’urgenza, ma «è soggetta a ulteriori contributi» come dichiarato da Abodi a Radio Anch’io Sport. Dura la risposta del presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), Giovanni Malagò, intervistato da Repubblica: «Ho seri dubbi che Uefa e Fifa accettino questa ingerenza della politica. Rischiamo una figuraccia mondiale». In una nota diffusa ieri pomeriggio, le venti squadre della A si sono dette contrarie alla proposta, ribadendo la volontà di una maggior libertà. Si è opposta anche la Figc di Gravina, che nell’assemblea straordinaria di ieri sera ha chiesto ad Abodi un confronto sul tema. Il ministro si è subito detto disponibile al summit, che si terrà entro lunedì, quando il decreto legge arriverà sul tavolo del Consiglio dei Ministri.
I problemi economici del pallone sono noti da tempo e acuiti dalla pandemia. Nelle ultime tre stagioni, i campionati professionistici nel nostro Paese hanno registrato perdite per 3,6 miliardi di euro. Il sistema non è sostenibile, perché i costi hanno superato i ricavi: secondo i dati del report Uefa 2023, a fronte di 2 miliardi e 400 milioni di incassi, la Serie A ha denunciato debiti per 3,31 miliardi. «Solo l’anno scorso abbiamo perso un miliardo e 400 milioni, tre milioni al giorno – precisa Gravina, che sottolinea la necessità di ripensare l’economia dell’intero settore – La sola crescita in termini percentuali non è la soluzione. Liberiamoci delle catene burocratiche, dei personalismi, delle tensioni fra le componenti. Se aumenti i ricavi ma non metti sotto controllo i costi, il problema non lo risolvi». Il riferimento è soprattutto alla spesa dei club in stipendi dei calciatori – nell’ultima stagione addirittura pari all’84% sul totale dei ricavi – e in intermediazioni, cioè i pagamenti agli agenti degli atleti, 257 milioni nel solo 2023.
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I conti non tornano, ma il presidente della Figc è convinto che il settore sia in grado di «risolvere i suoi problemi da solo». L’intromissione del Governo è vissuta come un affronto dalla Federazione, che durante l’emergenza sanitaria aveva chiesto aiuti economici, senza ottenerli: «Versiamo allo Stato 1,4 miliardi di euro all’anno – conclude Gravina – e riceviamo 978 milioni di contributi. Vuol dire che per ogni euro ottenuto, il calcio ne restituisce 19,7. Non chiediamo soldi a fondo perduto, ma è giusto pretendere pari dignità di altri comparti dell’economia. Non capisco perché nei meccanismi di tax credit che hanno aiutato altri ambiti dello spettacolo, come il cinema, non rientri questo sport, che produce cinque miliardi di euro ogni anno e non riceve nulla».
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