Esclusiva

Maggio 10 2024
Ogni sette maledetti minuti

Con questa frequenza uno statunitense perde la vita per overdose da fentanyl. La sostanza, adesso, minaccia l’Europa

In America circola una droga che uccide più giovani adulti dai 18 ai 45 anni degli incidenti stradali, dei tumori o delle malattie cardiovascolari. Non solo: tra le migliaia di vittime c’è anche chi a diciott’anni non è ancora arrivato e mai arriverà.

C’è Adrian Lopez, detto Pancho, appena quindicenne: il suo unico errore è quello di accettare una pasticca da sconosciuti a una festa in casa, quando è già ubriaco. Gli amici lo ricordano per il sorriso contagioso e il suo fare un po’ ingenuo.

C’è Jessica, 12 anni, ragazzina vivace, atletica e amante della pallavolo. A stroncarla è la sua prima e unica dose: non realizzerà mai il suo sogno di allenarsi con una squadra professionista e prepararsi per le Olimpiadi.

C’è Kristofer, un anno e undici mesi. Lo trovano senza vita, a dieci giorni dal suo secondo compleanno, con il volto e le labbra bluastri: la madre e il compagno stavano fumando fentanyl sul divano, a pochi metri da lui. Quarantotto ore più tardi sarebbero intervenuti i servizi sociali per portarlo via da quella casa, su segnalazione del padre biologico.

Tre delle centinaia di vittime cui la community Instagram fondata dall’attivista Jeremy Kelsay si sforza di dare un volto e un nome, dedicando a ognuna di queste un video-reel di un minuto, ultimo gesto d’amore da parte di amici e familiari. Il format è sempre lo stesso: una sequenza di foto e filmati di momenti felici, introdotta da un’amara intestazione, “dear fentanyl”, caro fentanyl. In chiusura l’emoji di un’aquila e la scritta “Forever”, seguita dagli anni che i giovani avevano al momento della morte. La pagina si chiama “Every 11 minutes”: il numero “undici” si basa su dati non aggiornati e sottostima la frequenza dei decessi.

Per uno statunitense perdere un amico o un familiare per overdose è un dramma comune. Un italiano, invece, fa fatica a rendersi conto dell’entità della tragedia. Scorrendo il feed della community non riusciamo a capacitarci di come molti adolescenti, bambini e persino neonati possano essere uccisi da una sostanza che a malapena conosciamo e di cui quasi nessuno aveva sentito parlare fino a qualche settimana fa, quando il governo Meloni ha lanciato un piano di prevenzione.

Il fentanyl appartiene alla classe degli oppioidi sintetici: è cioè un farmaco prodotto in laboratorio, ma con un meccanismo d’azione simile all’oppio e ai suoi derivati naturali. Impiegato come anestetico e analgesico nel trattamento del dolore cronico, è cinquanta volte più potente dell’eroina. Come questa, si associa a dipendenza e a rischio di overdose, con una dose letale di soli 2 mg (in foto: confronto tra fatal dose e una moneta).

Ogni sette maledetti minuti

Per avere un’immagine più chiara, basterebbe un chilogrammo di fentanyl per uccidere l’intero continente europeo. Negli Stati Uniti sono già centinaia di migliaia le vite spezzate negli ultimi dieci anni: più di 70.000 nel solo 2022.

Fentanyl

Nell’ignoranza dell’Europa, dall’altra parte dell’Oceano l’emergenza inizia già nel 2016, con l’avvio della quarta ondata dell’epidemia degli oppioidi. Nella storia recente degli USA ci sono dei precedenti: a metà anni novanta si assiste a un picco nel consumo di eroina ma, secondo i dati del Center for Disease Control and Prevention, è l’ossicodone il vero protagonista della prima ondata (1999-metà 2000).

Commercializzato sotto il nome di OxyContin dall’azienda farmaceutica Purdue Pharma, l’oppioide semisintetico prometteva gli stessi benefici della morfina, senza l’annesso rischio di dipendenza. Iniziò una massiccia campagna di marketing, con un esercito di giovani venditori e venditrici dispiegato in tutte le contee: l’obiettivo era convincere i medici a prescrivere il maggior numero di pillole possibile. In base alla quantità di ricette firmate, si offrivano anche premi e benefit di varia natura. Anni dopo si scoprì che la compagnia era al corrente dei pericoli della sostanza, ma insabbiò le evidenze per evitare uno scandalo. Nel 2007 la Purdue Pharma fu costretta a pagare una multa di 600 milioni di dollari per l’utilizzo di pratiche ingannevoli. La vicenda è diventata un caso mediatico, ben documentato dalla serie Netflix Painkiller.

Negli anni duemiladieci erano centinaia di migliaia gli americani dipendenti da oppioidi: terreno fertile per una seconda ondata guidata dall’eroina. È con il fentanyl, però, che la curva diventa un ripido piano inclinato: dopo una terza ondata sostenuta dal solo farmaco di prescrizione, arriva una quarta potentissima crisi, in cui l’attore principale è il mercato clandestino. I cartelli messicani iniziano a produrre la droga in quantità industriale e senza alcun rispetto delle dosi farmacologiche. Inondano gli Stati Uniti con pasticche contenenti più oppioide rispetto alla dose letale. Nell’ottica di diversificare e ampliare il mercato, cominciano, inoltre, a mescolare il fentanyl ad anfetamine e stimolanti, con effetti contraddittori e devastanti sull’apparato cardiocircolatorio.

Iniziano a delinearsi due profili di consumatori. Il prototipo classico è rappresentato dagli ex-eroinomani, che affollano i marciapiedi di Philadelphia, Los Angeles, San Francisco: per la loro postura e andatura ricordano degli zombies. Ci sono poi i cittadini comuni e dell’America bene: giovani e adolescenti che entrano in contatto con la sostanza in discoteca o nelle feste in casa. Per molti di loro è il primissimo approccio con il mondo della droga. C’è persino chi assume il fentanyl in modo inconsapevole, disciolto in un drink o tagliato con altre party drugs.

La rivista Rolling Stone ha definito l’epidemia degli oppioidi come «un problema unicamente americano». Sono diverse le possibili spiegazioni sul perché la crisi non si sia – ancora – replicata anche da noi in Europa: la lontananza geografica dai cartelli della droga, le regole più rigide in merito alla prescrizione medica, un diverso tessuto sociale ed economico. In base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i morti per overdose da fentanyl in Italia dal 2016 ad oggi sarebbero solo due.

Le cose potrebbero presto cambiare: il 12 marzo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha annunciato un piano di prevenzione per contrastare l’uso improprio dell’oppioide e il suo ingresso sul mercato nero. I servizi segreti avrebbero intercettato un interesse della ‘Ndrangheta per la sostanza. Da allora si sono moltiplicate le segnalazioni: il 24 marzo sul Giornale di Vicenza si parla di un aumento di overdosi sospette presso l’Ospedale San Bortolo, notizia presto smentita dal portavoce dell’Aulss 8. L’ufficio stampa dell’ISS conferma, invece, il ritrovamento di una dose di eroina tagliata con l’oppioide in provincia di Perugia: «È la prima volta che accade nei nostri laboratori di analisi».

La minaccia del fentanyl è molto più concreta di una scritta “POSITIVO” su un foglio bianco.

All’R5 di Tor Bella Monaca, centro nevralgico dello spaccio romano, bastano cinque secondi e 25 euro per comprare una pasticca in un anonimo blister rosso senza marchi. La droga che ha ucciso centinaia di migliaia di statunitensi è già qui, nelle periferie delle nostre città, e forse non siamo ancora abbastanza preparati per affrontarla.

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