Esclusiva

Maggio 16 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 17 2024
«Tra la vita e la morte», attentato al presidente Fico

Il premier slovacco è stato ferito all’addome da un pensionato filorusso con un passato da pacifista

Pochi sono i millisecondi che intercorrono tra la pressione sul grilletto e lo sparo del proiettile. Il primo ministro slovacco Robert Fico è stato ferito da un colpo di pistola all’addome e al braccio al termine di una riunione del governo nel primo pomeriggio di mercoledì 15 maggio a Handlova, duecento chilometri dalla capitale Bratislava. Un elicottero lo ha portato all’ospedale Roosevelt di Banska Bystrica, dove è al momento in gravi condizioni.

«È tra la vita e la morte», ha dichiarato il governo slovacco e ha inoltre accusato chi ha sparato di «un tentativo di omicidio»: è la prima volta che accade a un politico di alto livello dall’indipendenza dalla Repubblica Ceca nel 1993.

Juraj Cintula, slovacco di 71 anni, autista in pensione appassionato di poesia, incensurato, era in mezzo alla folla davanti al palazzo della riunione, avrebbe sparato cinque volte colpendolo tre, dopo aver urlato: «Robo vieni qui». Passanti e sicurezza lo hanno fermato. Su internet, circolano due video, in cui si vede sia l’arresto dell’attentatore sia Fico trasportato dalle guardie che non riesce ad alzare i piedi da terra per la ferita allo stomaco. Durante l’interrogatorio, viene fuori che la pistola era detenuta legalmente. Avrebbe dichiarato alle autorità: «L’ho fatto perché sono in disaccordo con le politiche del governo».

Secondo quanto riportato dalla testata locale Aktuality.sk, l’aggressore di Fico era scrittore e editorialista della pagina Facebook dell’organizzazione paramilitare slovacca filorussa Slovenskì branci, inattiva dal 2022: era contro «migranti e lo Stato. Aveva il compito di proteggere il Paese dall’Europa e dagli stranieri».

Primo ex-comunista a riprendere il potere nei Paesi del blocco sovietico, aveva fondato nel 1999 il partito socialdemocratico Smer basando l’azione di governo su una linea europeista per poi gettarsi dall’altra parte della barricata. Al quarto mandato da presidente, dopo aver detto in campagna elettorale di voler «la pace in Ucraina», Fico ha sposato il nazionalismo filorusso: schierato contro l’invio delle armi a Kiev e l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, populista, irreprensibile su immigrazione e diritti Lgbtq+. Vicino al presidente ungherese Viktor Orban e, per la proprietà transitiva, allo zar Putin si è schierato contro le sanzioni a Mosca e ha più volte criticato le politiche Ue per il sostegno all’Ucraina.

Sostenitore della democrazia illiberale, sta attuando una stretta contro Ong, stabilendo che dovranno rivelare le fonti di finanziamento se questo supera i cinquemila euro al mese, e una contro la stampa libera: ha presentato a fine aprile un disegno di legge per sostituire l’emittente radiotelevisiva pubblica Rtvs con una sotto il controllo governativo.

L’attentatore, ex pacifista, fondatore di un movimento contro la violenza, è stato a sua volta vittima di un’aggressione nel centro commerciale dove lavorava come addetto alla sicurezza: da quel momento, ha comprato la pistola. Il figlio ha parlato a Aktuality.sk: «Non ho assolutamente idea di cosa intendesse fare mio padre. Non ha votato per Fico. Forse c’è stato qualche cortocircuito, non lo so». Un amico e vicino di casa ha dichiarato: «Non volevo crederci anche quando c’erano le foto, ma erano di schiena, sono rimasto scioccato».

«Scioccato e inorridito dalla sparatoria», dice su X il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Attacco alla democrazia», sono le parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, mentre la presidente del consiglio Giorgia Meloni esprime «la più ferma condanna di ogni forma di violenza e attacco ai principi cardine della democrazia e delle libertà». Oltre a Putin, anche il presidente ucraino Zelensky ha condannato l’attacco: «La violenza non deve diventare la norma in nessun Paese». La vita umana conta più delle divisioni politiche.