Esclusiva

Maggio 20 2024
«Contro il regime l’ironia è un’arma», le reazioni dei dissidenti alla morte di Raisi

Le reazioni alla morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi e i nuovi scenari politici che si apriranno in questi mesi. L’intervista a Esmail Mohades

C’è chi mostra immagini di persone scese nelle strade a pregare e chi invece racconta di festeggiamenti con fuochi d’artificio. In un paese in cui la libertà di stampa non è garantita, è difficile capire il punto di confine tra la propaganda del regime e la verità dei fatti. Ciò che è sicuro è che la morte del presidente dell’Iran Ebrahim Raisi ha suscitato diverse reazioni e ha aperto la porta a nuovi possibili scenari. Insieme al presidente, tra i resti dell’elicottero sono stati ritrovati i corpi del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, del governatore della provincia dell’Azerbaigian Orientale Malek Rahmati e dell’ayatollah Mohammad Ali Ale-Hashem, rappresentate della Guida suprema Ali Khamenei, la massima autorità politica e religiosa. 

«Da quello che ho potuto vedere, in Iran hanno cominciato a festeggiare ancor prima che fosse ufficializzata la notizia» racconta Esmail Mohades, intellettuale e scrittore iraniano che nel 1980 ha deciso di trasferirsi in Italia e di non far più ritorno nella sua terra. I video dei fuochi d’artificio che circolando su X non lo sorprendono: «Il popolo non prova più nessuna simpatia per il regime, e questo era già chiaro con l’affluenza praticamente nulla nelle elezioni parlamentari lo scorso marzo». Tra i post che girano sulle reti social Esmail racconta di chi con sarcasmo ha proposto di nominare la giornata di ieri come la “giornata dell’elicottero”, o di chi scherzava sugli animali selvaggi presenti nelle montagne dove è avvenuto l’incidente in elicottero, che da oggi in poi dovranno “mangiare schifezze”. «In una dittatura feroce ed ermetica come quella iraniana – continua l’intellettuale iraniano – l’arma più naturale è l’ironia». 

Al di là delle reazioni, secondo Esmail la morte del presidente Raisi crea due grandi problemi al regime. Da una parte la questione dei meccanismi interni di potere: oltre alla situazione economica e alla crisi in Medio Oriente che gravano sul paese, bisognerà capire chi prenderà il posto dell’ex presidente. «Raisi era stato messo al potere per due caratteristiche fondamentali: era uno spietato sanguinario ed era estremamente obbediente a Khamenei». Secondo la costituzione, ora la Guida suprema dovrà scegliere se organizzare entro 50 giorni nuove elezioni o se decidere di nominare un successore senza ricorrere alle urne, dato il periodo storico di emergenza. Esmail crede sia improbabile che Khamenei decida di imporre la decisione dall’alto: «Una scelta del genere non verrebbe vista bene a livello internazionale e in ogni caso il presidente eletto sarebbe comunque scelto da Khamenei, e questo gli iraniani lo sanno». Una cosa certa è che, urne o meno, il requisito che verrà richiesto al successore non sarà la qualità ma un grado di obbedienza quantomeno pari a quello di Raisi ma anche una competenza maggiore nel sedare eventuali rivolte. 

L’altro grande problema che dovrà affrontare il regime e che Esmail segnala è il pericolo che i giovani iraniani, sulla scia delle rivolte represse col sangue nel 2022, possano prendere coraggio e aumentare le loro azioni di resistenza: «Questo potrebbe comportare lo scoppio di una nuova rivolta in Iran». Già in passato, le rivoluzioni del 2017 e del 2019 avevano scosso il regime, mettendo in luce il malcontento diffuso tra la popolazione. Quando Ebrahim Raisi è salito al potere nel 2021, la sua incapacità di gestire la situazione ha solo aggravato le tensioni. Ora che è morto, circolano voci secondo cui l’incidente in elicottero fosse dovuto al suo mancato allineamento con le aspettative di Khamenei, anche se Esmail le liquida come inaffidabili: «In un paese in cui la libertà di stampa è pari a zero è normale che circolino queste dicerie».