C’è un libro tra i candidati al Premio Strega 2024 che ha fatto sollevare i Fratelli d’Italia e la
roboante stampa di destra. I detrattori lo hanno bollato come «riduzionista» oltre che
«livoroso», con il senatore meloniano Raffaele Speranzon che ha accusato Valentina Mira, la
scrittrice, di considerare i militanti neo-fascisti «morti di serie B». Come se tra le pagine fosse
stato toccato un nervo scoperto. Di certo “Dalla stessa parte mi troverai”, questo il titolo
dell’opera, edita SEM, racconta di una vicenda di sangue delicata, che si consumò in via
Acca Larenzia durante i tumultuosi anni di piombo.
Il libro si apre con la descrizione della cerimonia nerissima che ogni 7 gennaio, tra
centinaia di saluti romani, si tiene di fronte all’ex sede del Movimento Sociale Italiano nel
quartiere Colli Albani di Roma e che nei mesi scorsi tanto ha riempito le pagine dei
giornali. Proprio lì, nel 1978, furono uccisi Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano
Recchioni, attivisti del Fronte della Gioventù, i primi due assassinati da un gruppo di estrema
sinistra denominato Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, che rivendicò le uccisioni,
l’ultimo dalle forze dell’ordine intervenute dopo le proteste.
Colli Albani è anche il quartiere in cui Valentina Mira è cresciuta, per molto tempo priva
degli strumenti adatti a comprendere ciò che aveva intorno: quel “presente” urlato al cielo,
i manifesti, l’enorme croce celtica dipinta sul marmo bianco di via Acca Larenzia. Lo
ammette pacifica, senza vergogne. Finché – per forza di cose – la “Storia” non si è
scontrata con la sua, piccola e devastante, vicenda personale, fino ad aprirle gli occhi.
Ancora oggi, rivela, la tormentano indicibili sensi di colpa per aver avuto una relazione con
un uomo fascista, che avrebbe dovuto lasciare molto prima, se solo avesse saputo
leggere la realtà. «Tartassa come se gli mancasse qualcosa dentro, come se dovesse mettere
delle bandierine, come dovesse dimostrare di essere un uomo, qualunque cosa significhi per un
fascista essere uomo», scrive Mira di quel fidanzato narcisista e prepotente.
In queste pagine intime e personali antifascismo e fascismo si trasformano in dinamiche di
coppia, in elementi fondanti della persona. Tanto che, nel domandarsi cosa l’abbia spinta
a scrivere, l’autrice parla di una «colpa da espiare», che è «il fascismo dentro e intorno a me».
«So che non sono l’unica, è per questo che scrivo – spiega – Per raccontare ciò che ho recuperato
più tardi, quando ho incrociato i libri giusti, le persone giuste. Persone come anticorpi. Persone
come Rossella».
La Rossella di cui Valentina Mira parla è Rossella Scarponi. Il cuore del libro è la vicenda sua e del
marito Mario Scrocca. L’autrice racconta ogni fase della loro storia d’amore: il primo incontro,
l’imbarazzo della conoscenza, i sogni di un futuro insieme in una Roma di «latte e sangue»,
incapace di dare senza togliere, soprattutto in quegli anni col fiato sospeso. In un’atmosfera da
film d’altri tempi, i dialoghi dei due innamorati fanno immergere il lettore in un contesto popolare,
grazie all’abilità di Mira nel costruire un linguaggio squisitamente romano, più vivo che mai. Come
quando Mario, imbarazzato, incontra Rossella per la seconda volta e le rivela: «Io in via Ripetta,
davanti a scuola tua, non c’ero venuto perché avevo paura di fa’ la figura der coj*ne».
Mario è un giovane infermiere dell’Alessandrino, un quartiere in cui manca tutto, persino i
marciapiedi, ed è da sempre impegnato in politica nella sinistra extra-parlamentare. Una politica
che per lui significa solidarietà, supporto dei più deboli, concretezza.
Anche Rossella è una militante di sinistra e vive a Garbatella. I due giovani decidono di fare un figlio, Tiziano, oggi attore. Ma Mario non potrà goderselo perché, a soli 27 anni, nel 1987, morirà in una cella del carcere
Regina Coeli di Roma. L’accusa: aver partecipato alle uccisioni di Francesco Ciavatta e Franco
Bigonzetti avvenute in via Acca Larenzia molti anni prima. Dopo due giorni di carcere, questa la
versione ufficiale, Mario si sarebbe ucciso. In una cella anti-impiccagione. Sulla dinamica della sua
morte non è mai stata fatta chiarezza, quel che è certo è che – con la strage di Acca Larenzia –
Mario non abbia mai avuto a che fare.
La cronaca degli eventi è febbrile. «La notte più notte di tutte», quella in cui Mario viene arrestato,
è un pugno allo stomaco di immagini: i due giovani genitori innamorati a letto, poi l’arrivo delle
guardie, mentre il bambino piccolo, ignaro, non sa di star per rimanere orfano di padre. Anche
Rossella, mentre guarda Mario che viene trascinato via dalla loro casa, non sa che di lì a poco
avrebbe perso per sempre l’amore della sua vita. Valentina Mira sembra impossessata da
un’urgenza narrativa in cui si mescolano la Storia, il rapporto di sorellanza con quella donna che
non si è mai arresa e la sua vicenda personale che, oltre all’ex fascista, include anche uno stupro.
C’è la rabbia per l’ oblio ingiusto che ha travolto Mario, la cui vicenda, in fondo, è ai più
sconosciuta. Un oblio che Rossella ben racconta in “Soli soli”, un libro il cui titolo riassume quel
senso di abbandono che dal giorno della morte di Mario non l’ha mai lasciata. Senza contare che,
oltre a Mario, per i fatti di Acca Larenzia morirà quella sera stessa del 1978 un altro giovane,
Roberto Scialabba, ucciso dai Nuclei Armati Rivoluzionari, anche lui per lo più dimenticato dalla
coscienza comune.
I toni di Mira si alzano soprattutto nei capitoli conclusivi, quando analizza il concetto di
“vittimismo”, una tecnica manipolativa ancora oggi molto utilizzata dalle destre-destre. La
scrittrice accenna alla strage di Bologna, dopo 44 anni ancora impunita, e alle accuse mosse ai
fascisti Francesca Mambro e al compagno “Giusva” Fioravanti, capaci in ogni caso di trasformarsi
da carnefici in vittime. Le considerazioni sulle differenze tra terrorismo rosso e nero si fanno a
questo punto perentorie: «Il primo – scrive Mira – nasce in risposta al secondo», ma soprattutto
quello di sinistra non ha mai avuto «la connivenza dello Stato». E ancora, in riferimento ai fascisti
di oggi e di ieri: «La loro tradizione è la menzogna. Il loro pensiero è vigliaccheria e mistificazione.
La loro azione è la forma più perversa di vittimismo». Niente sconti, niente giri di parole. Lo stile è
diretto e incalzante, come vuole esserlo il messaggio, i periodi sono brevi. Lasciare spazio a
fraintendimenti sarebbe imperdonabile. La rabbia è tangibile, a tratti al punto da sfociare in
parzialità, specie nelle pagine più intime.
Ma “Dalla stessa parte mi troverai” resta un libro necessario. Un’opera sul fascismo nostrano, su
come si perpetui in un eterno ritorno dell’uguale. Un libro su Acca Larenzia, sulle storie sanguinose
d’Italia, su Roma croce e delizia. Un libro che parla di amore, di lotta. E di Mario Scrocca, che
proprio non merita di essere dimenticato.
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