«“Chimera” è una parola con un duplice significato che la lega al film. Da un lato, è un animale sfuggente e non identificabile, composto da parti diverse: leone, capra, serpente. Dall’altro, rappresenta qualcosa che vogliamo, ma che non riusciamo a raggiungere. Per i tombaroli sono un sacco di soldi, per Arthur è un grande amore, per Italia è un altro futuro».
La regista Alice Rohrwacher presenta con queste parole il suo film “La chimera” durante gli incontri per la sessantaquattresima edizione del Premio Globo D’oro, organizzato nella sede della Stampa estera dentro le sale di Palazzo Grazioli a Roma.
La pellicola, uscita sul grande schermo il 23 novembre scorso, esplora l’incontro tra magia e realtà attraverso la storia di Arthur, un giovane archeologo inglese degli anni ‘80 che viene coinvolto in un pericoloso traffico illegale di reperti antichi. La straordinaria capacità di individuare dove si trovano le sepolture etrusche lo lega ai tombaroli, personaggi affascinanti e controversi che hanno popolato l’infanzia della regista nelle terre tra Umbria, Lazio e Toscana. Rohrwacher racconta: «Quando ero bambina, era comune incontrarli radunati davanti ai bar. ‘State attenti ai tombaroli’, si diceva, attribuendo loro un’aura maledetta. Questi uomini, di notte, aprivano i sepolcri per vendere gli oggetti ritrovati. La loro sventatezza, che sfidava sia la legge dei vivi che quella dei morti, mi ha sempre colpito».
Nel pensare alla trama, Alice si è chiesta come dal dopoguerra si sia originata la «febbre» di profanare i luoghi sacri: «Negli anni Ottanta, ricordati come l’epoca della “grande razzia”, una generazione di giovani, senza timore verso la storia e la memoria, vedeva tutto come merce. Questo materialismo dell’animo ci riguarda tutti» riflette.
L’opera mescola dolore, avventura, e umorismo, resistendo a qualsiasi categorizzazione: «Le scene – prosegue Rohrwacher – parlano di dolore, ma il film è buffo. C’è avventura, ma l’andamento scorre lento. È un dramma con sfumature di commedia. È come un tessuto, intrecciato con cura». Girato interamente su pellicola, “La chimera” sfrutta diversi formati (16mm, super 16mm e 35mm) per creare un’esperienza visiva tangibile: «Abbiamo scelto di usare più supporti e formati per un effetto sensoriale ed emotivo che permette di toccare le immagini» afferma la regista.
La scelta del cast è stata cruciale. L’attore britannico Josh O’Connor interpreta il protagonista: «Josh è arrivato come il destino. Cercavo un attore maturo, perché il dolore di Arthur non poteva essere compatibile con la giovinezza. È un uomo fuori dal tempo, straordinario e gentile. Isabella Rossellini interpreta Flora, mentre Carol Duarte, arrivata dal Brasile all’ultimo momento, incarna Italia, un personaggio che vuole trasformare il suo passato». Alba Rohrwacher, sorella di Alice, è Spartaco, un ricettatore di reperti archeologici.
All’inizio, “La chimera” non ha avuto successo con il debutto nelle sale, venendo ritirato rapidamente. Tuttavia, la domanda sui social è cresciuta, soprattutto tra i giovani. Ora il film è distribuito in oltre 40 paesi, ottenendo successo in luoghi come l’Australia e il Sud America: «Questa storia riguarda tutti – dice la regista – ed è bellissimo sapere che è stata apprezzata in tutto il mondo».
Il film ha una missione che Alice definisce «poetica e politica»: riuscire a rompere un processo di identificazione nel protagonista. «Non possiamo immedesimarci, ma provare comunque sentimenti verso chi percepiamo lontano dalla nostra identità » spiega. L’alternanza tra la fiaba e la realtà, tra passato e presente, è resa ancora più intensa dalla musica di Battiato, che accompagna le riprese completate in nove settimane tra Tarquinia, Civitavecchia e la Toscana. I costumi sono stati realizzati da Loredana Buscemi, che «ha associato ad ogni personaggio il suo colore». Questa scelta ha contribuito al simbolismo portato avanti in tutta la narrazione.
Alice Rohrwacher offre un’opera complessa e affascinante, che esplora temi di materialismo, storia e umanità attraverso la lente dei tombaroli e di un protagonista maschile unico. “La chimera” è un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, che invita lo spettatore a riflettere: «Quando pensiamo al futuro, dobbiamo immaginare che per altri sarà il passato. Le nostre azioni devono essere destinate a lasciare bellezza a coloro che verranno dopo di noi, non solo distruzione. Cosa cercheranno, altrimenti, gli archeologi del futuro?».
Leggi anche: “Io capitano” e l’epica omerica del viaggio