«La poesia fino ad ora non era stata inserita nella competizione perché non le davano alcuna speranza, neanche effimera», afferma Gianfranco Lauretano, poeta, fondatore e direttore della rivista Graphie, a proposito del Premio Strega Poesia giunto alla seconda edizione.
Dei centoquarantaquattro libri candidati, il comitato scientifico ha selezionato, a inizio aprile, i dodici tra cui poi la giuria, a ottobre, determinerà il vincitore. L’anno scorso ha vinto Vivian Lamarque con L’amore da vecchia. Case editrici, poeti e critici sono i protagonisti del Premio Strega Poesia, ma l’agone è veramente sulla letteratura?
Lauretano vede nella competizione un «evento mondano» e per un vero poeta «non è importante partecipare né non farlo perché lo Strega è solo un moltiplicatore di vendite». Ricorda come la direzione del premio si sia vantata che alcuni libri vincitori siano arrivati ad aumentare gli acquisti fino al +500% nelle librerie: il valore di un’opera d’arte può essere misurato col guadagno? Il risultato del genio poietico è atemporale: leggiamo tuttora il Cantico delle creature di San Francesco, La Gerusalemme Liberata di Tasso o L’Infinito di Leopardi.
Il professore di Letteratura italiana all’Università Svizzera di Losanna, Gianluigi Simonetti, ha scritto un libro, Caccia allo Strega, anatomia di un premio letterario, in cui ha letto e analizzato tutti i romanzi delle cinquine finali degli ultimi anni. A suo parere, nessuna di queste opere ha superato il tempo della premiazione: «I libri che vincono lo Strega sono fatti per essere letti, quelli della letteratura per essere ricordati, non dico in eterno, ma per un’epoca lunga perché si fanno portatori di ideali che valgono almeno per una generazione».
La funzione eternatrice della poesia, che Ugo Foscolo riconosce come primaria, è passata in secondo piano? Per tornare vendibile, la versificazione è andata incontro al gusto medio del pubblico? I filoni più apprezzati allo Strega sono due: il primo è un tipo di poesia-diario, dove i poeti scrivono idee del quotidiano, spesso autoreferenziali, che fanno capo al poeta e scrittore Maurizio Cucchi. L’altro, che ha un estimatore nel professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università Roma Tre Andrea Cortellessa, è quello sperimentale e accademico che gioca molto sulla parola rompendo schemi e sintassi. «I poeti che aderiscono a questi filoni non riconoscono la tradizione letteraria: c’è in atto una possibile cancellazione di ogni alone ermetico, perché le poesie approfondite necessitano di una lettura meditata». La caduta dei principi di autorità e di autorialità ha come conseguenza che ci si dimentica che un componimento poetico non venga fuori dal nulla, ma «nasca da un’esperienza».
Il Premio Strega probabilmente non rende giustizia alla letteratura, ma aver aggiunto una categoria che premiasse la poesia significa che l’arte di versificare è ancora, e si spera lo sarà a lungo, caratteristica prima dell’Italia che, come ricorda Lauretano, «prima di essere unita politicamente, è stata unita linguisticamente da Dante, Petrarca, Boccaccio».