Esclusiva

Giugno 10 2024
Diario Ucraino: il reportage di Tondo e Mamo

Le parole e le fotografie dei due reporter raccontano la cruda realtà dell’invasione russa

Il volto freddo e impassibile di Vladimir Putin in primo piano domina lo sfondo nero. La copertina di “Diario Ucraino” (Contrasto, collana In Parole) di Lorenzo Tondo e Alessio Mamo cattura subito l’attenzione. All’interno, però, molte altre fotografie immortalano i momenti più intensi di un paese devastato. Immagini potenti che introducono il tema del libro e trasmettono l’urgenza e la gravità della guerra.

Il 6 giugno, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, la presentazione del volume, un reportage di valore storico reso unico dalla bravura dei suoi autori e dalla completezza del loro lavoro arricchito di testimonianze.

«Scrivere questo libro mi ha aiutato a esorcizzare molte cose. Appuntare tutto ciò che avevo visto era necessario. Una volta tornato dal viaggio avevo i capitoli in testa», ha raccontato Lorenzo Tondo, giornalista del quotidiano britannico The Guardian vincitore del Premiolino 2024, il più prestigioso premio italiano dedicato all’informazione.

Immagini e parole per raccontare l’essenza di un conflitto che ha scosso il cuore dell’Europa. Il loro viaggio, iniziato poche ore dopo l’invasione russa in Ucraina, li ha portati a Kremenčuk, Kharkiv, Kherson, nel Donbass e Kyiv. Emergono con forza la sofferenza e la resilienza del popolo ucraino, in un quadro vivido e toccante della realtà. Come John Steinbeck e Robert Capa negli anni Cinquanta, Lorenzo Tondo, giornalista di The Guardian, e il fotografo Alessio Mamo hanno creato un equilibrio perfetto fra i loro mezzi espressivi.

Il libro vuole presentare al lettore non ciò che è sconosciuto, ma ciò che è già sotto i nostri occhi e rischia di essere ignorato. Tondo cita Alberto Moravia, che diceva che la guerra diventa un’abitudine, e che a cambiarci non sono gli eventi straordinari, ma l’assuefazione.

«Volevamo portare il lettore in prima linea, costringerlo a guardare in faccia una salma, una fossa comune, la povertà e la disperazione che avevamo documentato. Costringerlo ad aprire gli occhi», spiega.

L’introduzione scritta Roberto Saviano invita a non leggere in fretta il libro, ma a soffermarsi sulle fotografie e sulle parole: “Possono delle foto e delle parole portarci al fronte? Non solo, portano il fronte nei nostri luoghi».

«Oggi non c’è più interesse per quello che succede là», continua Tondo, «diventa solo una polemica politica nostra. Abbiamo dimenticato la dimensione della tragedia in corso».

«L’opinione pubblica è stanca della guerra», osserva Tondo, evidenziando come molti giornalisti abbiano lasciato l’Ucraina per seguire altre crisi e come l’interesse dei media e del pubblico sia diminuito. «Questo libro restituisce alla guerra e alla sua drammaticità il posto che dovrebbe avere nel dibattito pubblico, in modo efficace e senza retorica», ha detto Tondo, che ha poi sottolineato come le foto di Alessio Mamo non abbiano bisogno di spiegazioni: “Non c’è bisogno di spiegare, le foto rendono comprensibile un contesto che da sole non potrebbero offrire. Hanno soprattutto valore di testimonianza».

Tondo ha espresso anche preoccupazione per il futuro della Russia e le sue relazioni con l’Occidente: «Se la Russia non cambia e non diventa molto diversa da oggi, sarà difficile immaginare una convivenza con le democrazie ai propri confini. Fino a un cambio di paradigma politico, persisterà un clima di tensione e incomunicabilità, soprattutto se l’Ucraina diventerà una democrazia europea».

Ha parlato anche della disinformazione e propaganda del Cremlino: «Nonostante la repressione, una classe di giovani in Russia continua a fare informazione coraggiosa, spesso dall’estero. Non possiamo dimenticare questi giornalisti che hanno pagato con arresti, avvelenamenti e morti, come Anna Politkovskaja. La forza silenziosa del popolo russo non deve essere dimenticata: migliaia di attivisti rischiano ogni giorno per aiutare gli ucraini».

Riguardo alla vittoria del Premiolino, Tondo dice: «Soffro della sindrome dell’impostore, non ci credevo, pensavo fosse uno scherzo».