Esclusiva

Luglio 25 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Luglio 26 2024
Sulle orme di Van Gogh, il circuito ad Arles

“Nuit étoilée sur le Rhône” viene esposta per la prima volta nella città francese, che ospita da anni anche un percorso a tappe sui luoghi dipinti dal pittore olandese

«E poi è vero, noi possiamo far parlare solo i nostri quadri», scriveva il pittore post impressionista Vincent Van Gogh nella sua ultima lettera indirizzata al fratello Theo, il 27 luglio 1980 da Auvers-sur-Oise, poco prima di spararsi allo stomaco con una rivoltella in campagna. L’artista, infatti, aveva fatto della pittura non solo un hobby o un mestiere, ma uno stile di vita. Osservava la bellezza della natura che lo circondava, ne restava ammaliato e cercava di riprodurla attraverso le sue tele. Proprio per la sua fama, le sue opere sono esposte in vari musei in giro per il mondo, come al MoMA di New York o al Museo d’Orsay di Parigi. Dall’1 giugno al 25 agosto 2024, Nuit étoilée sur le Rhône (1888) torna – per la prima volta dalla sua creazione – ad Arles, a pochi metri dal luogo in cui è stato fatto, in una mostra alla Fondation Vincent Van Gogh dal nome Van Gogh et les étoiles. Il soggiorno nella piccola città al sud della Francia, iniziato a febbraio 1888, ha costituito per l’artista l’epoca più produttiva di dipinti e disegni: oltre trecento in quindici mesi.

La fondazione non è l’unico luogo che Arles dedica a Van Gogh. In giro per la città si possono trovare dei pannelli che rappresentano alcuni tra i suoi quadri più famosi, posizionati nei punti in cui si suppone che il pittore abbia appoggiato il cavalletto. Il percorso è diviso in diverse tappe e accompagna il visitatore negli angoli più amati dall’artista olandese.

«Nel mio quadro ho cercato di esprimere l’idea che il caffè è un posto dove ci si può rovinare, diventar pazzi, commettere dei crimini. Inoltre ho cercato di esprimere la potenza tenebrosa quasi di un mattatoio, con dei contrasti tra il rosa tenero e il rosso sangue». Così Van Gogh descrive la tela Terrasse du café le soir (Place du Forum), primo step del circuito.

«Il ponte di Trinquetaille con tutti questi gradini è una tela fatta da un mattino grigio, le pietre, l’asfalto, i ciottoli sono grigi, il cielo di un azzurro pallido, delle figurine colorate, un albero dal fogliame giallo» è il contenuto di una lettera, grazie a cui si visualizza il prossimo dipinto: L’escalier du pont de Trinquetaille.

Delle stelle brillano e si riflettono in un fiume. Sembra di vedere due barche ondeggiare, una coppia passeggiare sulla banchina e delle case in lontananza. Il tutto sullo sfondo di un intenso blu notte. Si parla di Nuit étoilée sur le Rhône, una tela ideata proprio sulla riva del Rodano.

Sulle orme di Van Gogh, il circuito ad Arles

«Oggi ho affittato l’ala destra di questa costruzione, che contiene quattro stanze o meglio due con due armadi. È gialla fuori, imbiancata all’interno, in pieno sole, l’ho affittata a 15 franchi al mese». Qui Van Gogh si riferisce all’abitazione a Place Lamartine, luogo in cui ha vissuto insieme al suo amico pittore Paul Gauguin, che ha rappresentato all’interno del quadro La maison jaune. Oggi la casa non esiste più, poiché venne bombardata durante la Seconda guerra mondiale.

«Ho visto dei combattimenti di tori nelle arene, o meglio simulazioni di combattimenti, dato che i tori erano numerosi, ma nessuno li combatteva. Solo la folla era magnifica, le grandi folle colorate, sovrapposte a due e tre piani di gradinate con l’effetto luce e ombra dell’immenso cerchio». Così si legge in un’altra lettera la descrizione dell’Anfiteatro della città. Il quadro si chiama: Les Arènes d’Arles.

Un vecchio mulino si erge su uno sfondo campestre. Un ruscello scorre alla base dell’opera e due contadini sono intenti a lavorare tra i campi. La maison de la Crau (L’ancien moulin) a Rue Mireille è la sesta tappa del percorso.

Sulle orme di Van Gogh, il circuito ad Arles

«Credo che ti piacerebbe la caduta delle foglie che ho realizzato. Si tratta di tronchi di pioppi lilla, tagliati dal telaio dove iniziano le foglie. Questi tronchi d’albero come pilastri costeggiano un vicolo dove a destra e a sinistra sono allineati antichi sepolcri romani di un lilla blu». Così il pittore scrive di Les Alyscamps, in cui illustra la necropoli dove furono seppelliti i primi vescovi della città.

L’entrée du jardin public à Arles è descritta così: «Non ho mai avuto una tale fortuna, qui la natura è straordinariamente bella. Non potrò mai dipingere così, ma tutto questo mi assorbe tanto da lasciarmi andare senza pensare a nessuna regola».

Jardin de l’hôpital en Arles, la penultima tappa, è il quadro in cui l’artista raffigura il cortile dell’antico ospedale dell’Hotel-Dieu. Qui fu ricoverato dopo essersi tagliato il lobo dell’orecchio sinistro nel dicembre 1888. «È una galleria ad arcate come gli edifici arabi. Davanti vi sono un giardino antico con uno stagno al centro e otto aiuole di fiori. Sotto la galleria degli aranci e degli oleandri. Quindi è un quadro pieno di fiori e di verde primaverile». Oggi questo posto si chiama Espace Van Gogh, uno spazio culturale rivolto agli appassionati del post impressionista.

L’ultimo step del circuito è Le pont de Langlois. Come sempre, spicca il contrasto tra i colori giallo e blu. Sullo sfondo si vede una carrozza passare su un ponte levatoio e poi lo sguardo si posa su delle lavandaie, intente a lavare i panni nel fiume.

Sulle orme di Van Gogh, il circuito ad Arles

«Now, I think I know what you tried to say to me/How you suffered for your sanity/How you tried to set them free/They would not listen, they’re not listening still/Perhaps they never will». («Ora, credo di sapere cosa hai cercato di dirmi/Come hai sofferto per la tua sanità mentale/Come hai cercato di liberarli/Non ascoltano, continuano a non ascoltare/Forse non lo faranno mai»). Così cantava il cantautore americano Don McLean nella sua canzone Vincent. Van Gogh, a suo discapito, ha sempre rappresentato il prototipo del genio incompreso, dell’artista “folle” e controcorrente per antonomasia. Ci vollero anni affinché le ricerche portassero i medici a pensare che il pittore potesse soffrire di una malattia mentale, come il disturbo bipolare o la personalità borderline. Tante sono state le ipotesi e poche le risposte certe. Quello che è sicuro è che nonostante il parere critico della società e delle persone che lo circondavano, Vincent Van Gogh non ha mai smesso di dipingere la realtà nell’unico modo che conosceva: attraverso pennellate di colori. «Mi sembra – scriveva dalla Provenza al fratello – che la notte sia più viva e piena di colori del giorno». Per lui esisteva solo l’arte che doveva arrivare dritta al cuore delle persone e denunciare le condizioni sociali delle classi considerate più deboli. Per comprenderlo fino in fondo e ripercorrere le sue orme, Arles e il percorso dedicato all’artista dei girasoli è un buon punto di partenza.