Nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, trecentonove persone sono morte nel terribile terremoto che ha colpito L’Aquila e i vicini comuni nelle Marche. Cosa sarebbe successo a quelle stesse persone se il sisma fosse stato predetto? È stata questa la domanda che l’Istituto di geofisica e vulcanologia (INGV) si è posto, così dal 2009 ha iniziato ad analizzare i moti sismici, a partire proprio da quello italiano, e ha sviluppato la tecnica inSar. Si tratta di un radar interferometrico ad apertura sintetica, ossia un radar che permette di misurare l’area interessata dall’evento sfruttando le interferenze tra più onde coerenti tra loro.
Sono le interazioni tra la litosfera (la parte più esterna della crosta terrestre) e la ionosfera (la parte più esterna dell’atmosfera) a fornire gli indizi per un possibile terremoto. Angelo De Santis, direttore di ricerca emerito presso l’INGV, ha spiegato a Zeta che «le anomalie registrate dai satelliti nella ionofera hanno la stessa progressione dei sismi nella litosfera». Predire non è così semplice. Non bastano queste rilevazioni e infatti non c’è stata alcuna comunicazione alla cittadinanza prima dei moti sismici di Amatrice, avvenuti tra il 2016 e il 2017, che hanno causato duecentonovantesi morti. Non solo, «più la magnitudo del sisma è elevata, più la sua predizione è imprecisa» ci rivela De Santis.
«Le nostre previsioni sono corrette all’ottanta percento, questo vuol dire che il tasso dei falsi allarmi è del trenta percento – continua il ricercatore – la discrepanza tra i numeri c’è perché non si sbaglia solo quando si dice ci sarà un terremoto che poi non avverrà, ma anche quando non ti accorgi che si sta preparando un sisma. Con questi numeri è troppo pericoloso divulgare le informazioni, c’è un rischio elevato di errori».
Per ora le imprecisioni sono inevitabili e derivano dal modus operandi degli stessi satelliti. Secondo De Sanctis gli errori ci sono perché questi «non passano sempre sopra la terra al momento giusto. Sorvolano uno stesso punto in due casi ogni 24 ore, una volta nel momento diurno e una in quello notturno, i dati della prima rilevazione potrebbero essere di scarsa utilità perché meno chiari».
Le rilevazioni di inSar però possono ancora essere utili, sia nel post-sisma per capire in quali zone è necessario prestare più soccorso, sia combinandole con l’intelligenza artificiale. «Se lo sviluppo tecnologico continua a tenere questo ritmo, tra quindici o vent’anni l’intelligenza artificiale potrebbe riuscire a ridurre l’errore al dieci percento e allora forse potremmo essere capaci di allertare quegli organismi che si occupano di sicurezza come la Protezione civile», conclude De Santis.
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