Roma, a pochi passi dal Pantheon, c’è un luogo che profuma di legna e ricordi, dove il tempo sembra essersi fermato. È il forno di Francesco Ceralli, quarta generazione di una famiglia di fornai, che ha deciso di portare nel cuore della Capitale una tradizione lunga oltre un secolo. «Questo forno è una promessa mantenuta», racconta Francesco. «Mia nonna, il cuore della nostra famiglia, sognava di aprire un forno a Roma, vicino al Pantheon. Gliel’avevo promesso, e anche se non c’è più, sento di averle regalato un pezzo di eternità».
La storia del forno Ceralli inizia a Frascati nel 1920, quando il bisnonno Eugenio avviò un’attività che sarebbe diventata un punto di riferimento per i Castelli Romani. Ma la Seconda Guerra Mondiale mise a dura prova la famiglia. Nel 1943, durante il bombardamento di Frascati, il forno fu distrutto e i nonni di Francesco si rifugiarono con i figli in una grotta sotto il locale per sopravvivere.
«Persero tutto, compreso il lievito madre del 1920. Fu una tragedia per mio nonno, che sapeva quanto fosse prezioso quel lievito», racconta Francesco. Dopo la guerra, con grande determinazione, il nonno Eugenio riuscì a ricreare il lievito nel 1950. «Quel lievito vive ancora oggi. È un lievito contaminato, ma in senso buono: ha assorbito i sapori e gli aromi di ogni farina con cui è venuto in contatto in oltre 70 anni di vita».
Entrare nel forno di Francesco è un’esperienza che riporta indietro nel tempo. La cottura avviene in un’enorme camera di 4 metri per 4, alimentata da 7-8 fascine di legna per ogni ciclo di pane. «Ogni notte sforniamo 120 pezzi di pane, per un totale di 5-6 infornate. Non usiamo macchine, tutto è fatto a mano. Il nostro fornaio compie 120 viaggi avanti e indietro con una pala lunga 3 metri e mezzo per garantire una cottura omogenea», spiega Francesco con orgoglio.
Il pane non contiene nulla di artificiale. Solo tre ingredienti: acqua, farina e sale. «Oggi tutti cercano scorciatoie, ma noi no. Certo, a volte il pane o la pizza si bruciacchiano un po’, ma è il fascino dell’artigianato», dice Francesco.
La vita della famiglia Ceralli è intrecciata al pane. Uno degli aneddoti più curiosi riguarda il padre di Francesco, nato letteralmente sul banco di lavoro del forno. «Mia nonna lo aveva appena allattato, lo avvolse in un panno bianco e lo appoggiò sulla spiana. Quando arrivò il carichino, l’uomo che portava il pane fuori dal forno per distribuirlo, prese anche mio padre, scambiandolo per una pagnotta».
Nonna Ceralli, figura centrale nella famiglia, era un concentrato di forza e creatività. Con solo la prima elementare alle spalle, inventò dolci che ancora oggi sono tra i più apprezzati del forno: ciambelle al vino bianco, crostate con ricotta e marmellata di visciole, e medaglioni di frolla con ripieni golosi.
«Era lei che mi parlava sempre del Pantheon», ricorda Francesco. «Diceva che sarebbe stato bellissimo avere un forno lì vicino, in un luogo così pieno di storia e cultura». E così, l’anno scorso, dopo la sua scomparsa a 97 anni, Francesco ha deciso di esaudire quel desiderio.
L’apertura del forno a Roma è stata possibile grazie al progetto “Qualità” del Comune, che ha riconosciuto il valore storico e artigianale dell’attività e soprattutto grazie al sostegno fraterno del socio di Francesco cioè Cristian Piccolo che ha spinto Francesco a credere ancora di più in questo progetto. «Ottenere una licenza nel primo municipio, protetto dall’UNESCO, è difficilissimo. Ma con il supporto del dottor Alemanni in Campidoglio, abbiamo portato la nostra tradizione nel cuore della Capitale».
Il successo è stato immediato, con clienti locali e turisti che si affollano per assaggiare pane, pizza e dolci. «A differenza di molti, noi non vendiamo solo prodotti da forno, ma il vero pane e la vera pizza, fatti come una volta», sottolinea Francesco.
Tra i prodotti più richiesti ci sono i “pangoccioli” con cioccolato colombiano fondente Varhona e le pizze croccanti e friabili, realizzate con il lievito naturale e cotte su legna che dona un retrogusto unico di castagno e quercia.
Insieme al forno, Francesco ha un sogno ancora più ambizioso: creare un museo del pane. «Sarà uno spazio dedicato alla nostra storia e alla cultura del pane. Vogliamo insegnare alle nuove generazioni cosa significa davvero fare questo mestiere».
Il forno, però, non si ferma qui. «Il nostro obiettivo è portare questa tradizione anche all’estero, per far conoscere il pane e la pizza autentici, lontani dai prodotti industriali».
Nel frattempo, il legame con la comunità si rafforza attraverso iniziative sui social: ogni mese un fortunato follower riceve una spesa omaggio da 80 euro, spedita in qualsiasi parte del mondo.
Francesco guarda con fiducia al futuro, ma con un occhio sempre rivolto al passato. «Il pane è la nostra storia, la nostra vita. E ogni volta che accendo il forno, mi piace pensare che mia nonna sia qui con me a sorridere».
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