Esclusiva

Febbraio 12 2025
Mzia Amaglobeli è il volto della resistenza georgiana

La giornalista, in sciopero della fame dopo l’arresto durante le proteste antigovernative, è diventata il simbolo della libertà di stampa in Georgia

Trenta giorni di sciopero della fame e uno schiaffo alla repressione. La giornalista Mzia Amaglobeli è diventata il simbolo proteste antigovernative in Georgia. È stata arrestata l’11 gennaio 2025 a Batumi durante una manifestazione. Dopo un breve rilascio, uno scontro con il capo della polizia l’ha portata a essere accusata di “attacco a pubblico ufficiale”, un reato che potrebbe costarle fino a sette anni di carcere. Da allora, ha iniziato uno sciopero della fame.

Amaglobeli non è una figura pubblica nel senso tradizionale, ma il suo nome è da anni un riferimento nel giornalismo indipendente georgiano. Ha fondato e dirige due testate, Batumelebi e Netgazeti, che negli ultimi anni hanno denunciato con forza le pressioni governative sulla stampa. Soprattutto dopo l’approvazione, nel maggio 2024, della cosiddetta “legge sugli agenti stranieri”, che obbliga i media e le Ong che ricevono più del 20% dei loro ricavi non commerciali dall’estero a registrarsi come entità che “perseguono gli interessi di una potenza straniera”. Per molti, si tratta di una legge modellata sulla legislazione russa usata per soffocare il dissenso. «Siamo stati tra i primi a denunciarla – racconta la giornalista Irma Dimitradze, collega di Amaglobeli – e da allora la pressione su di noi è aumentata».

L’11 gennaio, le proteste a Batumi erano pacifiche. I manifestanti distribuivano adesivi contro il governo, quando una ragazza ha tentato di attaccarne uno sulla borsa di un poliziotto ed è stata subito arrestata. La tensione è aumentata quando altri manifestanti si sono radunati davanti alla stazione di polizia. Tra loro c’era Mzia Amaglobeli, che ha assistito a nuovi arresti ingiustificati. Per protesta, ha attaccato un volantino su una struttura della stazione di polizia ed è stata immediatamente fermata con metodi violenti.

Rilasciata poco dopo, ha trovato parenti e colleghi ad attenderla. La tensione sembrava allentarsi, ma all’improvviso il capo della polizia Irakli Dgebuadze e alcuni agenti sono usciti dalla stazione e hanno arrestato suo fratello. Ne è nato uno scontro, durante il quale Amaglobeli è stata spinta a terra. Mentre cercava di rialzarsi, con un poliziotto che le teneva una mano sulla spalla, ha colpito Dgebuadze con la mano sinistra. «Un colpo lieve, non pericoloso, e comunque dato con la mano sinistra», raccontano i testimoni.

Quell’azione è bastata per giustificare la sua nuova incarcerazione. Per ore gli avvocati non hanno potuto vederla, la famiglia non sapeva dove fosse, e quando un rappresentante del difensore pubblico è riuscito a entrare, ha scoperto che Amaglobeli aveva subito umiliazioni e violenze. Dgebuadze avrebbe tentato più volte di aggredirla, arrivando a sputarle in faccia e impedendole di bere acqua o andare in bagno. Di fronte a tale trattamento, Amaglobeli ha deciso di iniziare uno sciopero della fame, che continua da più di venti giorni e sta generando una crescente mobilitazione in Georgia.

La repressione della stampa in Georgia non è un fenomeno nuovo, ma il caso di Mzia Amaglobeli ha assunto un significato speciale. «La solidarietà che stiamo vedendo non è solo un gesto di supporto, ma la consapevolezza che chiunque di noi potrebbe essere il prossimo bersaglio», spiega Irma Dimitradze.

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