Esclusiva

Febbraio 17 2025
La campanella suona, ma il Pnrr è in ritardo. La situazione nelle scuole italiane

Tra problemi di pagamenti ai fornitori e difficoltà strutturali, sono ancora numerosi i progetti del Piano da attuare negli istituti della penisola

«Noi presidi siamo preoccupati per ciò che accadrà tra un anno o due, quando per le scuole non ci sarà più il Pnrr e si sgonfierà tutto. Adesso viviamo in una bolla: la formazione e la capacità di spesa sono irrealistiche». A parlare è Rosanna Lagna dell’istituto comprensivo Polo tre di Galatina, piccolo comune in provincia di Lecce. La dirigente spiega i punti critici di quella parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinata alla scuola, all’università e alla ricerca. I fondi investiti sono 29,6 miliardi, ovvero il 15,23% dell’intero Piano (194,4 miliardi di euro).

La fondazione OpenPolis, che si occupa della raccolta, dell’elaborazione e della pubblicazione di dati, fornisce una panoramica sulla suddivisione delle risorse per mezzo della piattaforma OpenPNRR, aggiornata al 13 dicembre 2024. I capitoli di spesa sulla scuola sono tre: alle strutture scolastiche sono destinati 12,1 miliardi di euro (che corrispondono al 42,91% del totale); al diritto allo studio sono stati dati 3,5 miliardi (pari al 12,41%); all’istruzione e alla formazione 3,2 miliardi (11,40%).

Ma a che punto siamo realmente? Per le strutture scolastiche, al momento, sono stati investiti solo 3,4 miliardi su 12,1 (il 27,79%). Sono sei i progetti ancora da avviare, solo tre quelli ultimati e altrettanti quelli completati in ritardo. Altri tre, invece, non hanno rispettato la scadenza: riguardano l’aggiudicazione degli appalti per l’intervento nelle mense scolastiche, che doveva essere completato il 30 settembre 2023; il piano di riqualificazione strutturale ed energetica degli edifici scolastici, la cui fine era prevista nel quarto trimestre del 2023; mentre i contratti per la costruzione e la riqualificazione delle palestre dovevano essere pronti entro il 31 marzo 2024. Al 22 luglio risultano aggiudicati 313 progetti sui 444 ammessi a finanziamento.

La campanella suona, ma il Pnrr è in ritardo. La situazione nelle scuole italiane

La preside di un istituto scolastico veneto, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha spiegato che l’aspetto negativo riguarda l’eccessiva burocratizzazione: «È difficile gestire il tutto nei tempi stretti previsti dal ministero. Tant’è vero che di solito in prossimità di una scadenza il giorno stesso viene pubblicata una proroga». Ma il tentativo che il Pnrr sta cercando di fare è quello di «risolvere delle problematiche radicate da anni, ma servono tempi più distesi», aggiunge la dirigente.

Per il diritto allo studio sono stati stanziati 837,1 milioni su 3,5 miliardi di euro (23,9%). Sei sono i progetti completati, uno terminato in ritardo, un altro prorogato e cinque ancora da avviare, come per esempio l’attività di tutoraggio per almeno 820 mila giovani a rischio abbandono scolastico precoce e per quelli che hanno già abbandonato la scuola. L’obiettivo è ridurre il divario nel tasso di dispersione scolastica nell’istruzione secondaria fino al raggiungimento della media Ue del 2019 (10,2%). «È tutto troppo concentrato in poche annualità, – commenta la preside della scuola veneta – anche perché, se si rispettano le tempistiche, il Pnrr si concluderà nel 2026. Ma dopo? Si dovrebbe attuare un progetto a lungo termine anche per prevenire la dispersione scolastica».

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Per l’istruzione e la formazione, invece, sono stati spesi 767,5 milioni su 3,2 miliardi previsti (23,8%). Devono essere ancora avviati nove progetti, come, per esempio, i corsi annuali di lingua e i programmi di orientamento Stem sulle discipline tecnico-scientifiche.

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Un aspetto positivo, però, è che grazie ai fondi che rientrano nel Piano Scuola 4.0, il Polo tre di Galatina ha potuto investire prevalentemente in arredi e nuove tecnologie «ed è stato utilissimo – ha detto la preside Lagna – perché la scuola è cambiata, così come era successo due anni fa con il finanziamento Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale, per le scuole dell’infanzia: abbiamo acquistato banchi, sedie, armadi e digital board». Per la nuova attrezzatura «abbiamo pagato la prima fattura appena avuti i primi 75 mila euro. La seconda quota dovrebbe arrivare in questi giorni, ma abbiamo già inserito tutto in piattaforma».

Il sito a cui si riferisce la dirigente si chiama Futura, creato dal ministero dell’Istruzione per dialogare con la piattaforma Regis, gestita dal ministero delle Finanze. A differenza dell’esperienza di Lagna, alcune scuole hanno avuto diverse difficoltà con Futura e non sono riuscite ad accedervi. «Ci sono stati sia problemi informatici tra le due piattaforme, che una difficoltà comunicativa da parte del ministero dell’Istruzione che non ha ben spiegato alle scuole come fare a rendicontare tutta la documentazione», spiega Stefano Ghidini, consigliere di Assintel, l’associazione nazionale di riferimento delle imprese ICT e digitali.

«Il problema è proprio sull’erogazione dei fondi perché noi come scuola assumiamo impegni di spesa, paghiamo con economie di cassa che però non vengono reintegrate» dice d’altro canto Paola Apollonio, preside dell’istituto nautico Amerigo Vespucci di Gallipoli. Si è creato quindi un cortocircuito tra governo, istituti scolastici e piccole e medie imprese: da viale Trastevere hanno dato un miliardo (su due) di euro alle scuole. Con questi soldi gli istituti scolastici avrebbero dovuto dare l’anticipo ai fornitori in attesa della seconda tranche del pagamento. «Dovendo pagare i fornitori – aggiunge Apollonio – ci sono delle grosse criticità da questo punto di vista che il Pnrr non risolve».

Intanto le pmi hanno già iniziato la produzione e la consegna degli ordini, ma i pagamenti aspettano di essere saldati da 8 mesi. «Fino a dicembre 2024 il ministero aveva mandato il 50% dell’acconto e aveva invitato le scuole a presentare la documentazione su Futura. Avrebbe dato il 40% restante non appena presentate tutte le pratiche, mentre il 10% sarebbe stato accreditato dopo i controlli di secondo livello, nel 2025».

È difficile quantificare i danni che hanno subito le aziende: «Il primo problema – spiega Ghidini – è legato agli interessi che le pmi hanno dovuto pagare in banca per poter saldare a loro volta i fornitori». La situazione però si sta sbloccando: a fine anno, il ministero delle Finanze ha emesso un decreto d’urgenza, col quale comunicava che non era più necessario aspettare il via libera della rendicontazione su Futura e che avrebbe inviato il 40% mancante immediatamente a tutte le scuole. I ritardi sia nei pagamenti ai fornitori che nella realizzazione dei progetti, però, non sono gli unici problemi legati al Pnrr.

Il Piano permette di attrezzare vari laboratori, ma molto spesso la struttura che li ospita ha delle problematiche, spazi scarsi e anche una formazione del personale inadeguata. L’eccessiva velocità e la compressione dei tempi potrebbero risultare dannosi per l’efficienza della didattica e la formazione degli insegnanti. «Sono tanti soldi, – conclude Apollonio – ma in un periodo troppo ristretto. I professori dovrebbero avere il tempo di sedimentare le proprie conoscenze».