Gianluca Li’Vecchi ha 33 anni, è originario di Firenze ed è il capitano di Insuperabili, un club di calcio, o come direbbe lui «Il Real Madrid del paralimpico». La sua passione per il pallone è innata e legata anche alle difficoltà incontrate nel percorso di vita.
Li’Vecchi è nato con un’emiparesi destra dovuta a sofferenza da parto, ma il calcio è sempre stato nei suoi pensieri fino a diventare una professione: «Sin dalla nascita ho ruotato intorno al pallone e mi sono fatto le ossa da solo, con il duro lavoro. Nei momenti della giornata mi piaceva prendere a calci qualsiasi cosa».
Grande tifoso del Milan, se dovesse scegliere un punto di riferimento, direbbe «per la grinta» Gennaro Gattuso, ex centrocampista dei rossoneri noto col soprannome di “Ringhio” per la ferocia agonistica.
Quando Li’Vecchi aveva 16 anni, in Italia si è affacciata la possibilità di praticare calcio paralimpico, grazie alle società che sono nate nel tempo. Malgrado le limitazioni, non sente che il destino gli abbia tolto qualcosa e la convinzione gli ha permesso di togliersi molte soddisfazioni. La disabilità non gli ha impedito di arrivare nella Nazionale Italiana Calcio a 7 degli atleti affetti da cerebrolesione, e di essere il primo italiano a segnare un gol in una competizione ufficiale a livello internazionale: il Mondiale del 2022 a Olbia, in Sardegna. Un evento speciale, in cui Li’Vecchi ha esultato con il pallone sotto alla maglia e davanti agli occhi di Jessica, la compagna allora incinta presente in tribuna.

Il calciatore ha appena avuto il settimo intervento chirurgico – questa volta al piede – e conta di tornare in campo tra due mesi per la squadra degli Insuperabili, «una seconda famiglia a tutti gli effetti dove si sviluppano rapporti umani anche con il presidente e i dirigenti, e che si prende cura delle problematiche degli atleti». Grazie alla «bellezza e alla grandezza di Insuperabili» la riabilitazione fuori dal rettangolo di gioco è più piacevole perché «c’è sempre qualcuno pronto a coinvolgerti e farti sentire dentro», ad esempio con videochiamate nel prepartita nello spogliatoio, con Li’Vecchi che parla alla squadra in qualità di capitano. Il trentenne preme per farsi trovare pronto sul piano della condizione, ma senza affrettare i tempi.
«Sono contento e orgoglioso di ciò che ho fatto fino a oggi, ho raggiunto il massimo in questo ambito in Italia, non invidio l’Eccellenza, la Serie D», dice, fiero di avere la fascia al braccio e la sua maglia personalizzata con il numero 8 sulle spalle.
Li’Vecchi applaude la crescita del movimento paralimpico nel nostro Paese ma è convinto che ci sia ancora molto da fare per aumentare la visibilità, considerato il paragone con altre Nazioni: «Ci vuole tempo, come è stato per il calcio femminile. Spero che chi verrà dopo di me potrà godersi al meglio questo sport». Per lui, il calcio paralimpico non dovrebbe esser tenuto distaccato da quello per normodotati, e dovrebbe esser supportato di più in termini di attrezzatura a disposizione.
Accanto alla carriera sportiva Li’Vecchi coltiva l’impegno imprenditoriale nella piccola azienda fondata dal padre Santo, attiva nel settore alimentare, ovvero nella produzione di pasta. Nell’impresa in cui è amministratore delegato porta lo spirito e l’attitudine di chi non si accontenta mai, un po’ come in campo, dove dopo aver fatto un gol pensa già al prossimo senza godersi troppo il momento. Per il futuro sportivo non ha piani precisi, vive il presente con entusiasmo in attesa di ciò che verrà con la sua famiglia. Acciacchi fisici permettendo.