Dal prossimo settembre dietro i banchi di scuola ci saranno 134 mila studenti in meno: in questo modo la popolazione scolastica subirà un forte calo e sarà di 6,8 milioni di unità. È il dato più allarmante scoperto da un’analisi del Centro studi Orizzonte scuola, basata su dati che ha fornito il ministero dell’Istruzione, che, proiettato su un orizzonte di otto-nove anni, potrebbe scendere sotto la soglia dei sei milioni.
Manuela Calza, sindacalista della Flc Cgil, afferma che la questione non riguarda solo la scuola come istituzione: «Il calo demografico è un problema del nostro Paese che va affrontato in un’ottica complessiva delle condizioni di vita, di lavoro, e soprattutto di conciliazione dei tempi delle donne. Come sindacato crediamo che si debba affrontare la situazione a 360 gradi, prendendo in considerazione anche il governo dei flussi migratori, elemento che potrebbe contribuire a dare delle risposte». Tra l’anno scolastico 2015/16 e il 2022/23, continua il report, si è registrata una perdita di 300 mila studenti nella scuola primaria (che è passata da 2,5 milioni di ragazzi a 2,26 milioni) e di circa 74 mila ragazzi nella scuola secondaria di primo grado (da 1,63 milioni a 1,5). L’unica a crescere è stata la scuola superiore con 5.900 studenti in più.
Quello che stiamo vedendo è una delle conseguenze più gravi dovute al calo della natalità: lo studio di Orizzonte scuola prevede che, se la tendenza demografica dovesse rimanere questa, entro il 2035 potrebbero esserci 1,5 milioni di studenti in meno e 130 mila professori licenziati. «Se si fa un calcolo di tipo ragionieristico – commenta Calza – è evidente che questo produrrà un taglio delle cattedre, una riduzione dei posti di lavoro che già abbiamo visto con l’ultima Legge di Bilancio che prevede significativi tagli agli organici».
Settembre è ormai alle porte e per la scuola servono soluzioni nel breve termine. Dal sindacato fanno sapere che le alternative non mancano: invece che ridurre il numero degli insegnanti sarebbe meglio diminuire il numero degli alunni per classe, oppure si potrebbe aumentare il tempo trascorso a scuola aggiungendo ore di laboratorio fuori dall’orario canonico delle lezioni. «In questo modo non solo gli organici saranno salvaguardati, ma sarebbe possibile restituire al sistema scolastico quegli elementi di qualità che possono giovare all’istruzione delle nuove generazioni e quindi anche al futuro del Paese».
Il calo demografico colpisce soprattutto le regioni meridionali della Penisola. Solo nel 2023, il Sud e le Isole hanno perso 73.800 abitanti. Il preside dell’Istituto secondario superiore “T. Confalonieri” di Campagna in provincia di Salerno Gianpiero Cerone infatti dice che la situazione non è uguale ovunque, ma «è necessario circoscrivere a livello geografico il problema: l’impatto del calo delle nascite è stato più forte nel Meridione piuttosto che in Lombardia». Gli effetti non si ripercuotono solo sulle cattedre, ma anche sulle scuole stesse: «È in atto in Campania e soprattutto nella provincia di Salerno un processo di riassestamento della rete scolastica che vede la scomparsa di un numero significativo di autonomie istituti autonomi». Sebbene la sua scuola abbia registrato un aumento del numero degli iscritti, il preside ricorda che il suo è un caso isolato perché «in tutto il contesto territoriale si sta registrando una forte caduta».
Il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Frosinone 3 Monica Fontana, che collabora con il centro nazionale Flc Cgil, afferma che «il problema va certamente affrontato in chiave multisistemica e multifattoriale anche se non sembra che le politiche messe in campo abbiano un lungo respiro. Il legame tra calo delle nascite e mancanza di politiche attive sulla disoccupazione femminile per esempio è una evidenza».
Il trend demografico negativo nasconde infatti un tema più profondo: l’elevata percentuale della disoccupazione femminile e la differenza retributiva rispetto ai colleghi uomini. «Siamo ancora in un clima culturale che non favorisce le donne: quindi è evidente che questo rappresenta un disincentivo alla maternità», anche se per Calza sarebbe più corretto parlare di «sostegno alla genitorialità per evitare che la responsabilità gravi solo sulle spalle delle donne».