#JeSoutiensMarine è il cartello che gli europarlamentari della Lega hanno esposto proprio fuori l’emiciclo del Parlamento europeo, a Strasburgo, il 2 aprile, prima dell’inizio delle votazioni del giorno. Un flash mob per esprimere solidarietà nei confronti della leader del francese Rassemblement National, Marine Le Pen, condannata a quattro anni di carcere e cinque di ineleggibilità in primo grado per appropriazione indebita di fondi europei.
La leader di RN era la candidata del suo partito per le presidenziali del 2027. Ma dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Parigi, la sua partecipazione alle elezioni sarebbe ancora possibile solo se vincesse il ricorso che, secondo quanto ha scritto in una nota la Corte d’appello di Parigi, dovrebbe svolgersi entro l’estate 2026.
A Strasburgo, l’unica a parlare della vicenda – dopo che Jordan Bardella, presidente di Rn, atteso il 1 aprile al Parlamento europeo non si è presentato – è stata la vicepresidente dei Patrioti Kinga Gàl: «Se per molti anni la Francia è stata il simbolo della democrazia e della libertà ora questo simbolo non esiste più», ha chiarito Gàl prima di definire la sentenza del tribunale di Parigi nei confronti di Le Pen una pratica degna «di sistemi autoritari».
Anche per gli esponenti del partito di Matteo Salvini, membri dell’eurogruppo parlamentare dei Patrioti, lo stesso del Rn, si tratta di una sentenza a tutti gli effetti politica, perché «a differenza del sistema giuridico italiano dove l’interdizione è una pena accessoria prevista espressamente dal codice in base alla condanna che viene data, in Francia è una discrezionalità del giudice. È assurdo che un giudice emetta un provvedimento di ineleggibilità in presenza di una sentenza di primo grado non definitiva e che è in corso di appello», spiega Paolo Borchia, capodelegazione leghista, prima di insinuare il dubbio che alcune inchieste vengano realizzate a orologeria: «Iniziamo a notare come tanti personaggi che danno dei messaggi alternativi, anticonformisti, antisistema, vengono sistematicamente perseguiti e perseguitati a livello giudiziario». Il riferimento è a quanto accaduto a Călin Georgescu in Romania.
Di ben altra opinione -opposta – è, invece, il Partito Democratico. «Se entrassimo in questo tipo di ragionamento vorrebbe dire che qualunque, anche gravissima, truffa ai danni dello Stato o dell’Europa fatta da un politico di grande rilievo come Marine Le Pen dovrebbe essere sempre condonata», dice senza mezzi termini il capodelegazione Pd al Parlamento Europeo Brando Benifei, convinto che la condanna della leader del Rassemblement National non porterà né svantaggi, né vantaggi, dal punto di vista politico. «Al partito di Marine Le Pen non viene impedito di correre alle elezioni. È giusto che chi gode del consenso popolare possa partecipare. E che il giudizio su alcuni individui, compresa la leader Marine Le Pen, non vincoli tutti. Ma credo che una forza politica seria non possa dare il messaggio che c’è chi è sopra la legge e sta fuori dalle regole democratiche», conclude Benifei con una stoccata alla Lega. Mentre il Movimento 5 Stelle, membro del gruppo The Left, preferisce prendere le distanze dalla vicenda Le Pen e non commentare.