Esclusiva

Aprile 3 2025
L’Ucraina cerca i suoi figli, ma la Russia cancella la loro identità

Indagini e pressioni internazionali per cercare di restituire alle loro famiglie migliaia di bambini deportati

Ksenia, Dimitri, Veronika, Ivan, Valeria. Sono solo alcuni dei “figli della guerra”, bambini ucraini strappati alle loro famiglie tra il caos delle bombe e della violenza. Allontanati con l’inganno e con la forza dalle proprie case dove forse non faranno più ritorno.

Tanti sono coloro che stanno lavorando per riportarli a casa, come il The regional human rights center, organizzazione di avvocati professionisti nata nel 2013 a Sebastopoli, città della Crimea annessa dalla Federazione Russa nel febbraio 2014. La deportazione, infatti, non è iniziata il 24 febbraio 2022, quando il presidente Putin ha avviato quella da lui definita “operazione militare speciale su vasta scala”, ma si protrae da ben 11 anni.

«Non stiamo solo preparando delle relazioni speciali da presentare alla Corte penale internazionale e agli Organi dei trattati delle Nazioni Unite, ma stiamo anche sostenendo l’istituzione di un meccanismo specifico per il rimpatrio dei bambini ucraini. Abbiamo una collaborazione con il Registro dei danni per l’Ucraina e stiamo aiutando i sopravvissuti dell’aggressione russa su più livelli» spiega a Zeta Kateryna Rashevska, avvocato del regional human rights center. «La cosa più importante è che stiamo svolgendo attività di formazione per coloro che sono stati già rimpatriati, perché sono provati e traumatizzati. Non è semplice», ammette.

Nonostante il centro regionale per i diritti umani stia documentando casi di deportazione ogni giorno, ora la strategia è cambiata. Se durante il primo mese dell’invasione il Cremlino cercava di nascondere questo crimine sotto le mentite spoglie dell’evacuazione o del trasferimento dei più piccoli per la loro sicurezza, ora «i cosiddetti genitori adottivi russi vengono direttamente nei territori occupati e stanno scegliendo i piccoli da prendere e portare con loro nel territorio della Federazione Russa».  

Un caso che le è rimasto impresso è quello di tre ragazzi della regione occupata di Luhansk: «Nel 2024 abbiamo documentato questa situazione in cui tre ragazzi sono stati affidati illegalmente a una donna di Mosca che li ha deportati in Russia, ma questo non è un episodio isolato. Il difensore civico per i bambini del Luhansk ha segnalato altri 29 bimbi portati via in questo modo. L’adozione è ancora più grave dell’affidamento perché con questa procedura i russi possono cambiare e stanno già cambiando i loro dati personali come nome, cognome, luogo e data di nascita, ed è per questo che è davvero difficile e quasi impossibile identificare tutti quelli che sono stati adottati».

Secondo il sito Children of war, 2.071 sono i ragazzi ancora scomparsi, 19.546 deportati o sfollati forzatamente. Un calcolo, però, fittizio: «Non è definitivo, già da diversi mesi il ministero della Giustizia dell’Ucraina sta lavorando per aggiornarlo, ma ci vuole del tempo. Inoltre continuiamo a documentare casi di spostamento nei cosiddetti campi di evacuazione. Dall’inizio del 2025 abbiamo già documentato 2.000 bambini che sono stati mandati lì per essere militarizzati e indottrinati, ma non abbiamo accesso nemmeno ai dati sul loro ritorno. La cosa certa è che durante questi primi mesi sono stati aperti nuovi centri di detenzione».

L’obiettivo finale non è la deportazione, ma «cambiare la loro identità e trasformarli in patrioti russi. Educarli come tali, fare loro il lavaggio del cervello per militarizzarli. È questa la realtà». Un altro caso interessante è quello della Bielorussia, dove, a differenza degli anni precedenti, l’organizzazione non ha registrato casi di questo tipo. «Suggeriamo che forse questo è un chiaro risultato della pressione internazionale, delle sanzioni e di altre azioni contro il regime di Lukashenko» commenta Kateryna.  

Intanto dagli Stati Uniti arriva un dietrofront. L’amministrazione americana ha da poco deciso di tagliare alcuni fondi come quelli destinati alla ricerca dei bambini ucraini scomparsi. Ad occuparsi di ciò è l’Humanitarian Research Lab (HRL) dell’Università di Yale. «I ricercatori sono stati recentemente informati che i finanziamenti governativi per il loro lavoro sulla guerra in Ucraina sono stati interrotti. HRL indaga e affronta le crisi umanitarie in tutto il mondo, utilizzando dati e analisi provenienti da fonti open source e telerilevamento. Anche se non siamo in grado di commentare la decisione del Dipartimento di Stato, riconosciamo l’importanza del lavoro di HRL e dei suoi contributi agli sforzi internazionali per proteggere le popolazioni vulnerabili, compresi i bambini ucraini. Yale continua a sostenere i suoi ricercatori nel perseguire un lavoro che faccia luce su questioni globali urgenti» dichiara il portavoce dell’Università.

Per l’avvocato Rashevska è una notizia difficile da commentare. «Quello che posso dire è che saremo davvero grati agli Stati Uniti se continueranno a sostenere queste iniziative, visto che stanno analizzando tutti questi casi e stanno aiutando l’Ucraina a identificare i bambini e il loro controllo russo. Il primo attore responsabile è senz’altro l’Ucraina, ma abbiamo bisogno di una spinta alla Federazione Russa sotto forma di sanzioni, ad esempio. Dunque tutta questa discussione per ritirare le sanzioni alla Russia non è affatto vantaggiosa. Quindi non fermatele, non ritiratele, non fate concessioni perché senza queste sanzioni la Russia si rifiuterà di restituire tutti i bambini deportati».