«A febbraio di quest’anno, parlando con un gruppetto di miei studenti, gli avevo detto che non ero convinto che durante la loro vita sarebbero stati testimoni di eventi chiave significativi, di svolte nel percorso della storia come quelle a cui parteciparono i loro coetanei di un secolo fa. Dall’11 settembre non riuscivo a riconoscere, fino al momento di quella conversazione, un altro singolo avvenimento tanto memorabile».
La voce di Alessandro Barbero riempie il vuoto della Mole Antonelliana, luogo simbolo della città di Torino e ora Museo del Cinema. Un leggìo nero, e tutto attorno una moltitudine di sedie rosse, vuote. Una luce soffusa abbraccia il primo appuntamento virtuale che apre il Salone Extra, come è stata ribattezzata questa edizione straordinaria, date le circostanze, del Salone Internazionale del Libro.
All’indomani di quell’incontro con gli studenti l’avvento del coronavirus ha trasportato tutti dentro a un evento storico unico. E se le analogie col passato insegnano, anche le differenze aiutano a capire. «Il mondo dell’influenza spagnola aveva ben altre priorità, la morte era già dappertutto e lottare contro l’epidemia non era considerata la cosa più importante. Ma oggi per la prima volta i singoli governi si sono trovati di fronte a una minaccia comune e tutti hanno dovuto decidere che questa epidemia era la priorità assoluta».
In una dimensione sempre più globalizzata tutti gli Stati del mondo devono fare i conti con una minaccia comune, nello stesso istante. «Un po’ come nei film di fantascienza dove l’umanità dimentica le sue divisioni e lotta insieme, di certo qualcosa da quei film dobbiamo ancora imparare, dato che non tutti i governi hanno mostrato la stessa coesione e solidarietà».
Anche l’economia ha dovuto mettersi in pausa, arrestarsi, rallentare. Un dato quasi impensabile visto il mondo in cui viviamo. O in cui avevamo la certezza di vivere fino a qualche mese fa. «Sono le conseguenze inattese, i cambiamenti che le grandi crisi nella storia hanno portato con loro, i modi in cui gli uomini hanno tentato di far fronte all’emergenza nelle maniere più disparate».
In momenti di incertezza, l’uomo ha sempre provato a cercare rassicurazioni. Se uno dei desideri più reconditi dell’essere umano è da sempre la possibilità di prevedere quello che accadrà, un procedere molto più concreto è guardare a ciò che è già successo, e imparare da questo. «La storia può provare a rispondere perché altro non è che una collezione, un immenso catalogo di tutti i modi in cui gli esseri umani si sono comportati di fronte alle sfide del tempo».
Alla fine del secondo secolo dopo Cristo, l’Impero romano fu flagellato dalla cosiddetta peste antonina. La società, dopo l’epidemia, si ritrovò decimata dei suoi uomini. Per sopperire alla mancanza di manodopera avrebbe potuto andare a fare incetta di schiavi e procurarseli facilmente. «Invece Roma si accorse del capitale umano, una conseguenza inattesa, gli uomini erano troppo preziosi per sciuparli in schiavitù». Iniziarono allora a riaprire le frontiere, a regolarizzare gli stranieri. Così sotto Marco Aurelio ci furono le prime prove di integrazione, ponendo regole, canali e consuetudini di accoglienza, che diventeranno uno dei punti di forza dell’Impero.
Nel Medioevo, la peste del 1348, quella raccontata nel Decameron, colpisce una società complessa, prospera, tutto sommato ricca e in crescita ma che da un po’ di tempo sente sulle spalle il peso della sovrappopolazione. «La Peste arriva in maniera inattesa, mancava da secoli, un po’ come avviene per noi oggi che non ci aspettavamo l’esplosione di una pandemia. Arriva e la società non sa reagire». Tornerà nel 1361 e poi in seguito, ogni 10 e 15 anni, sempre con effetti demografici spaventosi. Ma anche se nessuno sa curarla, la si può combattere.
«Iniziano qui tutti quei meccanismi che ci portiamo dietro ancora oggi, quando di fronte al dramma non sappiamo che fare. Meccanismi applicati come se facessero parte del nostro DNA». Chiudere le vie di comunicazione, oggi gli aeroporti, un tempo si sbarravano le porte cittadine e si impediva alle navi di attraccare, l’importanza di avere informazioni rapide e controllate, il circoscrivere le persone nelle loro case. «Tutte misure nate nel tardo Medioevo, che non guariscono i malati ma che, come ci si rese subito conto, riescono a limitare i contagi. A imbrigliare il morbo, a guadagnare tempo».
Un tracollo demografico paragonabile a quello delle grandi pandemie del passato noi non lo avremo, ma cambiamenti di mentalità? Il nesso tra la catastrofe e il cambiamento del sentire sembra automatico. «Quando si camminava tra gli affreschi raffiguranti la morte, l’inferno, nel camposanto di Pisa, veniva spontaneo riflettere sull’ossessione che la peste del 1348 aveva provocato, mostrando senza veli il disfacimento. Questo fino a che non si scoprì che quegli affreschi erano stati dipinti prima di quel tragico evento». L’automatismo inizia a vacillare. Il Professor Barbero cita San Bernardo di Chiaravalle che già lo sapeva con chiarezza: «Habet mundus iste noctes suas et non paucas», questo nostro mondo ha le sue notti, e non sono poche.
«Cosa resta allora? La consapevolezza della caducità, del fatto che in questo mondo può capitare di tutto, abbiamo scoperto che ci sono problemi più importanti di monitorare l’economia e calcolare il PIL e un cambiamento culturale non sarà automatico, bisognerà volerlo». Gli eventi traumatici lasciano tracce ma dalla storia arriva una buona notizia: «la capacità dell’umanità di far fronte alle disgrazie, ricostruire, imboccare strade nuove quando le vecchie si dimostrano vicoli ciechi».
«Comincia oggi proprio qui, nella Mole Antonelliana, l’edizione straordinaria del Salone del Libro di Torino» dice lo scrittore e conduttore Nicola Lagioia, presidente del Salone. «Lo abbiamo organizzato per reagire a questo momento e abbiamo voluto dedicarlo alle vittime del coronavirus, ai loro parenti, ai medici, agli infermieri e al futuro di tutti noi». «Conseguenze inattese, chi l’avrebbe mai detto, il Salone Internazionale del Libro di Torino è cominciato, anche quest’anno, e il nostro viaggio continua».