«Io sono stato contagiato. L’ho scoperto perché avevo febbre e vari dolori fisici, così come molti miei colleghi che lavoravano con me». A parlare è Clàudio, giovane brasiliano di trent’anni che lavora per la filiale di un importante istituto finanziario che dà sull’Avenida Paulista, «la mia banca però non ha preso precauzioni particolari ed è rimasta aperta, così come so che hanno fatto molti altri negozi o altre attività del settore finanziario. Ho avuto la conferma definitiva dei miei dubbi facendo il test tramite la sanità privata, grazie alla copertura che per fortuna mi garantisce il lavoro. Non è stato difficile, gli ospedali di São Paulo sono tra i migliori del Paese, se te li puoi permettere».
«Di fatto mi sento al sicuro, vivo nella capitale economica dello stato, in un ottimo quartiere, con la mia famiglia. Possediamo delle automobili, il che vuol dire che non siamo per forza costretti a dover prendere i mezzi pubblici. Il grande problema del coronavirus in Brasile è che le persone con peggiori condizioni dipendono in maniera molto più pesante dallo Stato che, come si è visto, sta facendo tutto tranne che prendere sul serio la questione».
«La stragrande maggioranza della popolazione non può pagare per un tampone, né per il ricovero in ospedale privato, né auto-isolarsi perché condivide la propria abitazione con altre persone in stanze spesso sovraffollate». In Brasile è molto comune per le famiglie della classe media avere della servitù domestica che, anche in questi tempi, continua a lavorare. Personale di servizio che ogni giorno è costretto ad attraversare in lungo e in largo la città mettendosi in pericolo, e mettendo in pericolo gli altri, pur di portare a casa uno stipendio. «Qualche governatore ha dato 600 reais, (circa 90 euro) alle persone più bisognose, ma non basta».
Mentre in altre parti del mondo la situazione evolve, e si apre la danza delle riaperture dopo il lungo lockdown, per il Brasile sta per iniziare il periodo peggiore. È il secondo Paese al mondo per numero di contagi, ha superato i 330mila. L’ultima fiammata ne ha aggiunti 20mila da un giorno all’altro, tra il 20 e il 21 maggio. Ma la situazione potrebbe essere anche più grave, visto il basso numero di tamponi effettuati. Secondo Covid-19 Brasil, portale che riunisce i ricercatori di molte università, i contagi sarebbero dieci volte superiori a quelli dichiarati dalle autorità. Parliamo di un totale di circa 3 milioni di persone, cifra che supererebbe anche gli Stati Uniti, ad oggi considerati ancora l’epicentro mondiale della pandemia.
E se la situazione peggiora a vista d’occhio sono molti, soprattutto tra i più abbienti, a prendere in considerazione l’idea di lasciare il Paese, in attesa di tempi migliori. Come Bernie Ecclestone, l’89enne ex-boss della Formula Uno, che viste le circostanze ha dichiarato di recente di aver abbandonato il Brasile per rifugiarsi nel proprio chalet di Gstaad ed attendere lì, assieme alla moglie Fabiani Flosi, originaria di São Paulo, la nascita del loro nuovo figlio. L’ex manager ha dichiarato di non aver lasciato la sua vasta proprietà nemmeno per effettuare gli acquisti quotidiani più necessari e che tutto il personale si trovava al sicuro all’interno della finca in auto-isolamento.
La gestione dell’emergenza finora è un domino di colpi di scena continui. Può un Paese cambiare 3 ministri della Sanità nel giro di 3 mesi? Il Brasile a quanto pare sì. Dopo i continui battibecchi iniziali di marzo, il ministro Luiz Henrique Mandetta, che aveva anche ottenuto il plauso internazionale per il suo operato responsabile e per una condotta in contrasto con la linea negazionista del presidente Bolsonaro il 16 di aprile di quest’anno è stato estromesso dal suo incarico. Al suo posto un nuovo recordman: l’oncologo e già consulente del governo di Brasilia Nelson Teich: durerà in carica 28 giorni. Dal 15 di maggio la carica di ministro da Saúde è stata assunta ad interim da Eduardo Pazuello, un generale dell’esercito brasiliano privo di qualunque formazione in ambito medico-scientifico e che probabilmente finirà per agire come una marionetta assecondando le decisioni sconsiderate del presidente.
Lo strabordare della gestione approssimativa del governo di Bolsonaro è arginato solo dalla presenza di un’architettura statale di tipo federale e quindi dalla presenza di alcune “isole felici”, governate da amministratori locali più responsabili di altri. È un esempio il caso di Niterói, municipio di quasi mezzo milione di abitanti di fronte a Rio de Janeiro. Lì il sindaco Rodrigo Neves, del Pdt, il partito laburista, ha deciso di agire in controtendenza fin da subito, rendendo le mascherine obbligatorie, irrigidendo i controlli e provvedendo all’acquisto di dispositivi di protezione individuale anche per gli abitanti dei quartieri più bisognosi assieme alla chiusura di tutti i locali e le attività commerciali. I morti sono poco più di settanta.
«Il resort dove lavoro è chiuso» dice Alberto, friulano che vive a Canoa Quebrada, nello stato del Cearà, e che ormai da molti anni ha trovato nel nordest del Paese la sua dimensione felice. «Oltre fare manutenzione degli appartamenti, tengo in ordine il giardino e perciò sto lavorando tutti i giorni. Tutto il litorale del Ceará è turistico e il blocco dei flussi in ingresso è totale, per quanto improvvisato. Per fare un esempio: all’entrata di Canoa c’è un blocco fatto dagli stessi cittadini che fermano tutti e lasciano passare solo chi abita o lavora nella cittadina. Tutte le spiagge del municipio di Aracati hanno il blocco all’entrata».
«Troppi brasiliani non prendono seriamente questa pandemia. Abbiamo un presidente della repubblica che se ne frega e incita le persone a fregarsene altrettanto e a mantenere attive tradizioni come quelle dei churrascos domenicali», le grigliate in cui ci si ritrova ogni fine settimana con parenti e amici, o tra vicini di casa nei vari complessi residenziali tra roventi picanhas e bicchieri colmi di caipirinha gelata. «Per lui il Covid-19 è un “virus prodotto dalla Cina per abbattere l’economia brasiliana”. Il Brasile ha dei grossi problemi nelle grandi città e nelle zone dell’amazzonia rurale. Il Ceará a differenza di tanti altri stati ha preso seriamente fin da subito questo virus. In molte zone del Sud del Paese invece molti non rispettano l’isolamento sociale: è tutto aperto e i contagi sono in aumento. Qui c’è ancora troppa gente accecata dalla politica, dalla religione e dal futebol. Ma non voglio criticare troppo, io sto molto bene qui in Brasile».
«Il problema è che la poca fiducia nella scienza di alcuni brasiliani mi sorprende, perché a volte ha dell’assurdo. L’ altro giorno su Whatsapp mi hanno mandato un messaggio in chat in cui si sosteneva che per sconfiggere il virus bisogna uccidere un caprone e sporcare di sangue la porta dell’entrata della propria casa per non far entrare la “piaga”. E il secondo fatto incredibile a cui ho assistito è stato quando lo stesso presidente ha indetto un digiuno nazionale per sconfiggere il virus con preghiere di gruppo assieme agli evangelici».
«Gli ospedali sono strapieni» continua Alberto. «Nessuno fa più esami laboratoriali, danno priorità negli ospedali solo a emergenze Covid-19 e comunque le strutture sono al collasso. Qui vicino a Fortaleza so di ospedali dove i malati aspettano il ricovero seduti in corsia anche per giorni. Speriamo bene».
La televisione, la vera compagna di molti brasiliani costretti a rimanere in casa, si è adattata nonostante anche un colosso come Globo, la più grande emittente sudamericana, all’inizio abbia accusato il colpo. La produzione di telenovelas ha subìto una battuta d’arresto, e nella mente dei produttori dev’essere balenata fin da subito una parola chiave: repliche. Per l’azienda, l’impatto causato dalla pandemia è stato devastante. Solo sei mesi prima dell’esplosione dell’emergenza coronavirus a livello globale aveva investito più di 200 milioni di reais, l’equivalente di 35 milioni di euro, per la realizzazione di tre nuovi maxi-studi da aggiungere ai dieci già esistenti a Rio de Janeiro.
Per fortuna negli ultimi anni Globo ha investito molto anche nel proprio archivio, con centinaia di migliaia di titoli stivati in un mastodontico capannone alto decine di metri. Il che ha permesso di far funzionare, a furia di repliche, anche il suo varietà domenicale di punta: Domingão do Faustão, condotto da Fausto Silva, che è riuscito a sopravvivere mandando in onda clip e numeri musicali di varie star come Julio Iglesias, Mariah Carey, Ricky Martin e Shakira registrati in edizioni precedenti del programma. Altre volte la soluzione tappabuchi è stata la trasmissione in replica delle finali dei Mondiali di calcio del 1994 e del 2002 e pure alcune gare di Formula 1 dei tempi in cui correva Ayrton Senna.
«Io mi sento fortunato perché l’azienda in cui lavoro, la Electrolux, ha agito in anticipo rispetto alle autorità ha mandato la gente a lavorare a casa e ha riorganizzato tutta la produzione» racconta Cosimo, un ragazzo pugliese che da anni vive in Brasile, prima a Curitiba, nel Paranà e ora a São Paulo. «L’azienda continua sì a funzionare, ma con tutte le attenzioni del caso». La multinazionale svedese ha addirittura congegnato un’app: Electrolux health, che invita ogni giorno i propri dipendenti, sia quelli in smart-working, sia quelli in fabbrica a inviare un feedback circa le proprie condizioni di salute, la temperatura o la presenza di eventuali sintomi». L’ennesimo caso in cui alle mancanze del pubblico deve sopperire il privato. L’azienda si è anche spesa in progetti per la collettività: «abbiamo convertito una parte della produzione per realizzare 15mila face-shield, stampati con le nostre stampanti 3D e prodotto kit per circa 120mila pasti da donare alle mense dei più bisognosi. Donato vari elettrodomestici, dato che quello produciamo, agli ospedali perché molte strutture di qui non avevano neanche i frigoriferi per conservare i farmaci o i campioni per gli esami di laboratorio».
«Personalmente la mia auto-quarantena è cominciata quasi in contemporanea con l’Italia, come se mentalmente mi trovassi lì, con due tre settimane di anticipo rispetto agli altri, perché ero informato su come stava andando in Europa. Qui la gestione iniziale della pandemia è stata disastrosa. Ho perso molta fiducia nelle istituzioni brasiliane. Quando all’inizio si iniziava a discutere del fatto che in Cina stava succedendo qualcosa non volevano interrompere il Carnevale di Rio, che si tiene a fine febbraio, non volevano farselo rovinare per nulla al mondo. La cosa curiosa è che il primo caso di coronavirus è stato annunciato il mercoledì delle ceneri, il 26 di febbraio, esattamente il giorno dopo la chiusura delle celebrazioni di Rio, secondo le autorità brasiliane un signore appena rientrato da un viaggio in Italia».
«Além da crise, a gente tem que lidar com o Presidente. Non abbiamo solo la pandemia, oltre alla crisi dobbiamo fare i conti anche col comportamento del nostro presidente». Parla così Bruna, giovane avvocata di São Paulo. Il tono pacato, di chi nonostante la gravità della situazione, riesce a ragionare senza farsi prendere dal sopravvento.La sua voce è dolce, con quel leggero sotaque paulista, l’accento della capitale economica del Paese. «La situazione è un caos, perché abbiamo un presidente che è il primo a dare il cattivo esempio, istigando la gente ad uscire e a continuare lavorare come nulla fosse anche ora che stiamo raggiungendo il picco dei contagi».
O capitão, come viene chiamato da molti dei suoi supporter, invita a non seguire i consigli degli esperti e a non fidarsi delle fonti di informazioni tradizionali, perché “mentono e sono tutti contro di lui”, dato che tutti i media vogliono che il Paese fallisca e l’economia vada a rotoli. «Ha trasformato tutto in una questione politica. Il problema di questa spaccatura profonda è che c’è un 50% del Paese che sta in quarantena e l’altra parte che invece se ne esce come nulla fosse. E questo crea un problema enorme perché non sappiamo assolutamente quando riusciremo ad uscire dalla situazione».
Il presidente Bolsonaro appoggia anche l’utilizzo della clorochina, l’antimalarico di cui si sta molto discutendo in questi giorni, lo stesso di cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato, sorprendendo tutti in conferenza stampa, di fare uso da ormai una settimana. Il presidente brasiliano afferma che come trattamento da solo è sufficiente e salva vite, il che non è vero perché al momento non c’è ancora alcuna prova medico-scientifica circa la sua efficacia contro questo tipo di virus. Sembra che anche la rottura con il suo ex-ministro della Sanità sia avvenuta per un diverbio proprio sull’utilizzo di questo medicamento. «Il suo profilo Instagram non è per nulla istituzionale, all’altezza di un capo di stato, è piuttosto una discarica di tutta quella cosiddetta “informazione alternativa”, in cui posta con regolarità contenuti che invitano la gente ad uscire, semplicemente a ignorare tutto quello che il resto del mondo sta invece facendo per tentare di contenere il problema».
«Lui continua a mettere il lavoro e l’economia davanti alla salute e spaventa il popolo dicendo cose come “se non continueremo a lavorare tutto collasserà, il Paese fallirà”. Qui a São Paulo, la mia città, la gente per protesta prende le proprie auto e scende in strada a manifestare contro le misure di quarantena imposte dallo stato. C’è da dire che non è la maggioranza, è gente irresponsabile ma quando è addirittura il tuo presidente ad esserlo per primo, è quella la cosa più grave».