Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Maggio 23 2020
Gigi Simoni, l’eleganza in panchina

Se ne va a 81 anni il tecnico artefice dell’ultima Coppa UEFA vinta dall’Inter, protagonista di cinquant’anni del nostro calcio.

«Un’Inter spaventosamente efficace, una Lazio molle e confusa. Finisce 3-0 e i gol […] potevano essere di più […]. Simoni, apprezzato per come sa raddrizzare le imperfezioni iniziali, questa volta ha azzeccato tutto subito. E questo risultato, vorrei ben vedere il contrario, vale per lui il rinnovo del contratto». Queste le parole con cui il compianto Gianni Mura raccontava il più grande successo in carriera di Gigi Simoni, la coppa UEFA conquistata sulla panchina della Beneamata con le prodezze di Zamorano, Zanetti e Ronaldo il Fenomeno.

Gigi ci lascia a 81 anni, nella «data più interista di tutte», quella del Triplete del 2010. Era malato da tempo: già l’anno scorso un ictus lo aveva fortemente debilitato. Se ne va in silenzio, riservato, come riservate erano state la sua vita privata e la sua carriera, in campo prima e in panchina poi. 

Una buona esperienza da giocatore (era stato, fra le altre, in entrambe le squadre di Torino e al Genoa, vincendo una Coppa Italia a Napoli), una ottima da allenatore. La sua specialità erano i salti di categoria: nei suoi trent’anni in panchina, il tecnico di Crevalcore aveva ottenuto ben otto promozioni nei campionati professionistici (record condiviso con Osvaldo Jaconi) in sella a Genoa, Brescia, Pisa, Cremonese, Ancona e Carrarese. 

Dopo l’esperienza positiva a Cremona, dove vince il trofeo anglo-italiano nel 1993, arriva a Napoli nel 1996. Un ritorno, dopo esserne stato giocatore negli anni Sessanta. L’esperienza, nonostante l’approdo in finale di Coppa Italia, si interrompe bruscamente. Ad aprile arriva l’esonero: fatale al tecnico la voce di un accordo già raggiunto con l’Inter per la stagione successiva, firma che il vulcanico presidente Ferlaino giudica insopportabile. Simoni accetta la decisione e si prepara con entusiasmo ad allenare i nerazzuri, culmine di una lunga carriera fra campi polverosi e squadre di lignaggio e blasone totalmente diverso. 

Al tecnico viene regalata una squadra quadrata e completa, che lui plasma secondo il suo gioco pragmatico: prima difendere, poi attaccare, con ordine. La ciliegina sulla torta è l’acquisto di Ronaldo Luís Nazário de Lima, per tutti Ronaldo, strappato dal Barcellona a suon di milioni dal patron Moratti per riportare l’Inter sul tetto d’Italia e d’Europa. Due trofei, Scudetto e Champions League, che alla Beneamata mancavano da troppo tempo e che, purtroppo per Simoni, sarebbero continuati a mancare a lungo. La sua prima stagione sulla panchina dell’Inter è esaltante: in testa per diverse giornate guidati dall’organizzazione collettiva e dalle folate del numero 9 carioca, i sogni di gloria nerazzurri si infrangono al minuto 25 del secondo tempo di Juventus – Inter, match decisivo per lo Scudetto.

Al “Delle Alpi” di Torino l’Inter è obbligata a vincere. La squadra milanese arriva allo scontro decisivo del 26 aprile 1998 a -1 dai bianconeri, complice un inverno poco fortunato sul profilo della classifica. La sfida, sbloccata da Del Piero, viene però decisa dal non-fischio dell’arbitro Ceccarini, che scatena l’ira pacata dell’allenatore interista, espulso per essere entrato sul terreno di gioco al grido di «Si vergogni!». Un signore anche nelle proteste, Simoni, che nel dopo partita dichiara «Spero di dover andare a chiedere scusa all’arbitro. […] È stato istintivo. Perché era una partita in cui era in gioco tutto. Un anno di lavoro, una carriera […]. Spero che questa stagione non debba essere ricordata per quell’episodio. Sarebbe una brutta cosa veramente. Come la mia reazione. Umana, credo». Purtroppo per lui, si sbaglia di molto: non solo quella stagione calcistica (poi vinta dalla Juventus) viene decisa da quell’episodio, ma di quel clamoroso contatto si continua a parlare ancora oggi, con i protagonisti di quel match che non cessano di lanciarsi accuse reciproche, a oltre vent’anni dal fatto. Fu l’inizio dei sospetti nei confronti della “cupola”.

Secondo Elio e le Storie Tese, quel campionato fu vinto dalla Juventus «nel nome dell’amore»

Sebbene l’Inter vinca come “consolazione” la Coppa Uefa di quella stagione funesta, in finale contro la Lazio, il percorso di Gigi Simoni ad alti livelli è segnato irrimediabilmente da quell’episodio in cui, come da lui stesso dichiarato, si giocava la carriera. La stagione successiva, durante la premiazione per la Panchina d’Oro da lui vinta, dice scherzando, nel suo discorso: «Speriamo che non sia un premio alla memoria». Purtroppo per lui, la sua società lo prende in parola e il giorno seguente lo esonera, a ridosso della 12° giornata. Gli subentra Lucescu, ricordato all’Inter come uno dei peggiori tecnici della sua gloriosa storia. Troppe le divergenze fra tecnico e società, nonostante un Roberto Baggio in più nell’organico. Simoni, malgrado la delusione, dice alla stampa di non serbare alcun rancore nei confronti di Moratti. Il presidente nerazzurro dichiarerà per anni di essersi pentito della sua decisione, arrivando tempo dopo a fare pace con il mister, elogiandolo a più riprese in diverse interviste. L’ultima, il giorno della sua scomparsa, conserva ancora il ricordo di quell’impresa mancata:

«Gli è stato impedito di vincere un campionato che avrebbe assolutamente meritato. Un tecnico gentiluomo, verso il quale provavo grande stima e affetto».

Gigi Simoni

Dopo la UEFA del 1998, la carriera del tecnico vive di panchine con poche ambizioni e di incarichi da direttore tecnico di piccole squadre, cui si troverà in diverse occasioni a subentrare in corsa come allenatore per risolvere situazioni complicate. Nonostante la delusione per i mancati successi all’Inter, il popolo nerazzuro lo ricorda sempre con grande affetto, nominandolo anche fra i cinque migliori tecnici di sempre. Di lui il mondo del calcio conserva l’immagine di una persona riservata, equilibrata nelle parole e gentile con giocatori e addetti ai lavori. Sui social sono arrivate le parole dei giocatori che ha valorizzato nella sua lunga carriera. Toccante la testimonianza di Ronaldo:

«Per me non è stato solo un allenatore. […] Lo ricordo così, con quel sorriso, la sua voce sempre calma, i suoi consigli preziosi. […] Grazie mister, mi hai insegnato più di quanto immagini».

Gigi Simoni
Ronaldo posa con Gigi Simoni al termine del suo primo allenamento con l’Inter, in una immagine del 26 luglio 1997. Photo Credits: ANSA/PINO FARINACCI

Nel suo ricordo, il giornalista di Mediaset Enzo Palladini mostra un ritratto di umiltà e compostezza, rivelando dei retroscena del suo periodo da opinionista alla trasmissione “Domenica Stadio”.

«Sempre puntuale, attento durante le riunioni di preparazione del programma, scientifico nel guardare con occhio critico le partite che contemporaneamente scorrevano nella stanza dei monitor. Pronto a dare suggerimenti ma anche a raccoglierne. “Andava bene questo intervento? Ho parlato troppo? Si capiva quello che ho detto? Abbiate pazienza, questo lavoro non l’ho mai fatto”».