Giovani, lavoro, sostenibilità e digitale: sono questi i driver su cui Italia, Francia e Unione europea dovranno impostare le politiche di sviluppo per favorire la ripartenza. Quattro traiettorie che rappresentano gli «Strumenti per rilanciare le economie italiana e francese nel contesto del Covid-19», come recita il titolo del webinar che ha concluso la terza edizione dei Dialoghi italo-francesi per l’Europa. Un’iniziativa promossa dalle Università Luiss e Sciences Po che ha messo i due paesi allo specchio, creando un gioco di doppi che si sviluppa su più livelli: dall’istruzione alla grande industria, dalla diplomazia fino alla politica. Ma anche un incontro fatto di parole e silenzi che parlano, con toni via via più espliciti e un passato recente da dimenticare.
«Le relazioni tra Italia e Francia sono storiche e durature, hanno attraversato momenti difficili ma ora siamo in una fase positiva». Lo riconosce subito la vicepresidente della Luiss Paola Severino, moderatrice del seminario accanto all’ex premier Enrico Letta, oggi direttore della Scuola di Affari Internazionali di Sciences Po. Il riferimento resta velato ma è chiaro alle orecchie di tutti, con la memoria che torna al governo gialloverde – a Palazzo Chigi Giuseppe Conte – quando il ministro dell’Interno insultava Macron e quello dello Sviluppo economico si schierava a fianco dei gilet gialli. Ma ne è passata di acqua sotto i ponti, e tocca alla stessa Severino leggere un messaggio di Luigi Di Maio.
«Con la pandemia che ha investito le nostre vite nessuno si salva da solo, dobbiamo allungare la mano ai nostri vicini e amici – spiega il titolare della Farnesina – Insieme alla Francia, l’Italia è stata protagonista dell’accordo di luglio su Next Generation Eu, ma ora si gioca la vera partita per il futuro dell’Unione. La solida amicizia tra i nostri paesi rivestirà un ruolo cruciale». Parole che scivolano via lisce, in linea con lo spirito dell’incontro. Il passato è ormai passato, et tout est pardonné. La conferenza segue un percorso simmetrico, con le voci di Francia e Italia che riecheggiano l’una nell’altra. Lo si nota negli interventi paralleli di Frédéric Mion e Vincenzo Boccia, rispettivamente rettore di Sciences Po e presidente dell’Università Luiss. Ma il gioco di suoni e di specchi si fa evidente quando prendono la parola gli imprenditori e chi gestisce le politiche nazionali.
Prima però è il turno della diplomazia, e serve saper leggere tra le righe. «In passato il rischio di un indebolimento dei rapporti tra Italia e Francia è stato reale, ma oggi è fortunatamente lontano – ripete Teresa Castaldo, ambasciatrice italiana in Francia – Occorre proseguire nella logica di una partnership forte, la continuità è indispensabile per garantire la fiducia». Le fa eco l’ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset, che fu richiamato a Parigi in seguito all’incidente di due anni fa: «Stiamo vivendo una triplice crisi, sanitaria, economico-sociale e di senso. Ma ora inizia un nuovo anno con qualche motivo di speranza: tutto il mondo affronta la pandemia e rema nella stessa direzione, Next Generation Eu inizia a concretizzarsi e le relazioni italo-francesi vivono una fase d’oro».
Ad ascoltare gli oratori, oltre agli studenti dei due atenei, qualche decina di manager e amministratori delegati di grandi aziende. Prende la parola Carlo Bonomi, da maggio scorso a capo di Confindustria: «Il Recovery Fund rappresenta un’occasione storica per cambiare il paese, per fare le riforme che in decenni non siamo riusciti a fare. Dispiace che in Italia non si stiano coinvolgendo abbastanza le parti sociali, rappresentanti delle imprese e sindacati». Una frecciata al governo che conferma la linea critica di Confindustria nei confronti dell’esecutivo giallorosso. «Se vogliamo costruire il futuro dobbiamo partire dai giovani e quindi dall’università. Ai nostri figli andrebbe lasciato un mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Ci stiamo riuscendo? Dobbiamo lavorare per riparare agli errori già fatti».
A Bonomi ribatte il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Qui la concretezza la fa da padrone, e le parole contano più dei silenzi: «Il 2020 è stato un anno particolare, ricco di difficoltà ma che può aprire una fase di rilancio dell’integrazione europea. Il governo italiano e quello francese si sono battuti per imprimere tale accelerazione, ma ancora una volta è stata la società ad anticipare la politica». Per Gualtieri il processo di integrazione va approfondito completando l’unione finanziaria tra i paesi Ue e muovendosi verso una politica fiscale comune. Ma bisogna anche «collocare la cooperazione bilaterale entro una visione delle sfide globali, entro una cornice del multilateralismo che ora è possibile rilanciare».
E poi la risposta a Bonomi: «A breve cercheremo un confronto sul Recovery Fund con imprenditori e sindacati, con cui già abbiamo avuto momenti di confronto e di discussione. Penso anche al Piano Industria 4.0, che grazie alla collaborazione con il mondo economico abbiamo già inserito nella legge di bilancio. Lo stesso faremo per quanto riguarda digitalizzazione e ambiente». Sulla stessa linea il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire: «Parliamo molto spesso dell’amicizia franco-tedesca, ma anche quella con l’Italia è importante. I nostri paesi sono schierati fianco a fianco in sede europea e ci sono rapporti solidi dal punto di vista economico. La cooperazione industriale è ormai essenziale: penso al settore dell’elettronica e a quello spaziale ma anche all’automative e alla transizione verde».
Da Bruxelles si collega poi Paolo Gentiloni, a cui è affidato l’intervento finale. Il commissario europeo all’Economia tira le fila dell’incontro citando l’ex presidente francese Giscard d’Estaing, scomparso due giorni fa: un messaggio che vede nell’Europa un orizzonte fondamentale per la modernizzazione dei singoli stati. «Il Covid ha avuto effetti molto forti soprattutto sulle donne e sui giovani, le politiche di sostegno all’economia vanno quindi mantenute per tutto il tempo necessario – precisa Gentiloni – Nel frattempo bisogna superare i veti di Ungheria e Polonia sul Recovery Fund, che sono ingiustificati. Spero che gli sforzi della presidenza tedesca saranno ripagati, in ogni caso noi non ci faremo fermare».
Le parole dell’ex premier sono forti e dirette, si spingono su terreni inesplorati dagli altri speaker. «Nei prossimi mesi dovremo rilanciare l’idea di un Green Deal europeo, che con la pandemia poteva anche passare in secondo piano. E invece abbiamo insistito con forza. Il nostro impegno appare sempre meno una fuga solitaria dell’Ue: nelle ultime settimane abbiamo registrato annunci importanti da parte della Cina e del Giappone e fa ben sperare la recente nomina di John Kerry». Citando il capo della task force sul climate change voluta da Joe Biden, Gentiloni richiama un altro fantasma di questo incontro online, evocato da molti ma sempre sullo sfondo: gli Stati Uniti di Trump, da dimenticare in fretta, e quelli di Biden, pronti a un nuovo debutto sulla scena mondiale. Una speranza per tutta l’Europa e un’altra incognita per l’asse Roma-Parigi.