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Esclusiva

Marzo 6 2021
Non vaccinarsi è un diritto dei lavoratori, è lo Stato a doverli obbligare

Nel tavolo tra parti sociali e governo la discussione sulla vaccinazione dei dipendenti. Dettori (CGIL): «Priorità ai servizi essenziali»

L’obbligo vaccinale per i lavoratori divide l’Italia in due fazioni: c’è chi lo vede come una necessità e chi proprio non vuole saperne. L’attenzione sul tema è alta anche tra le parti sociali, tanto che il 3 marzo il governo (nelle persone dei ministri Andrea Orlando, Lavoro, e Roberto Speranza, Salute), i sindacati e le aziende si sono incontrati in rete per discutere della possibilità di vaccinare i dipendenti nelle sedi delle imprese, oltre che dell’aggiornamento del protocollo che tutela la salute e la sicurezza dei lavoratori italiani e detta le regole del lavoro in presenza (datato 14 marzo 2020). Alla riunione hanno partecipato anche il nuovo commissario per l’emergenza Covid-19, il generale Francesco Figliuolo, e il direttore generale dell’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) Giuseppe Lucibello, interessato ad affrontare il nodo delle tutele previdenziali che potrebbero interessare o meno i lavoratori che sceglieranno di non vaccinarsi. 

L’opinione pubblica sembra stigmatizzare il loro comportamento, sostenendo che non dovrebbero essere tutelati come gli altri, ma i sindacati li difendono. «L’articolo 32 della costituzione afferma che ognuno di noi può rifiutare alcune cure. Il TSO [Trattamento Sanitario Obbligatorio, ndr], per esempio, fu disciplinato per legge. Abbiamo chiesto al governo, qualora volesse introdurre l’obbligo vaccinale, di creare una norma, in modo da indicare le categorie interessate da questa misura». Così Rossana Dettori, segretaria nazionale della CGIL con delega alla sanità. La legislazione in materia non appartiene alle organizzazioni sindacali o ai datori di lavoro, ma allo Stato. A dover essere responsabilizzati sono i singoli: «Non condividiamo l’uso di uno strumento “coercitivo” come la minaccia del licenziamento per chi rifiuta di vaccinarsi, i lavoratori e le lavoratrici possono dire di no: non possiamo negare un loro diritto. Ci sono soluzioni alternative, come destinare queste persone ad altre mansioni o concedere loro lo smart working».

Non accettare la propria dose, però, ha delle conseguenze. Secondo la nota operativa del 1 marzo 2021 emessa dall’INAIL sul tema, il lavoratore che si contagia sul luogo di lavoro dopo aver rifiutato il vaccino non ha diritto al risarcimento da parte del datore, ma solo alla tutela infortunistica. «Non essendoci l’obbligatorietà di vaccinazione, però, il proprietario dell’azienda non può rifiutarsi di riconoscere questa indennità – continua Dettori – l’INAIL si è dovuta attenere a una norma già esistente». L’inquadramento del Covid-19 come infortunio, inoltre, non è una procedura automatica: a eccezione degli operatori sanitari e di poche altre categorie, il dipendente deve dimostrare di essersi contagiato sul luogo di lavoro. Per ciò che riguarda l’eventuale risarcimento per l’infortunio da parte dell’azienda, questo scatta solo in caso di accertata responsabilità o corresponsabilità dell’impresa: una fattispecie che, in caso di volontaria rinuncia al vaccino, non sussisterebbe.

Per la segretaria nazionale, l’obbligatorietà è comunque un obiettivo, anche se parziale: «Pensiamo che per alcune figure, come gli operatori sanitari, sia da attuare, va detto però che a oggi sembra si stiano vaccinando tutti. Poi ci sono i no-vax, ma quelli esistono per ogni tipo di vaccino. Il problema è normativo: se queste persone non vaccinano i propri figli e questi possono essere respinti dalle scuole è perché esiste una legge che glielo permette». Ma a chi dare la priorità? «Abbiamo chiesto al governo di darla ai lavoratori dei servizi essenziali, che hanno tenuto insieme il Paese durante la pandemia».

A frenare l’introduzione dell’obbligo vaccinale, secondo Dettori, potrebbe essere la scarsità delle dosi. «Se non si aumentano le somministrazioni, come possiamo pretendere che gli interessati adempiano ai loro obblighi? Non è un caso che nessuno Stato europeo abbia introdotto l’obbligo vaccinale: i sieri sono pochi». Una questione che verrà discussa la prossima settimana, nel tavolo tecnico che vedrà coinvolte le parti sociali e i tecnici dei ministeri. Tra i desiderata dei sindacati, un piano che sia uniforme ed equo: «Si corre il rischio che nelle grandi imprese si riesca a tutelare tutti i dipendenti, mentre le PMI [piccole e medie imprese, ndr] potrebbero essere penalizzate dalla mancanza del personale medico interno».