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Esclusiva

Marzo 6 2021
Cuppi, Pinotti e le altre. Le donne del Pd puntano in alto

Dopo le dimissioni di Zingaretti, a guidare la transizione sarà la sindaca di Marzabotto. Poi la reggenza all’ex ministra della Difesa. La questione di genere secondo Cirinnà e Moretti

«La nostra comunità è duramente colpita, serve uno scatto di responsabilità da parte di tutte e tutti. A Nicola un grande, grandissimo abbraccio». Il giorno dopo le dimissioni del segretario, spetta a una donna raccogliere i cocci. La mossa di Zingaretti ha spiazzato tutti: i suoi alleati e «compagni» più fidati, dal vice Orlando al ministro Franceschini, e la minoranza interna al partito. Poche per ora sono le certezze. La gestione delle prossime settimane sarà affidata alla presidente del Pd, Valentina Cuppi, che prenderà in mano l’intero processo. A lei il compito di aprire l’assemblea del 13 marzo, con una relazione che farà discutere: «Non è più accettabile un partito con delle correnti che hanno come obiettivo la lotta per il potere. Su questo bisogna mettersi d’accordo una volta per tutte» ha spiegato ieri al Manifesto.

Trentasette anni, già insegnante di storia e filosofia, la sindaca di Marzabotto venne scelta un anno fa da Zingaretti per succedere a Paolo Gentiloni come presidente del Pd. Cuppi aveva l’identikit perfetto: giovane, amministratrice locale e proveniente da quella società civile che la sinistra invoca da decenni. Dalla città di Marzabotto, in piena «Emilia rossa», il comune noto per l’eccidio nazifascista che costò la vita a 1800 persone, durante la guerra di Liberazione. Una nomina di grande valore simbolico che si è annacquata nel tempo. Le uscite mediatiche della presidente sono rare, Cuppi si è esposta poco nel dibattito interno al Pd. Una mancanza che potrebbe trasformarsi in pregio. In occasione delle consultazioni al Quirinale, era l’unica donna nella delegazione del Partito democratico. La sua presenza è rimasta sullo sfondo, ma le settimane a venire potrebbero raccontare un’altra storia e regalarle nuova centralità.

«Un governo senza parità di genere, nessuna donna del centrosinistra. Non è un buon inizio: dice quanto noi donne dobbiamo ancora lottare» ha scritto su Twitter dopo l’annuncio della squadra di Draghi, mentre dentro il partito infuriava la polemica per l’assenza di ministre Pd. Il vuoto di potere che si è creato, con un ruolo di responsabilità a una donna per i prossimi giorni, riporta la questione di genere al centro del dibattito. L’uscita di scena di Zingaretti potrebbe aprire lo spazio a nuove figure: deputate e senatrici già affermate, militanti del partito pronte a farsi valere. «Sicuramente Valentina è una donna di grande pregio e di grandi capacità. Ma più sono le persone che reggono il timone e meglio sarà. Io ho fiducia in tutto il nostro gruppo dirigente» spiega a Zeta Monica Cirinnà, madrina della legge sulle unioni civili. Vicina al segretario uscente, la senatrice del Pd invita a non anticipare i tempi. Parole lontane da quelle della minoranza, che parla di un partito in crisi e attacca il governatore.

«Ha scelto il momento sbagliato per farsi da parte, mentre siamo al governo per affrontare pandemia e crisi economica» dice Alessandra Moretti, europarlamentare vicina a Bersani e poi a Renzi. Un errore nei tempi che apre nuovi spazi, per le donne e non solo: «Abbiamo chiesto una discussione franca sulla leadership femminile, dobbiamo lasciare un segno ed essere coinvolte nei cambiamenti. Le donne con ruoli di responsabilità guidino questa fase della vita del partito. Le capacità non mancano, serve la volontà». Il tutto con un occhio alla leadership, per cui la sfida è già aperta. Le dimissioni del segretario aprono la strada alla scalata di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna sostenuto da sindaci e amministratori. Il suo probabile rivale sarà Andrea Orlando, ministro del Lavoro nel governo Draghi. Mentre per la reggenza del partito si fa il nome di Roberta Pinotti, ministra della Difesa con Renzi e oggi vicina a Franceschini.

«Se alle primarie oltre a Nicola ci saranno autorevoli donne del Pd, io sarò la prima a sostenerle – assicura Cirinnà – Ma non è in gioco l’uguaglianza formale, serve un’uguaglianza sostanziale nel più grande partito della sinistra». Su questo le fa eco Moretti: «Abbiamo tante donne in gamba, da Roberta Pinotti a Valeria Fedeli, da Simona Bonafè a Paola De Micheli. Figure di grande capacità, competenza e buon senso. Adesso sta a noi guidare il gioco». Per le donne del Pd è il momento di occupare i posti che rivendicano: farsi intervistare, diventare protagoniste, ambire alla segreteria. E, così facendo, scardinare la logica delle correnti. «Ogni giorno è buono per alzare la testa. Deve essere un lavoro quotidiano che ognuna di noi fa pubblicamente e attraverso il lavoro sul campo» avverte Cirinnà. Con spirito d’iniziativa e senza investiture dall’alto. «Dobbiamo essere consapevoli del nostro valore e prenderci ciò che ci spetta, cercare ruoli di responsabilità facendo squadra tra noi».