«Nel mondo reale non ci sono risposte univoche. Ci sono più verità. Per questo il giornalista deve sempre guardarsi da fuori, guardarsi dentro, mantenere quell’onestà che permetta di rappresentare i fatti come accadono». Sono le prime parole che Agnese Pini, direttrice del quotidiano La Nazione, rivolge ai futuri professionisti e professioniste dell’informazione della scuola di giornalismo Luiss durante il suo seminario del 17 dicembre.
«Nessun giornalista è depositario di risposte assolute», dice, e di questo la direttrice ha fatto presto esperienza. «Avevo 16 anni all’epoca dell’attentato alle Torri Gemelle. In quell’occasione presi in mano un giornale per la prima volta con reale interesse, sperando di trovarci dentro delle risposte. Mi imbattei in un articolo di Oriana Fallaci. Le sue parole uscivano fuori dalla carta, prendevano vita. Era scritto così bene che dopo questa lettura pensavo di avere in mano la verità. Se non che, il giorno dopo lessi un articolo di Tiziano Terzani che sosteneva tesi opposte. Ma anche lui raccontava in modo così coinvolgente che mi fece cambiare idea. Chi aveva ragione? È così che ho cominciato a leggere i giornali, per farmi un’opinione».
Secondo la direttrice, il periodo della pandemia è per certi aspetti simile all’11 settembre: è qualcosa di inedito e nessuno ha risposte chiare, univoche, oggettive. A tal proposito, ricorda l’insegnamento del giornalista Indro Montanelli che, inviato a Budapest nel 1956, raccontò l’invasione sovietica con una premessa: ‘Nessuno ha visto tutto, vi dirò solo quello che ho visto io. E scusate se vi parrà poco’. «Questo è il manifesto della nostra professione».
Raccontare i fatti, con onestà
Un principio, quello dell’onestà nel raccontare i fatti, che resta alla base del lavoro del giornalista anche quando il mondo intorno evolve.
La rivoluzione digitale ha scosso il modo tradizionale in cui questa professione era concepita. «Il nostro è un settore in crisi, ma occorre precisare che oggi si sta vivendo non una crisi dell’informazione, ma dell’industria dell’informazione. È come se ci trovassimo nel momento storico del passaggio dalla macchina a vapore (i giornali cartacei) al motore a scoppio (i contenuti multimediali). Il sistema del cartaceo non sostiene più la macchina industriale. Non c’è altra scelta, occorre effettuare la trasformazione digitale per andare avanti. Tutto ciò è possibile se le persone sono disposte a pagare per l’informazione. Per convincerle dobbiamo offrire loro contenuti di qualità».
La direttrice si dice ottimista sul futuro del giornalismo, «i giornali sanno dove stanno andando». Ne è prova l’introduzione nelle redazioni di figure nuove come il Social Media Manager e il Data Analyst. «Le vecchie generazioni non hanno le competenze che avete voi per quanto riguarda il digitale, e anche i dati sono diventati importantissimi».
Si diffonde non solo la digitalizzazione, ma anche l’attenzione alle donne. «Quindici anni fa, una giornalista molestata sul posto di lavoro non sarebbe stata una notizia. Denunciare avrebbe portato persino a conseguenze negative. Le cose oggi sono cambiate, c’è una nuova sensibilità rispetto a cosa intendiamo per molestia. Non c’è solo lo stupro, ci sono tanti tipi di violenze che una donna può subire. Nelle redazioni stesse è stata acquisita una grande consapevolezza. Se c’è un problema parlate, la storia è dalla vostra parte». In qualità di direttrice di un quotidiano, Agnese Pini sente forte la responsabilità di portare avanti questo cambiamento: «Tutte le rivoluzioni per i diritti partono dalla base, non nell’eccellenza. La mia nomina può diventare un simbolo e può avere un ruolo se uso la mia posizione per fare qualcosa».
Prima di andare, Pini si rivolge alle generazioni che si apprestano a entrare nel mondo dell’informazione: «Credeteci! Siate idealisti adesso, avrete tempo per diventare cinici e bari. Siate umili, cominciate dalle cose semplici. Siate perseveranti, perché riceverete tante porte in faccia. Non arrendetevi quando le prime cose non andranno bene. Mai come oggi i giornali hanno bisogno di voi».
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