Abitare tra le opere del Barocco romano è possibile, se si hanno almeno 471 milioni di euro. Il Casino dell’Aurora va all’asta a causa di un contenzioso privato tra gli eredi dell’omonimo principe proprietario, riportando l’attenzione su uno dei tesori più nascosti del centro storico di Roma.
Il 18 gennaio 2021 è prevista l’asta giudiziaria telematica disposta dal Tribunale di Roma. Durerà ventiquattro ore e si terrà “senza incanto”, cioè con offerte a busta chiusa. Se dovesse andare deserta, potrebbe seguire una gara pubblica al miglior offerente ma, secondo quanto già riportato dall’Agenzia Giornalistica Italia (AGI), almeno due miliardari sono interessati da tempo ad acquistare la proprietà, Bill Gates e il Sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah.
«La cifra è spaventosa, perché è un tesoro nazionale» afferma Rossella Vodret, storica dell’arte specializzata nell’opera di Caravaggio ed ex Soprintendente del Polo Museale di Roma. «C’è Guercino, le architetture di Domenichino, la storia di questo meraviglioso posto. È chiaro che la cifra rifletta il valore storico-artistico che ha il Casino.»
E non è tutto. Corey Brennan, professore di storia greca e romana presso la Rutdgers University e portavoce della Principessa Rita Boncompagni Ludovisi, afferma che la Villa «è costruita su antiche fondamenta risalenti all’età di Giulio Cesare (I secolo a.C.)», un dato ancora non incluso nel valore commerciale complessivo della struttura.
La storia del Casino dell’Aurora
Inestimabile. È questa la parola più corretta per definire il Casino dell’Aurora. Unico edificio sopravvissuto alla demolizione, nel 1886, di gran parte di Villa Ludovisi.
Costruito alla fine del Cinquecento per il Cardinal Francesco Maria Del Monte, nel 1622 passa nelle mani di Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XV. Prende il nome dall’affresco raffigurante la dea Aurora sulla volta del salone centrale: un’opera che il Guercino realizza insieme a quelle che decorano la Sala del Camino e la Sala della Fama. Il vero valore aggiunto, però, è rappresentato dall’unico dipinto murale realizzato da Michelangelo Merisi.
«Quello di Caravaggio è un unicum.» Vodret crede che la cifra di 310 milioni di euro sia «assolutamente congrua» al valore dell’olio su muro. L’opera Giove, Nettuno, Plutone decora la volta del camerino annesso al gabinetto alchemico del Cardinal Del Monte, che era committente e protettore del Merisi, nonché «appassionato di scienze esoteriche e alchimistiche.»
«Il soggetto rappresentato è complicatissimo. È un’allegoria della ricerca della pietra filosofale.» Intorno a una sfera celeste, sono raffigurati gli dèi Giove, Plutone e Nettuno, per la mitologia classica simboli dell’aria, della terra e dell’acqua. Tre elementi che, in alchimia, rappresentano lo stato gassoso, solido e liquido, attraverso cui si giunge alla trasformazione in fuoco.
«Il dipinto rappresenterebbe, quindi, il processo di trasmutazione della materia con cui si arriva alla pietra filosofale, sintetizzata nel globo luminoso al centro, il cosmo. Si vedono sole e luna in congiunzione e i segni zodiacali Pesci, Ariete, Toro e Gemelli, sotto i quali, secondo un’antica teoria, doveva materializzarsi la sostanza capace di trasformare i metalli in oro.»
Un’interpretazione che si arricchisce di significato, se si pensa, come la storica Vodret, che l’artista si sia autoritratto per tre volte. «Con ogni probabilità Caravaggio eseguì lo spettacolare dipinto, tutto giocato su spericolati e sensazionali scorci, guardando sé stesso nudo sopra uno specchio.»
Le origini del contenzioso civile e il futuro di Villa Aurora
Boncompagni Ludovisi è un’antica famiglia della nobiltà italiana. Gli attuali eredi della dinastia sono protagonisti di una causa civile che affonda le sue radici nel 1991. Il patriarca, il Principe Nicolò, ottenne dai suoi figli un prestito, di 141 milioni di lire, che i tre rampolli divisero pagandone 47 ciascuno. Data la mancata estinzione del debito, i tre figli intentarono una causa civile che portò il Principe a sottoscrivere una donazione, con oggetto il Casino dell’Aurora.
La storica villa venne divisa in tre parti uguali, due delle quali andarono a due dei figli, mentre la terza parte rimase di proprietà del padre. Nicolò Boncompagni Ludovisi, però, prima di morire modificò il testamento annullando le donazioni e dividendo la villa in due parti uguali: una per i figli e l’altra per la sua ultima moglie, Rita Jenrette. Di origine statunitense, è stata attrice, agente immobiliare e modella per Playboy.
La vedova è conosciuta dai commercianti di via Veneto come “la Principessa Boncompagni” ed ha il merito di aver reso accessibile attraverso visite guidate ed eventi di beneficienza la villa. La Principessa parla per interposta persona e auspica che il futuro del Casino dell’Aurora veda una collaborazione fra pubblico e privato, ma soprattutto che i proprietari lo amino quanto l’ha amato lei.
Dice, infatti, a suo nome Brennan che «il Ministero dei Beni culturali sta seguendo con molta attenzione la vicenda anche se non è intervenuto in alcun modo per non interferire con l’asta.» Riguardo il futuro della Villa «lo scenario migliore, quello che credo voglia la Principessa è una via di mezzo tra i due estremi, in modo che continui a essere una residenza privata pure aprendo al pubblico.»
A questo proposito Rossella Vodret aggiunge: «So che il ministro Franceschini in qualche modo si è mosso, ma non so assolutamente cosa abbia in mente di fare. L’edificio è vincolato con la decorazione di Guercino e Caravaggio e il privato dovrà garantire l’accessibilità, nei modi e nei tempi che stabilirà (…) Non può chiudere e non far entrare più nessuno, lo escludo. Qualsiasi cosa avvenga là dentro è tutto sotto il controllo del Ministero dei Beni Culturali.»
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