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Esclusiva

Febbraio 14 2022
Innamorarsi al fronte

La storia di Oksana Ruban è quella di un’intera generazione di donne ucraine

«Sono partita per il fronte nel 2014, non appena è scoppiata la guerra. I nostri soldati erano stati mandati allo sbaraglio: senza adeguati mezzi di protezione, senza cibo. Un vero disastro. Io e le altre volontarie siamo partite per portargli viveri ed equipaggiamento. Prestare aiuto ai combattenti di Chernihiv, città nella quale sono nata e cresciuta, è stato un dovere morale». Ascoltare le parole di Oksana Ruban equivale ad ascoltare la voce di un’intera generazione di donne ucraine. Da quando il paese è entrato in guerra con la Russia, il sostegno della popolazione femminile non è mai venuto a mancare.

Innamorarsi al fronte

Stando ai dati del Ministero della Difesa ucraino, il 23% dell’esercito è costituito da donne: una cifra cresciuta di 15 volte in soli 10 anni. La metà di loro sono soldatesse mentre la restante parte è operativa in ruoli di assistenza civile. Nel 2008 erano solo 1.800 le donne a servire sotto le armi: un numero che è salito vertiginosamente fino ad arrivare a 31.757 unità nel 2021. L’immaginario legato all’importanza del loro ruolo nell’esercito viaggia a doppio filo con la valorizzazione di un sentimento e di una coscienza patriottica. Un immaginario scolpito nel “Monumento alla Madrepatria” di Kiev che raffigura una donna con una spada e uno scudo nelle proprie mani.

«Prima della guerra avevo un negozio di cucito e una piccola fabbrica di scarpe. Attività che stavano dando i loro frutti», la vita di Oksana, una mamma cinquantenne con tre figlie, a partire dal 2014 è cambiata per sempre. «Sono stata volontaria di guerra dall’inizio del conflitto fino a 3 mesi fa. Mi sono concessa solo qualche intervallo per poter tornare a casa dalle mie ragazze. Il primo anno ho portato gli aiuti umanitari al fronte. Io e le mie compagne abbiamo tessuto reti mimetiche, cucito giubbotti antiproiettile, preparato kit di pronto soccorso, acquistato caschi, droni e mirini. Abbiamo fatto tutto il possibile per aiutare i nostri ragazzi. Compreso studiare fondamentali di medicina e primo soccorso».

Innamorarsi al fronte

La sua dedizione è stata messa a dura prova in molte occasioni. «Nell’estate del 2014 abbiamo visitato i soldati nelle loro postazioni all’interno dell’insediamento di Stanytsia Luhanska, portandogli tutto ciò di cui avevano bisogno. Di ritorno l’auto militare che ci stava davanti è stata colpita dai cecchini nemici. Dopo anche sulla nostra macchina si sono abbattuti una serie di colpi. A quel punto ci siamo fermati, siamo saltati fuori dall’auto e ci siamo sdraiati sul ciglio della strada, nascondendoci nell’erba alta. Sentivamo il fischio dei proiettili sopra le nostre teste. È stato il momento più spaventoso della mia vita fino ad allora. Due interminabili minuti dopo, ho notato che un combattente giaceva sulla strada vicino a un veicolo militare tenendosi la testa fratturata tra le mani. Sono strisciata da lui con un kit di pronto soccorso per aiutarlo. Quando è cessata la raffica ci siamo rimessi in macchina e nonostante le ruote fossero state danneggiate, siamo riusciti a raggiungere in tempo l’ospedale da campo più vicino. Sono state molte situazioni in cui sono miracolosamente sopravvissuta, ma questa è la più memorabile».

Durante gli anni al fronte ha imparato a fare i conti con l’abisso della paura più grande: quella di perdere la propria vita. Ma ha anche avuto la fortuna di riscoprire il sentimento più nobile: «Nella primavera del 2018 assieme agli altri volontari del “Battaglione per la vita” abbiamo allestito a Luhans’k un centro di accoglienza per i feriti. In estate poi siamo stati mandati in ospedale dai medici per organizzare una équipe infermieristica. Qui ho conosciuto Artur, mio marito. È un chirurgo. Nella vita civile forse non ci saremmo mai avvicinati l’un l’altro. Abbiamo caratteri molto diversi. Lui è calmo ed equilibrato. Io, al contrario, sono molto emotiva e istintiva. Siamo come l’acqua e il fuoco.

Innamorarsi al fronte

Ma quando l’ho visto curare i feriti guidato da un’incredibile forza d’animo ho pensato che avrei voluto sempre stare al suo fianco. In guerra le persone sembrano nude: manifestano subito la propria autenticità. Siamo diventati complici, aiutandoci a vicenda. Tre mesi dopo il nostro primo incontro ci siamo sposati. Abbiamo cementato la nostra unione lavorando per tre anni assieme in ospedale. Vivevamo in una piccola casa non molto distante da lì. Affacciandoci dal balcone della camera da letto potevamo vedere le finestre della sala operatoria. Nel vialetto del giardino di fronte al portone d’ingresso c’era l’ambulanza che guidavo ogni giorno per prestare soccorso ai feriti. Eravamo sempre lì, pronti a fare la nostra parte».

Oksana, che aveva alle spalle un matrimonio fallito, in mezzo a tanta morte e desolazione ha ritrovato l’amore. La coppia da quando è tornata a casa a Vinnycja, città d’origine di Artur, si gode finalmente del tempo senza le pressioni del fronte. Lungo il confine orientale i soldati ucraini invece rimangono nelle trincee all’erta. Le tensioni con la Russia sembrano sul punto di esplodere. Tra la gente nelle piazze cresce il malumore per la gestione del paese. Corruzione dilagante e scelte politiche scellerate hanno portato la popolarità del presidente Zelens’kyj ai minimi storici.

Lo scorso 17 dicembre il Ministero della Difesa con un’ordinanza ha chiamato nuovamente le donne che hanno meno di 60 anni e si trovano in buona salute ad arruolarsi. Oksana se sarà necessario tornerà al suo posto: «Le nostre anime sono sempre sulle montagne dove abbiamo trascorso anni difficili e indimenticabili. In caso di escalation torneremo immediatamente al fronte per salvare le vite dei nostri fratelli e delle nostre sorelle».