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Esclusiva

Febbraio 14 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 21 2022
L’ultimo sgombero degli invisibili

Vietato aiutare i senzatetto alla stazione Termini. Tra volontari identificati dalla polizia, piani anti clochard e indifferenza generale la situazione di disagio non sembra arrivare a una fine

Sono da poco le 20 e sul marciapiede laterale di Piazza dei Cinquecento inizia a formarsi una coda silenziosa di persone. Uomini, donne, bianchi, neri, giovani e vecchi: tutti diversi ma simili nella stessa condizione. Sono i senzatetto di Roma che, ogni sera, si mettono in fila per un pasto caldo.

Appena il camioncino della Casa Famiglia Lodovico Pavoni imbocca la strada che porta alla stazione c’è un attimo di fermento e tra i volti si legge un lampo di serenità. Ma questa sera sono molti e i pasti potrebbero non bastare per tutti. La “cena” si svolge in fretta, cercando di non attirare l’attenzione delle autorità che la settimana scorsa hanno allontanato i volontari schedandone uno. 

Si perché continua la politica promossa dal Comune di Roma di ripristinare il decoro urbano e per Ferrovie dello Stato significa solo una cosa: via i senzatetto dalle stazioni. A giugno 2021 era toccata alla stazione Tiburtina dove lo sgombero aveva alzato un polverone di polemiche per le modalità con cui si è svolto. Un volontario, questa sera in “borghese”, ricorda con l’amaro in bocca quei momenti ribadendo che “i politici pensano alla pulizia ma nessuno si chiede dove finiscono poi queste persone”.

A Termini invece i marciapiedi vengono lavati più volte nell’arco della giornata e con il calare della sera, nonostante la diminuzione del numero di passeggeri, gli addetti continuano a gettar acqua fredda per le strade. Ma questa non è l’unica pratica messa in campo dagli amministratori della stazione. Con 220.000 mq di scalo ferroviario, le panchine si contano sulle dita di una mano. L’unica opzione per trovare una sedia libera è di consumare in uno dei tanti bar che circondano l’accesso ai treni. 

senzatetto Termini

Un uomo, dopo aver preso il suo piatto di pasta e la bottiglia di acqua, nota la telecamera e l’atmosfera si fa tesa. Tra lamenti e paura si avvicina Prince, un ragazzo ghanese. Chiede di chiamare a casa per rassicurare i familiari che non lo vedono da tempo. Ha fatto a piedi la tratta balcanica e le mani, con le punta delle dita nere dovute all’ipotermia, gridano i dolori di quell’odissea. 

Dopo 30 minuti non c’è più nessuno e la strada è vuota come se non fosse successo nulla. Un volontario di 80 anni si toglie la pettorina, è stanco ma da quando è diventato vedovo questo è il suo lavoro a tempo pieno. Anche questa volta, nonostante il divieto, è andato all’interno della stazione per aiutare chi non vuole lasciare il proprio ricovero perché tanto, come dice lui ridendo, “alla mia età, in carcere, non mi fanno andare”. 

Ormai è notte, la stazione si prepara ad accogliere i suoi 400 mila frequentatori giornalieri. I marciapiedi sono puliti, le banchine sono vuote e i senzatetto, o meglio gli invisibili, tornano a recitare il loro ruolo.